Un viaggio nella Letteratura tra miti e leggende in “Morfisa o l'acqua che dorme” di Antonella Cilento
Fresco di stampa per Mondadori il nuovo romanzo di Antonella Cilento, Morfisa o l'acqua che dorme, si apre al lettore con tre intense citazioni d'autore. Lente e profonde, come il testo stesso della Cilento.
Uno stile narrativo, quello dell'autrice, molto più vicino, per indole e carattere, agli scrittori citati (Montero, Tomasi di Lampedusa, Croce) che agli scrittori, o meglio ai narratori di oggi.
Leggere le storie della Cilento è un'immersione, ogni volta sempre più intensa, nella Letteratura con l'iniziale maiuscola. Quell'universo che ha appassionato tanti lettori e tanti critici, di ogni epoca ed età. Libri che sono mondi da esplorare. Personaggi che sono guide, esempi, eroine ed eroi, paria e rinnegati… ma sempre e comunque interessanti. Illuminanti. Personaggi che sono, anche, animali bizzarri, strambi, nani e gobbi e popolano tutti la città senza tempo dove l'autrice è nata e lavora.
Una città, Napoli, nella quale sacro e profano si mescolano da sempre in un fluido inscindibile che travolge mito e realtà e rende unica la città, i suoi abitanti e la loro storia.
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Tra miti e mitologia, personaggi strambi e animali bizzarri, vicende del presente e del passato trovano spazio, nel testo della Cilento, anche scene che rimandano al teatro popolare che ha contribuito a creare la storia e la cultura della città partenopea. Sceneggiate come quella di Nennella che rifiuta di sposare l'uomo per lei scelto dal padre. Un “buon partito” che lei rinnega perché nzevuso. Ma Egidio, accecato dai denari del promesso sposo questa puzza proprio non la sente, fiutando solo il profumo di un matrimonio che sarebbe l'unione di sua figlia con «una miniera d'oro». Scene che rimandano al teatro di Scarpetta e De Filippo, un genere tanto popolare quanto amato, nel suo amaro realismo.
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Una vera e propria magia che scaturisce dall'incontro e dalla fusione degli opposti, il serio e il faceto, il sacro e il profano, il mare e la montagna vulcano di nome Vesuvio che guarda tutti e sembra minacciarli col suo sguardo di fuoco. Uno sguardo immutato nei secoli. Un legame che ha reso immortale questa cultura. La medesima dalla quale la Cilento attinge con bramosia informazioni e spunti di riflessione. In questo testo preferendo il periodo, come lei stessa sottolinea, di una Napoli senza dominatoriné conquistatori. Il Ducato, noto ai più come bizantino ma «di fatto indipendente». Una scelta che la Cilento motiva come un sogno di lunga data ma che per realizzarsi necessitava forse di tutto il tempo intercorso. Tempo che l'autrice ha impiegato a documentarsi e istruirsi. E si ritrova tutta la sua meticolosa ricerca nel testo, nelle descrizioni, nelle narrazioni.
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Non è mai facile, e forse neanche necessario, inquadrare le storie e la scrittura della Cilento. Del resto, per sua stessa ammissione, non hanno mai un rigido percorso prestabilito. Si plasmano a seconda delle notizie, delle informazioni, delle esperienze, delle conoscenze che l'autrice assorbe e studia, modellando poi, pagina dopo pagina, intreccio, personaggi e stile narrativo. Il tutto tenuto assieme forse più che dal narrato, proprio dal linguaggio che sale e scende a seconda dei personaggi e delle scene, come il cavo d'acciaio che segue e al contempo trattiene trapezisti e acrobati.
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Un libro che entusiasma il lettore sia quando il linguaggio è aulico sia quando ricorda la vulgata dei vichi e dei vasci. Un testo, Morfisa o l'acqua che dorme che certo non può essere inteso come romanzo commerciale e che forse proprio per questo è meritevole di una larghissima diffusione.
Per la prima foto, copyright: Théo Roland.
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