Una nuova avventura del detective Burma. “Il cadavere ingombrante” di Léo Malet
Il 5 luglio è uscita per Fazi editore (traduzione di Giuseppe Pallavicini) la nuova avventura dello spregiudicato investigatore Nestor Burma firmata dal maestro del noir francese, Lèo Malet.
La storia inizia quando Burma riceve una strana chiamata da una nuova cliente. La donna dice di chiamarsi Désiris e spiega all’investigatore, tra esitazioni e innumerevoli pause, di voler indagare su alcune entrate misteriose sul conto in banca del marito. Ma quando Burma, il giorno dell’appuntamento, raggiunge la casa trova i due coniugi morti in camera da letto.
Un banale omicidio-suicidio, pensa subito l’investigatore notando la pistola vicino al cadavere dell’uomo. Gli stessi poliziotti, chiamati dal detective, esaminano la scena del crimine e confermano la sua ipotesi archiviando il caso come risolto. Un caso semplice che Burma, i poliziotti e nemmeno Parigi hanno il tempo di approfondire, già concentrati sui nuovi brutali omicidi che tornano a far piangere la città.
Ma mancano un paio di tessere affinché il puzzle possa dirsi completo: le ragioni che hanno provocato la tragedia e quel milione sul conto di Charles Désiris, da poco licenziato dall’industria di automobili per cui lavorava.
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È solo con un caso, apparentemente scollegato da quell’omicidio che tutti credono risolto, che si fa un passo avanti nella comprensione della vicenda. Burma viene chiamato da un’attrice per trovare una sua sosia che si è prestata a delle fotografie per una rivista erotica. Quando la donna accompagna l’investigatore alla porta gli rammenta l’aggressione di cui è stata vittima poco prima dell’uscita di un suo film e, raccontando la dinamica dell’accaduto, che tutti, perfino Burma, avevano creduto un bluff, nomina Dés iris, senza capire perché i suoi aggressori avessero parlato di un fiore in quel momento.
Così Burma ha un’intuizione. E se quei due uomini avessero pronunciato Dés Iris come una parola sola? I due casi sarebbero stati in qualche modo collegati e Burma avrebbe dovuto trovare la sosia dell’attrice per andare in fondo alla faccenda.
È così che l’investigatore scopre che la donna è proprio l’ex amante di Charles Désiris e immagina che gli uomini abbiano aggredito l’attrice scambiandola per lei. Ma chi sono i due aggressori? E in quali guai si era cacciato Charles Désiris prima di togliersi la vita?
Quella in cui ci muoviamo, leggendo questo romanzo, è una Parigi fredda e notturna, come la mente del protagonista.
È dal suo punto di vista che conosciamo i personaggi e la città, ascoltiamo le sue osservazioni, e sentiamo tutte quelle omissioni, che rendono il detective Burma un personaggio ambiguo quanto affascinante, che sceglie continuamente cosa rivelare e cosa no, in un costante dialogo interno.
Con il suo lessico ricercato e il suo periodare elaborato noi lettori siamo nella sua testa, tra i suoi pensieri, condizionati dalla sua visione del mondo e tutto ciò non può che farne un contraltare degli altri protagonisti del genere come Sherlock Holmes, narrato dal fedele dottor Watson, o il commissario Maigret di cui seguiamo le vicende grazie alla voce narrante dell’autore.
La storia, anziché procedere come una partita in cui si fanno passi avanti e passi indietro, è giocata tutta sul terreno della pazienza, dell’attesa. Nella fiducia che i puntini, che via via appaiono, prima o poi saranno collegati da una linea che ne rivelerà il disegno.
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Questa sicuramente è una delle caratteristiche che differenzia le vicende di Burma dagli altri libri di genere, in cui il lettore brancola nel buio, costantemente confuso. In questo romanzo invece, il lettore ascolta i pensieri del protagonista, le sue osservazioni, scava assieme a lui nelle ragioni e assume i dati così come li acquisisce Burma, senza un filtro che non sia il suo punto di vista. E così procedendo, assume quei dettagli con la paziente fiducia del protagonista che non dubita mai che arriverà alla conclusione del caso. È proprio questo, probabilmente, il meccanismo narrativo più interessante del romanzo perché ingenera nel lettore la voglia di continuare, lo porta a fremere infastidito dalla calma di Burma e, al contempo, a desiderare di averla, per vedere a poco a poco rivelarsi il disegno.
Per la prima foto, copyright: Andreas Selter.
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