Una sera a cena con Wulf Dorn e i suoi “eredi”
Dell'uscita in questi giorni de Gli eredi (Corbaccio, 2017 – traduzione di Alessandra Petrelli) Wulf Dorn ci aveva già fornito la prima anticipazione quando l'avevamo intervistato meno di un anno fa a Milano, in occasione della presentazione di Incubo (Corbaccio, 2016 – traduzione di Alessandra Petrelli), storia di un adolescente reduce da un grave trauma.
Come preannunciato allora, il nuovo psicothriller dello scrittore tedesco parla soprattutto di bambini, anche se, per la verità, si tratta di bambini piuttosto particolari. Sono quelli, non si sa bene se reali o immaginari, che sembrano aver sconvolto la mente di Laura Schrader, una giovane donna ricoverata in un ospedale psichiatrico dopo essere sopravvissuta a un grave incidente stradale. Più che le conseguenze fisiche dell'incidente, ciò che preoccupa è infatti il suo evidente stato confusionale, che le fa riempire di dettagli allucinanti l'oscuro racconto di quanto le è accaduto: c'era un uomo che ha chiamato i soccorsi, ma che subito dopo è sparito nel nulla, ci sono inquietanti bambini dagli occhi di ghiaccio, forse anche degli omicidi misteriosi.
Uno psicologo e un criminologo uniscono le loro forze per cercare di ricostruire la verità, mentre col passare delle ore inizia ad affiorare il presentimento che qualcosa di veramente terribile possa verificarsi nell'immediato futuro. Impossibile raccontare di più di questo inquietante psicothriller, che come tutti quelli scritti in precedenza da Dorn presenta una trama complessa e risvolti imprevedibili, che sono poi le caratteristiche che gli hanno procurato negli ultimi anni decine di migliaia di lettori nel mondo.
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Tema fondamentale che si sviluppa nelle pagine di Gli eredi è comunque la preoccupazione per il futuro dell'umanità, un argomento che sembra stare molto a cuore allo scrittore tedesco.
A Milano per Tempo di Libri, Wulf Dorn è stato il protagonista di una delle cene con gli scrittori che sono state organizzate in città tra i numerosi eventi collaterali della manifestazione e che hanno offerto a piccoli gruppi di lettori, giornalisti e blogger la possibilità di scambiare due chiacchiere con il loro autore preferito in un'atmosfera decisamente informale. La casa editrice Corbaccio ha organizzato la cena con Wulf Dorn, che tra l'altro festeggiava proprio quel giorno il suo quarantottesimo compleanno, nell'elegante cornice del Peck Italian Bar, a due passi da piazza Duomo.
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Tra un piatto e l'altro, Wulf Dorn ha risposto anche a una breve intervista condotta dal giornalista e scrittore Luca Crovi, grande esperto della letteratura di genere giallo, thriller e noir, raccontando tra l'altro particolari divertenti della sua infanzia, a cui fa risalire le paure che sa raccontare così bene nei suoi romanzi.
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Da ragazzino veniva incaricato di scendere in cantina prima di cena, per prendere le bottiglie di vino o di birra da bere a tavola. Sotto il palazzo c'era una cantina comune, con tutte le celle singole delle varie famiglie, e quella della famiglia Dorn era l'ultima in fondo a un lungo corridoio. C'era un interruttore a tempo, per cui la luce illuminava questo corridoio per cinque-sei minuti al massimo, durante i quali il giovanissimo Wulf doveva correre fino alla cella, aprirla, prendere le bottiglie, chiuderla e tornare indietro lungo il corridoio fino all'uscita. C'erano anche delle finestrine in alto, ma d'inverno, quando in Germania fa buio presto, non servivano a nulla. Wulf cercava di arrivare in fondo al corridoio prima che la luce si spegnesse, ma non sempre riusciva a farcela, come racconta oggi ridendo: «Al buio le ombre assumono davvero un altro aspetto: gli armadietti diventavano robot, e non avete idea di cosa potesse sembrare un'asse da stiro, tutto diventava per me puro horror! Odiavo scendere in cantina, ma non potevo evitarlo».
Stimolato dall'ambiente del ristorante che ci ospitava, Dorn ci ha consegnato la sua personale ricetta per scrivere un romanzo: «mettere tutto in un pentolone – idee, personaggi, suggestioni – e mescolare per bene, magari in certi casi un po' a lungo». Per lui, che scrivendo ama mescolare realtà e fantasia, non è poi così difficile far arrivare il lettore alla verità a piccoli passi, come sanno bene i suoi ammiratori.
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A proposito dei bambini protagonisti di Gli eredi, Dorn dichiara che l'idea di scrivere questo romanzo è nata da delle sue riflessioni personali sulla situazione attuale del mondo e sul futuro che si prospetta per le ultime generazioni.
«I bambini sono il simbolo del futuro, che però, in realtà, non appartiene a noi che abbiamo già vissuto una buona parte della nostra vita, ma esclusivamente a loro. Cosa potrebbe allora succedere, se i bambini si rendessero conto che noi adulti stiamo rubando questo loro futuro?»
In futuro, Dorn vorrebbe occuparsi di un altro tema che gli sta particolarmente a cuore, ma che è molto impegnativo, quello della vita dopo la morte. Però, da amante della buona cucina, del buon vino e anche del nostro paese, è probabile che riesca anche a realizzare un suo progetto a cui aveva già accennato presentando il suo libro precedente lo scorso anno: «Sogno da anni di fare un lungo viaggio in Italia, per due o tre mesi almeno, fermandomi qua e là nei piccoli paesi per raccogliere dalle abitanti del luogo le ricette tradizionali, quelle di famiglia. Però, essendo uno scrittore di thriller, inizio a pensare che mi piacerebbe anche farmi raccontare da loro, oltre alle ricette, le storie misteriose dei vari luoghi, quelle a base di omicidi non risolti e morti sospette, e farne un libro composito, una sorta di "Cook&Kill". Prima o poi ce la farò!».
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