“Una donna può tutto”, la storia delle Streghe dell’aviazione russa raccontata da Ritanna Armeni
In ogni epoca storica si verifica per l’uomo un momento di estrema necessità in cui è vera più che mai l’espressione “vale tutto”. Non ha fatto eccezione la seconda guerra mondiale, o Grande guerra patriottica come la chiamano in Russia, con il suo portato di orrori, povertà, violenza e, anche, strategie e progressi militari. Quando un Paese ricorre al “vale tutto” significa che è allo stremo; vinto dalla fatica e provato dalla sconfitta decide di utilizzare quei mezzi estremi che ha sempre avuto a portata di mano, quell’asso nella manica a cui sperava di non doversi appoggiare mai. È quello che è successo alla Russia quando nel 1941 si è ritrovata schiacciata dall’avanzata tedesca, con l’Armata Rossa costretta a cedere terreno lasciando tanti, troppi villaggi in mano al nemico e ha dovuto dire sì a quella donna, Marina Raskova, che davanti alle obiezioni di Stalin sulle capacità delle donne di guidare aerei e bombardare il nemico ha battuto il pugno fiera e ha detto: «Ženščina možet vsë!», Una donna può tutto.
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Ritanna Armeni, già conosciuta come caporedattrice di «Noi donne» e poi giornalista de «il manifesto», torna a occuparsi di donne con il saggio Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte uscito per Ponte alle Grazie e scritto con la collaborazione di Eleonora Mancini. Un libro storico che ripercorre la straordinaria esperienza del 588, il primo reggimento dell’aviazione russa a essere composto esclusivamente da donne: pilote, meccaniche, armiere… perché «Nella nostra Costituzione c’è scritto che le donne sono uguali agli uomini in ogni campo». E anche se è molto probabile che nessuno, scrivendo quella (ma lo stesso vale per le altre) Costituzione, abbia pensato che ciò si riferisse davvero a «ogni campo», compreso quello militare, Marina Raskova ha preso il documento alla lettera e ha fatto appello a tutta la sua determinazione per creare qualcosa di unico e, fino ad allora, inimmaginabile: l’8 ottobre 1941 viene promulgato l’ordine 009 con cui si costituiscono tre reggimenti, esclusivamente femminili, di cacciabombardieri, bombardieri e Polikarpov.
La Russia socialista predicava già allora la parità tra i sessi e le donne, addestrate come gli uomini con corsi per artiglieri, paracadutisti e piloti, stavano già dando un contributo fondamentale alle truppe militari, impiegandosi come infermiere o sostituendo operai e contadini ma nessuno aveva mai immaginato di vederle tra le file dei soldati, sull’attenti in attesa del combattimento. Dovevano essere pronte e la Patria apprezzava ogni loro sforzo, ma il servizio militare vero e proprio era un’altra cosa. Eppure la guerra non stava concedendo sconti a nessuno, allora perché le donne non potevano dare il loro contributo? Perché non potevano difendere il Paese fianco a fianco con gli uomini? È questo che si chiedono le compagne volontarie mentre alla radio vengono pronunciati discorsi disperati sull’avanzata tedesca. E poi un giorno, finalmente, arriva: una lettera riservata in cui si invitano quante vogliano combattere a presentarsi all’Accademia di aeronautica militare Žukovskij:
«Donne sovietiche, voi che a centinaia e a migliaia guidate autocarri e trattori e pilotate aerei, voi che siete pronte in ogni istante a sedervi in una macchina di combattimento e lanciarvi nella battaglia… Care sorelle, è arrivata l’ora di una dura ricompensa: entrare nei ranghi di guerrieri per la libertà».
Una donna può tutto è il racconto di quel reggimento su cui nessuno avrebbe scommesso, le cui soldatesse hanno imparato a pilotare e gestire piccoli aerei giocattolo, leggeri e agili tanto quanto fragili e privi di tecnologia, i Polikarpov appunto. Una storia militare fatta di persone, come sempre accade, ripercorsa grazie ai ricordi dell’ultima Strega, Irina Rakobolskaja, che Ritanna Armeni ha incontrato più e più volte nel suo salotto in Russia. Le Streghe della notte, Nachthexen come le hanno soprannominate i tedeschi che le vedono sfrecciare sopra i loro accampamenti e bombardare senza sosta notte dopo notte, sono ragazze sovietiche piene di entusiasmo che hanno rinunciato a moltissimo pur di dimostrare il loro patriottismo e partecipare attivamente a una guerra che sembrava impossibile da vincere.
E Irina, attraverso Eleonora Mancini che traduce le sue parole incontro dopo incontro, racconta la quotidianità di quel reggimento così speciale il cui ricordo sta ormai svanendo, senza sottrarsi alla narrazione delle ingenuità di quelle ragazze imbacuccate in divise da uomo troppo grandi anche per la più massiccia di loro. Così scopriamo le persone dietro la Storia: Tatjana, Vera, Sonja, Evdokija, Natal’ja e tutte le altre che hanno combattuto contro il nemico tedesco e contro i compagni uomini che non volevano credere che Una donna può tutto.
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È il 2018 e nessuna Strega sopravvive più, Irina è morta nel 2016 ed è anche per questo motivo che il racconto di Ritanna Armeni è oggi così prezioso. Non è solo il ricordo di una conquista straordinaria e di un coraggio indomito ma anche la testimonianza di cos’è stata la Grande guerra patriottica per alcune donne; Irina infatti non evita di puntare il dito contro la rivalità maschile e la diffidenza di capi e ufficiali che le hanno messe prima in ridicolo e poi, finita la necessità, le hanno rispedite nei ranghi della vita domestica ammettendo che sì, sono state brave ma si è trattato solo di un’eccezione. E anche se è improprio parlare di femminismo quando si raccontano le Streghe, la loro storia è sicuramente una storia di lotta per la parità con tutte le contraddizioni che questo comporta. Una storia che vale la pena raccontare e continuare a ricordare.
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