“Voci partigiane”, echi della Resistenza italiana
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Simona Teodori, autrice del libro Voci partigiane (Edizioni della Sera), una raccolta di quattro racconti con un tempo e un’ambientazione comune: la Resistenza.
Cominciamo con una frase che ci ha colpito: «Vi assicuro che tutto è vero anche se è fantasia»…
È una frase scritta da Teresa Vergalli, staffetta partigiana e scrittrice, che ha curato la prefazione del libro: ha significato molto per me sentirle pronunciare queste parole. Lei scrive anche: «mi è sembrato di rivivere tutto: freddo, nevischio, sentieri, ombre, prudenza e rischi. Personaggi veri». Dopo aver letto Voci partigiane ha sottolineato nella sua introduzione sia la veridicità dei fatti – cui ho voluto attenermi scrupolosamente – sia la fedeltà delle descrizioni dei luoghi e delle emozioni che nel libro tracciano un cammino preciso, con la speranza di portare il lettore indietro nel tempo. Per me la sua presentazione è stata un grande onore, un omaggio inaspettato di cui vado molto fiera.
Da dove nasce la sua “passione”, se così si può definire, per la Resistenza?
Ho cominciato a scrivere ambientando le mie storie durante la Resistenza perché sentivo il forte impulso di seminare quanto mi era stato consegnato dalla memoria dei miei nonni, cui ho dedicato il romanzo. Avevo con loro un rapporto molto profondo, caleidoscopico: i nostri erano discorsi che si tramutavano in tessuti variopinti dalle trame colorate fatti di parole, racconti, di memoria.
Simone De Beauvoir avrebbe detto: «non si chinavano su di me ma mi innalzavano fino a loro e io provavo l’orgoglio di sentirmi una persona grande». Quando tornavano indietro nel tempo si apriva davanti ai miei occhi il mondo straordinario dei loro ricordi, della loro giovinezza, della loro infanzia.
Ho avuto la fortuna di ascoltare la storia da chi l’ha vissuta e in un certo qual modo ha contribuito a scriverla. I ragazzi di oggi, per ragioni anagrafiche, non avranno questo privilegio. Mia figlia Francesca e mio figlio Riccardo – oggi bambini – non potranno immaginare a occhi aperti quello che io vedevo, come in un film, attraverso le parole di chi quei giorni li abitò sul serio: partite di pallone nei cortili di Trastevere, vendemmie sui colli dei Castelli Romani e poi ancora l’avvento del Regime, la confusione, la paura, la guerra, le scelte da fare all’improvviso sulla spinta dell’emozione o dell’angoscia.
Questo mi ha spinto a scrivere. Nei miei racconti, che sono di fantasia, sebbene ispirati a fatti realmente accaduti, c’è il bisogno impellente di passare il testimone della Memoria. Come ho già detto parlando del mio libro, la Memoria è la radice di un futuro più chiaro e consapevole, di scelte coraggiose, in ogni caso, di scelte. Ciò che accadde ai nostri nonni nel secondo conflitto mondiale e nei mesi che si lasciavano alle spalle quella guerra cruda non può rimanere un insieme di date e di fatti: dietro ogni data, dietro ogni battaglia c’erano le storie dei singoli. Uomini, donne e bambini vivevano sulla pelle le decisioni dei Capi di Stato e come avrebbe detto mio nonno «all’inizio si rimase un po’ a guardare, poi si disse basta».
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Voci partigiane è il suo primo testo narrativo: quando ha deciso di cimentarsi nella scrittura?
Non c’è stato un momento esatto in cui ho deciso di scrivere. Il libro è nato in momenti diversi e i racconti (quattro in tutto, tra loro collegati) non sono stati scritti nell’ordine con cui oggi vengono pubblicati. Non essendo una persona metodica e ordinata, non siedo a tavolino con la precisa intenzione di scrivere. Scrivo quando sento l’urgenza di farlo: quando avverto la necessità di elaborare qualcosa che ho vissuto o che ho il desiderio di comunicare. Talvolta mi alzo la notte per scrivere. Altre volte ancora lo faccio in autobus o in metropolitana o perché no, anche a tavolino. Porto sempre con me un quadernetto che raccoglie stati d’animo e frasi sono diventati l’input per i racconti che oggi potete leggere.
È importante dire che sono molto legata alle figure femminili di Voci partigiane: Lisetta e Giovanna. Le protagoniste dei due racconti finali sono due donne straordinarie nelle loro differenze. Lisetta è la voglia di riscatto. È un ragazza che proviene dalla miseria ma non si arrende alla povertà che le offre la vita tra i monti, così impara a leggere e a scrivere, e a suo modo si emancipa. Ho voluto che il destino con lei fosse gentile. Lei è un fuoco che non muore e verrà premiato dalla vita stessa. Lisetta sta per diventare madre eppure rimane una staffetta fino al momento in cui dà alla luce la sua creatura: in lei coesistono coraggio, coerenza e amor di patria, oltre la scelta di avere un ruolo preciso. Giovanna, invece è un mondo tutto da scoprire e su di lei non può essere detto nulla, perché ogni sua sfumatura va scoperta dentro le fibre della sua storia di donna interrotta e appassionata, divisa e coraggiosa, traditrice e al tempo stesso fedele alle sue scelte.
Autori o testi preferiti?
Io sono una lettrice instancabile, onnivora. Per scrivere questo libro ho affrontato uno splendido viaggio nella narrativa della Resistenza. Ho amato tutti i libri della mia bibliografia, alcuni certamente di più: Storie di una staffetta partigiana di Teresa Vergalli, che mi ha onorata della sua prefazione, posso richiamare quelli che ho letto più di una volta, anche per prepararmi alla scrittura come l’Agnese va a morire di Renata Viganò o Diari partigiani di Anna Gobetti, il Partigiano Johnny e La Malora di Fenoglio o Libere sempre di Marisa Ombra, Tango e gli altri, storia di una raffica anzi tre, di Guccini e Machiavelli. Sarei ipocrita, però se affermassi che gli altri hanno rivestito un ruolo di mero corollario.
Per quanto riguarda i miei autori preferiti potrei citare (oltre ai classici naturalmente, tra i quali mi sono cari in particolare Tolstoj, Maupassant, Jane Austen e Wodehouse) Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, Giulio Bedeschi, Stefano Benni, Francesco Guccini, Benedetta Cibrario, Diego De Silva, Sándor Márai, Jaume Cabré, Amélie Nothomb.
Ha in cantiere qualche altro lavoro?
Attualmente sto dedicandomi alla scrittura di un racconto e di due storie diverse che se sarò fortunata germoglieranno in una melodia sempre crescente e che, mi auguro, in futuro riuscirò a trasformare in libri.
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