Una dolce storia d’amore a New York in “Se tu fossi neve” di Eleonora Sottili
S’intitola Se tu fossi neve la dolce storia d’amore ambientata a New York, scritta da Eleonora Sottili e pubblicata con Giunti. Racconta di Jason, un ragazzo che si è letteralmente incaponito con il progetto di ritrovare una ragazza vista soltanto una volta per due minuti, ferma di spalle, durante Frozen, un flash mob di Charlie Todd in Grand Central. Un’impresa quasi impossibile che cerca di portare avanti con i metodi più disparati. Oltre che da Jason, la scena viene occupata da altre due protagoniste, la stramba Zadie, dodici anni, un manuale di sopravvivenza e una bussola per andare al Polo Sud come Amundsen e Scott, e Alice, appena giunta a Manhattan dall’Italia.
Le storie dei tre ragazzi arriveranno a intrecciarsi in maniera imprevista a causa dell’imprevisto per eccellenza, ovvero la Tempesta Perfetta che si scatena sulla città, con una nevicata incessante, vento, disagi e un blackout. Con delicatezza ed efficacia, la Sottili – laureata in psicologia clinica, con all’attivo numerosi racconti e un romanzo per Nottetempo Il futuro è nella plastica (2010), con la passione per le belle storie da raccontare – narra una storia dal sapore molto internazionale, e non solo per l’ambientazione. L’abbiamo intervistata per conoscere qualcosa in più di Se tu fossi neve.
La Grande Mela ha sempre un grande fascino per scrittori e cineasti: come mai ha scelto di ambientare il suo romanzo a New York?
Il primo impulso di questa storia è stato un articolo su Jason Polan, l’artista che vuole disegnare tutte le persone di New York. Leggendolo, mi era venuto in mente che lo stesse facendo per amore, per trovare proprio quella ragazza di cui si era innamorato, e da qui poi è venuto il resto. Jason stava a New York e il modo in cui è fatta la città, la griglia precisa di isolati mi sembrava ricalcasse certe planimetrie, certe mappe del mondo divise in paralleli e meridiani, e mi piaceva immaginare che questa sua ricerca amorosa si svolgesse in un territorio così geometrico.
La seconda ragione è invece legata alla Tempesta Perfetta. Vediamo spesso al telegiornale filmati di Manhattan spazzata da bufere di neve violente e volevo provare a raccontare il contrasto tra la città e un paesaggio completamente sconvolto da un evento naturale come quello che coglie i miei tre personaggi. Mi piaceva riportarli nella situazione degli esploratori come Scott e Amundsen, metterli di fronte alle stesse difficoltà.
Infine, c’è un motivo tutto personale. Ero stata a New York due volte, la prima con mia madre e la seconda con dei miei carissimi amici, e desideravo tornarci con il mio compagno, ma non potevamo in quel momento. Mettere Alice, Zadie e Jason a New York era un po’ come passeggiare tra Central Park e la Settima, mentre aspettavo di realizzare il mio sogno.
Quanto è presente l'America e il suo corollario di storie, personaggi, abitudini nel nostro immaginario collettivo, secondo lei?
Penso che l’America sia molto presente nel nostro immaginario. Sicuramente per tutti i film che abbiamo visto e poi i romanzi. Io personalmente adoro DeLillo, Philip Roth e Auster che proprio con New York hanno giocato moltissimo. È inevitabile che certi scorci, le abitudini o alcune storie finiscano per entrare dentro di noi. Quando sono andata per la prima volta a Manhattan avevo di continuo l’impressione di esserci già stata, proprio perché alcuni angoli, i grattacieli, il ponte, li avevo visti centinaia di volte. Continuavo a ripetere, guarda, i tombini che fumano ci sono davvero!
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Jason e Zadie sono timidi e un po' sognatori: in che misura rispecchiano i giovani di questa epoca? É facile restare fedeli ai propri sogni al giorno d'oggi?
Credo che al di là delle differenze di epoca, i giovani siano sempre dei sognatori, è una loro caratteristica. Essere giovani oggi con tutte le problematiche del lavoro, della fatica per raggiungere una propria indipendenza economica, può essere davvero difficile. E tuttavia, a mio parere, è proprio quando qualcuno ha delle difficoltà che sogna più forte. Si diventa più determinati, si sviluppa una specie di resistenza alla realtà, che qualche volta è proprio quella che ti salva. Anche Charlie Todd nel mio romanzo cerca con le sue scene di caos e gioia di resistere alla realtà. E io credo che sia necessario farlo, sempre. Anche quando si diventa grandi.
E credo anche – e lo credo profondamente – che i sogni si realizzino. Quando ci immaginiamo qualcosa lo stiamo già creando, stiamo creando la possibilità che accada. Per questo in Se tu fossi neve, come nel mio precedente romanzo Il futuro è nella plastica, tutti i personaggi sono ostinati sognatori.
Tanti sono gli ingredienti "romantici" di questa storia: la neve, la ricerca della ragazza col cappello da fantino da parte di Jason, vista durante un flash mob, le pagine di un diario. A quali di questi elementi è affezionata di più?
È difficile per me scegliere una cosa soltanto. Questa storia, nonostante si svolga dall’altra parte dell’Oceano, ha molti spunti autobiografici. Nascosti, mescolati, leggermente modificati, ma in ogni personaggio ci sono pezzetti di me o di cose che mi sono accadute.
Sono affezionata a tutte le loro piccole manie, però verso Zadie provo un affetto particolare, forse perché è la più piccola. Scrive il diario, dove registra quello che fa, i posti dove va e cosa mangia come se fosse un’esploratrice, e in effetti tutti noi, credo, cerchiamo di sopravvivere al freddo e alla solitudine. Tra l’altro da bambina mia madre sognava di diventare un’esploratrice e davvero si immergeva per allenarsi nell’acqua gelida.
Lo stile della narrazione, la tessitura della storia e la psicologia dei personaggi fanno di Se tu fossi neve un romanzo adatto alla trasposizione cinematografica. Le farebbe piacere? Come immaginerebbe questo passaggio dal libro al grande schermo?
Una volta ho scritto un dialogo teatrale, era solo un esercizio, niente di più, ma poi due ragazzi l’hanno interpretato e per me è stata una sensazione molto forte vedere in carne e ossa i personaggi che avevo inventato, vederli muovere e parlare.
Perciò sì, assolutamente, sarebbe proprio – a proposito di sogni – un sogno che si realizza se ne venisse fuori un film.
Come lo immagino, non so. Di sicuro con tanta neve e tanto rosso. Il cappello della ragazza, i riccioli di Zadie. E qualche immagine degli astronauti che galleggiano nello spazio profondo. E di sicuro anche le spade laser di Guerre Stellari che scintillano nel buio.
Leggi tutte le nostre interviste a scrittori.
Si ringrazia Emiliano Poddi per la foto di Eleonora Sottili.
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