Frammento Tre: categorie, equilibrio, lingua
Immagine: un bambino pedala felice sulla sua nuova bicicletta, ora appoggiandosi sulla rotella di sinistra, ora su quella di destra. Il suo equilibrio, pur difficile da ottenere, corrisponde esattamente al limite meccanico che è stato imposto. Nella vita ahimè ognuno di noi è senza tali rotelle, o per dirla in altri modi, forse più congeniali a quanto poi andrò scrivendo, i limiti meccanici tentiamo di rifletterli nei mondi interiori con categorie. Categorie che ci permettono non soltanto di condurre le giornate senza lasciarci travolgere da ogni nuova condizione (immagazziniamo approcci di comportamento grazie alle categorie mentali che produciamo), altresì ci abituano a ragionare, discernere, criticare, giudicare. Quanto più le nostre categorie rimangono uguali con il trascorrere degli anni, tanto più le domande che ci poniamo diminuiscono. Agli antipodi, se mutano di continuo, non troviamo mai pace, sempre oppressi da uno stato di precarietà interiore. Siamo destinati a trovare l’equilibrio fra le nostre categorie, se si vuole vivere con più consapevolezza e serenità.
Grazie alle categorie tentiamo di rispondere alle più diverse domande che la vita ci sbatte contro: la società, la mente, i comportamenti, i sentimenti, l’arte, la morte, la politica, ecc.
Ora, il bambino non ha bisogno di avere consapevolezza delle rotelle per trovare un equilibrio; per quanto concerne le categorie mentali la faccenda si complica non poco.
Al fine di generare categorie consapevoli e ricche di sostanza è necessario uno sforzo continuo, si pensi all’atleta che impegna moltissime ore ogni settimana per divenire conscio dei limiti del suo corpo, fase che precede la ricerca dell’equilibrio fra fisico e mente.
La letteratura è soggetta al medesimo processo, come la lingua. Pensate di calarvi in un paese dove non conoscete affatto la lingua locale, chi non si sentirebbe un meteco? E come cambierebbero le vostre categorie dopo un’esperienza simile?
Forse la comunicazione è la base su cui poggiano le categorie della serenità: una persona che è in grado di esprimersi dando valore oggettivo ai sui pensieri trova in quel flusso da testa a parola un aspetto fluido, non viscoso o addirittura bloccato.
Le categorie di uno straniero giunto dal Senegal e che non parla la lingua italiana mutano improvvisamente se incontrano difficoltà nella comunicazione. Fino a poco tempo prima poteva dire, esprimere, giudicare, poi, è costretto ad aggiungere una categoria nuova per fare le medesime azioni; una categoria che precede, non che segue: come dire? Come esprimere? Come giudicare in modo che gli altri possano comprendere? E l’equilibrio a questo punto si allontana, diventa una velleità per lungo tempo. Si potrebbe considerare che una persona non in grado di esprimere nella nuova lingua un suo pensiero possa essere sereno, se comunicare è la nostra principale attitudine come esseri umani?
Iniziano a mancare le categorie precedenti, v’è la necessità di tempo per crearne di nuove. E nel frattempo qualcuno pretende che gli stranieri debbano imparare subito la lingua, oltre ai costumi e alle leggi, perché questo significa essere italiani, altrimenti si mette in discussione il tale trattato, l’identità, la dignità, la sicurezza e quanto altro (a seconda dei gusti).
Nessuno mette in discussione che le leggi siano da rispettare; nessuno mette in discussione che la lingua della nazione in cui si vive si deve conoscere per esprimersi; nessuno mette in discussione che l’ospite dovrebbe rispettare i costumi della casa in cui si reca.
Ma le categorie non sono immediate, ci vuole tempo a crearle, ci vuole sforzo, non è facile, come il bambino che impara ad andare in bicicletta. Fortuna sua che ha le rotelle che lo salvano da una brutta caduta. Nella formulazione delle categorie e nella conquista di un equilibrio si dovrebbe valutare la funzione del tempo, imprescindibile. Qualcuno vorrebbe categorie consapevoli immediate da chi giunge nel nostro paese, magari con uno scafo, scordando con troppa facilità che il tempo ha una sua ragione d’essere.
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