Una graphic novel ispirata a Franz Kafka
Viviamo in un momento di grande fioritura per le graphic novel, opere che sempre più riescono ad assurgere al livello di letteratura, considerate anzi vere e proprie opere di narrativa da critici e lettori amanti del genere.
Non sorprende quindi trovarci di fronte al tentativo di raccontare la vita di Franz Kafka, uno dei massimi scrittori del secolo scorso e autore di capolavori come La metamorfosi e Il processo, scegliendo come medium narrativo non il tradizionale saggio, ma una graphic novel, pubblicata nel 2007 con il titolo semplice ma esemplificativo di Kafka.
Gli autori sono due americani: Davi Zane Mairowitz, autore della biografia, e R. Crumb, icona della controcultura degli anni Sessante e Settanta del Novecento, che ha curato la realizzazione delle tavole.
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Si tratta di una breve e illuminante biografia, che copre vari aspetti della vita di Kafka, dalla problematica relazione con il padre alla sua paura delle donne fino all’idea della propria morte con cui convisse per gran parte della sua vita per concludere con le incomprensioni culturali di cui è oggetto il termine”kafkiano”.
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In un passaggio particolarmente interessante Mairowitz esamina il senso dell’identità in Kafka e analizza i meccanismi di difesa messi in atto dall’autore nel clima culturale antisemita di Praga:
Franz Kafka non è mai stato tra quelli molestati o picchiati in strada per il solo fatto di essere, o semplicemente di somigliare a un ebreo. Eppure, per quanto possa essersi rinchiuso in se stesso e per quanto abbia spinto questi eventi fuori dalla sua portata, sarebbe stato impossibile, come per la maggior parte degli ebrei, assentarsi intellettualmente dal destino collettivo.
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Come tutti gli ebrei assimilati, una delle cose che dovette “assimilare” fu una misura del “sano antisemitismo”. Molti ebrei del tempo (o di qualunque altro tempo) assorbirono la minaccia quotidiana dell’antisemitismo e l’hanno rivolta internamente verso se stessi. Kafka non fece eccezione per quanto riguarda questi sentimenti di odio verso di sé.
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Prima o poi, però, anche il più odioso degli ebrei preso da quest’odio verso di sé dovette fare marcia indietro e ridere di se stesso. In Kafka la dualità della nera melanconia e dell’esilarante auto-annientamento è quasi sempre in opera. “Kafkiano” è di solito confuso con le nozioni di terrore e angoscia amara. Ma le storie di Kafka, per quanto truci, sono quasi sempre anche… divertenti.
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Mairowitz e Crumb esplorano come la relazione di Kafka con il tirannico padre abbia modellato la sua scrittura, inclusa la sua famosa opera, La metamorfosi.
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Questi paralleli tra le esperienze vissute da Kafka e i suoi mondi immaginari sono continuati fino alla sua morte, anche nei momenti finali: nel giugno del 1924, mentre stava morendo a causa della tubercolosi, era infatti occupato a correggere le bozze di una sua raccolta di racconti, la cui pubblicazione avvenne molti mesi dopo e perciò non riuscì a vivere abbastanza per vederla.
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