Un viaggio nella natura umana. “Gli sparvieri” di Pietro Maffi
Puntata n. 40 della rubrica La bellezza nascosta
«Buttate una parola in mezzo a una massa che non ragiona e ditele che il pane è troppo caro, che le imposte sono eccessive, che qualche sciagura minaccia alle porte: nemmanco uno penserà che mille possono essere le cause del male, ed invece, prima di esaminare con serenità il problema per risolverlo equamente con il contributo di tutti, come un uomo solo insorgerà per avventarsi contro qualunque ostacolo che si troverà davanti.»
Per comprendere a fondo quali siano i meccanismi che muovono il mondo e i suoi popoli, certe volte basterebbe mettere sotto la lente di ingrandimento un piccolo e isolato paese; un posto con le sue leggi e le sue attrazioni, con i suoi abitanti e le proprie credenze. Al termine dell’attenta analisi è probabile che, dopo aver studiato gli automatismi di quel microcosmo, possiamo essere in grado di saperne molto di più sul funzionamento dell’interno pianeta terra.
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Ciò che muove un uomo, muove prima o poi tutti gli uomini; è, in fondo, attraverso questo funzionamento che si sono combattute le guerre; quando il popolo resta fermo e affamato, aspettando l’illuminazione, qualsiasi briciola gli capiti a tiro la mangerà senza pensare al gusto né a quanto possa far bene al corpo. L’ignoranza e l’apatia sono le cause più importanti affinché un virus come quello del pensiero sbagliato possa allargarsi e mietere vittime. Ma come spesso capita, c’è una legge di natura che prima o poi rimette le cose al proprio posto, che ridona equilibrio, e fa perdere spessore a chi lo spessore ha cercato solamente di sfoggiarlo, senza averlo poi mai posseduto. La natura dell’uomo lo porta a spalleggiare colui il quale sembra in quel momento il più forte e il possibile vincitore, salvo poi voltagli le spalle nell’esatto momento in cui inizia a perdere potere; e la storia, su questa delicata tematica, è stata la più grande maestra.
Pietro Maffi nasce il 12 ottobre del 1958 a Coteolona, uomo di grande cultura, bibliofilo, astronomo, letterato, giornalista e cardinale ritenuto papabile nei conclavi del 1914 e del 1922. Gli sparvieri è stato ripubblicato in Italia dalla casa editrice Divergenze.
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Ambientato a Ballino (Corteolona), Maffi prende spunto da un fatto di cronaca per raccontarci la vicenda di questo piccolo borgo e dei suoi abitanti e degli avvenimenti che sul finire dell’Ottocento hanno scombussolato il quieto vivere di un minuto paese di provincia. Ed è così che ci troviamo a conoscere papà Giovanni e Zia Caterina, e il dottor Gippa e Leopoldo e Aristide e Clotilde e Antonio e tutta un’altra serie di personaggi, che saranno protagonisti, alcuni in primo piano, altri sullo sfondo, di questa vicenda bizzarra e attraverso la quale si possono riconoscere caratteristiche peculiari della natura umana.
«Per comprendere la stretta di cuore che la povera Clotilde dovette patire nel ritorno alla madre, bisognerebbe avere in petto un cuor di figlia e di figlia nobile e delicata com’era quell’angelo, poi misurare tutta l’antitesi che creavano la casa di Zia Caterina e quella di mamma Berta: l’una il bianco, l’altra il nero, quella un paradiso, questa un inferno.»
Con la scrittura di Maffi, ci troviamo a fare i conti sin da subito, man mano che andremo avanti nella lettura troveremo molti termini che sono andati quasi perduti all’interno della letteratura italiana, e questo testo è un piccolo tesoro di parole e di riscoperta delle stesse. Pietro Maffi è bravo e scavare nella psicologia dei personaggi per restituirceli nella loro nudità; il suo è un lavoro che ha, come unico fine, quello di mostrarci la reale natura dell’umano, con le sue debolezze, le sue paure e le sue emozioni.
«Alle due del mezzogiorno del martedì di carnevale, un visibilio di gente formicolava nei pressi della stazione di Ballino in attesa del treno. Ce n’era di ogni paese, di ogni età, di ogni colore; pazzi tutti e tutti ansiosi di darsi il bel tempo e di spassarsela, non importa se con qualche ferita del decoro e dell’abituale gravità.»
Gli sparvieri è un romanzo che ci tiene fermi sulla pagina e ci fa venir voglia di andare avanti e di comprendere gli eventi e le evoluzioni di questo piccolo mondo, dove ciò che capita è ciò che succede in qualsiasi luogo abitato da una moltitudine di anime, dove i più furbi credono e tentano di vincere, e dove spesso poi, sul finale magari, si accorgono che tutta la loro furbizia era poco cosa.
Quella di Maffi, in queste righe, può essere definita una “ricerca” su ciò che da sempre affligge l’uomo e che molto verosimilmente non smetterà mai di pesare sulla sua natura.
«Poco dopo mezzodì di uno dei primi di ottobre, sotto i tigli della stazione se ne stava il dottor Gippa a gambe allargate curvo e intento su alcune righe ch’egli medesimo aveva rabescate per terra col bastone, e accennando ora all’uno ora all’altro punto della sua costruzione, barbogliava: benissimo! Ecco… qui si fa stazione: qui uno, qui un altro pallone… e qui si discende. Benissimo…»
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Se si donasse agli uomini annoiati e senza guida un seme qualunque, asserendo che quello è il seme giusto per far migliorare le cose, è quasi certo che quegli uomini prenderanno il seme e incominceranno a piantarlo ovunque; non si chiederanno da dove arriva il seme né se possa essere davvero salutare per la terra. Ma a quegli stessi uomini che hanno agito in modo meccanico, basterà una nuova parola o magari che qualcuno trovi loro un nemico a cui dare una colpa, per cambiare bandiera e iniziare una nuova crociata; perché in fondo, spesso, la verità la si trova solo se si è disposti a guardare attraverso la nube di fumo che ogni giorno cercano di buttarci negli occhi.
Per la prima foto, copyright: Ben Sweet.
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