“Verso la notte e le sue ignote costellazioni” di Andrea Emo
Una poderosa sistemazione teorica: questo è Verso la notte e le sue ignote costellazioni di Andrea Emo, a cura di Massimo Donà e Raffaella Toffolo, uscito a ottobre 2014 per i tipi di Gallucci all’interno della collana Alta Definizione.
Di sistemazione si tratta, poiché discende da una mole di appunti, riflessioni, speculazioni raccolti dal suo autore nel corso di molti anni, e mai pubblicate. Parlare di Andrea Emo, infatti, significa parlare di un filosofo per certi versi anomalo: aristocratico di nascita ma ancorato in maniera profonda, quasi viscerale, alla realtà; fautore di un pensiero non organizzato in forma organica ma non per ciò privo di logica oppure non ascrivibile a precisi edifici teorici.
Andrea Emo Capodilista nasce nel 1901 in provincia di Padova, in un contesto nobiliare. Rimane orfano di madre in tenera età, e dal 1911 comincia a frequentare Roma, assieme al fratello. In questa città frequenta il liceo e successivamente, nel 1918, si iscrive all’università, presso cui segue i corsi di Giovanni Gentile. Proprio il pensatore di Castelvetrano, con il suo attualismo frutto di un tentativo importante di rifuggire, ripensare, sintetizzare l’idealismo prima kantiano e poi hegeliano, sarà alla base delle riflessioni di Emo. Quest’ultimo, da allievo e fautore del pensiero gentiliano, conoscerà un progressivo distacco dal maestro, pur mantenendo l’interesse e l’urgenza per alcune questioni fondanti, come la riforma della dialettica hegeliana, l’atto puro come principio di creazione che però, in Emo, conosce una sensibile trasmutazione, come ci suggerisce Emanuele Severino nella breve ma incisiva introduzione a Verso la notte e le sue ignote costellazioni: in sostanza, «l’assolutezza dell’“atto” (Io) trascendentale gentiliano viene trasformata nell’assolutezza dello star rinchiuso in sé da parte di ogni io empirico». Severino mette bene in evidenza l’inevitabilità, per Emo, di concepire il problema dell’essere e del divenire in continuità con la temperie in cui egli si forma e affina il proprio pensiero, facendo in particolare due nomi: Ugo Spirito e Gustavo Bontadini.
Come si diceva poco sopra, Andrea Emo non volle mai raccogliere i propri pensieri, che rimasero dunque custoditi in alcune centinaia di quaderni, per un totale stimato di circa 40mila pagine. Quaderni la cui scrittura prende avvio proprio in concomitanza con la conoscenza di Gentile da parte di Emo, e la cui redazione andrà avanti fino al 1981, quasi senza interruzioni. Un pensiero esposto, anche se in verità orchestrato secondo la forma di un diario “non in pubblico”, se ci si passa la locuzione, in una maniera volutamente a-sistematica, spaziando dalla filosofia teoretica alla teologia, dalle considerazioni sull’estetica fino alle gustose digressioni sul mondo “moderno”.
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La “fortuna critica” di Emo ha preso le mosse proprio dal ritrovamento dei “Quaderni” e da Massimo Cacciari, il quale, riconosciuto l’indubbio interesse rivestito dal pensiero emiano, ha incaricato Massimo Donà e Romano Gasparotti di compiere una prima ricognizione del corpus sterminato del filosofo. A oggi, uno straordinario compendio è rappresentato proprio dai Quaderni di metafisica. 1927-1981, usciti presso Bompiani nel 2006, con la curatela degli stessi Donà e Gasparotti.
Il volume che invece è alla nostra attenzione, Verso la notte e le sue ignote costellazioni, reca come sottotitolo Scritti sulla Politica e la Storia, e appare in verità molto di più che un assemblaggio, seppur ragionato, di “interventi” e teorie. La già citata introduzione di Severino lascia presto il passo a una serie di veloci capitoli, da Politica a Democrazia, da Storia a Popolo, da Comunismo e fascismo a Valori. Ciascun capitolo riporta una serie più o meno nutrita di estratti dai quaderni di Emo; in questo caso, una lettura non sequenziale, anche se può sembrare un paradosso, riesce a restituire ancora meglio la sostanza della statura filosofica e dell’attualità del pensiero.
Molte sono le “linee” rintracciabili: a partire da quella che potremmo definire afferente alla filosofia politica, a proposito della quale leggiamo «Lo studio della Storia non vale se non in rapporto al futuro» (Quaderno 2, 1925), «La Storia è essenzialmente lo studio del tempo, lo studio, l’interpretazione della memoria come attuale conoscenza di noi» (Quaderno 12, 1931) ma anche che «La tendenza di ogni organismo politico, anzi di ogni organizzazione comprendente sotto di sé un numero più o meno grande di individui, è la tendenza all’unità» (Quaderno 25, 1934); passando per certe acquisizioni sul Cristianesimo, in particolare in relazione a Lutero con il quale, secondo Emo, «comincia forse il primo serio tentativo di superare non solo il Cattolicesimo, ma lo stesso Cristianesimo» (Quaderno 18, 1933), per giungere a riflessioni che, sebbene possano apparire alquanto estemporanee se non impressionistiche, ci danno comunque la misura dell’ampiezza e della portata, persino “eccessive”, dell’edificio filosofico di Andrea Emo: «Nella moderna società razionalizzata e socializzata, all’animo non sono più permessi i sentimenti, fuorché uno, che sembra essere il carburante del terribile e tecnicamente perfetto motore: l’odio» (Quaderno 253, 1962).
Numerose e intricate sono le vie che è possibile percorrere all’interno del pensiero di Emo, e ci sembra di poter dire che chi avesse voglia di batterle, queste strade, potrebbe trovare in Verso la notte e le sue ignote costellazioni un’ottima guida.
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