Un viaggio nell’apocalisse. “La strada” di Cormac McCarthy
Cormac McCarthy scrive La strada nel 2006. Pubblicato in Italia nel 2007 da Einaudi, si aggiudica il James Tait Black Memorial Prize e il Pulitzer Prize for Fiction.
Un uomo e un bambino tentano di sopravvivere all’interno di uno scenario post-apocalittico, viaggiando verso sud nella speranza di trovare condizioni climatiche favorevoli e concentrando le energie nella disperata e sporadica ricerca di cibo.
Con il suo stile scarno l’autore di Non è un paese per vecchi ci introduce prepotentemente nella vita ormai primitiva di un padre e di suo figlio attraverso dialoghi essenziali e asciutti, racchiusi in una cornice di fuliggine che domina un paesaggio cinereo e scialbo. La strada è un viaggio. Un viaggio in cui verrete risucchiati accompagnando l’uomo e il bambino nella loro personale lotta per la sopravvivenza; un viaggio in cui aiuterete l’uomo a trasportare il carrello della spesa contenente i pochi averi di cui i due protagonisti dispongono; un viaggio in cui vi ritroverete sotto il telo di plastica utilizzato come riparo dalle frequenti piogge, o dove razionerete il cibo per garantirvi un pasto in più da consumare in un futuro incerto. La strada è una lotta. Una lotta contro la natura che a sua volta è essa stessa minacciata; una lotta contro i propri simili, che sono spesso disposti a tutto pur di assicurarsi la salvezza. Ma non loro. Loro, l’uomo e il bambino, portano il fuoco.
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Questa metafora ricorrente all’interno del romanzo ci introduce alla ricerca costante da parte dell’uomo e del bambino della conferma di trovarsi dalla parte giusta, quella che li cataloghi come i buoni. Le cause dell’apocalisse non sono specificate. Non ci è dato sapere i nomi del padre, del figlio o della madre del bambino che vive nei loro ricordi da quando, priva ormai di ogni speranza, decise di lasciarli, figurando dunque nella storia solo attraverso marginali flashback. L’amore che lega l’uomo al proprio figlio colma l’assenza di dettagli, altrimenti fondamentali, e pone l’uomo in secondo piano rispetto alla propria progenie.
«Ti posso chiedere una cosa?, disse.
Si. Certo.
Noi moriremo?
Prima o poi si. Ma non adesso.
E stiamo sempre andando a sud.
Si.
Per stare più caldi.
Si.
Ok.
Ok cosa?
Niente. Così.
Adesso dormi.
Ok.
Ora spengo la lampada, va bene?
Si, va bene.
E dopo un altro po’, nel buio: Ti posso chiedere una cosa?
Si, certo che puoi.
Tu cosa faresti se io morissi?
Se tu morissi vorrei morire anch’io.
Per poter stare con me?
Si, per poter stare con te.
Ok.»
L’apocalisse, avvenuta ormai anni addietro, è di fatto un semplice scenario di cui l’autore si avvale per descrivere il rapporto solido e tangibile tra i due protagonisti. Un rapporto al quale il padre e il bambino si aggrappano incondizionatamente. L’azione e la violenza che in genere caratterizzano scenari apocalittici e distopici, seppur presenti, sono posti in secondo piano da questo sentimento genuino che molto spesso oggi viene trascurato. Le sensazioni che il romanzo offre sono struggenti: se da un lato abbiamo due esseri umani a cui non è rimasto nulla se non lottare per una vecchia scatola di cibo o qualche mela marcia, dall’altro ci si presentano un uomo e suo figlio che si arricchiscono ogni giorno l’uno grazie alla presenza dell’altro.
La strada di Cormac McCarthy è un piccolo capolavoro composto da paragrafi brevi ed essenziali. In un mondo spento dove ogni barlume di progresso è andato perduto, le specie animali sono pressoché estinte e ogni forma di civiltà è solo un flebile ricordo, scopriamo la tenerezza del bambino e la bontà d’animo del padre. L’uomo, nonostante abbia conosciuto il mondo civilizzato, sviluppa una sorta di cinismo, atto a proteggere se stesso e il proprio figlio. In più di un’occasione il piccolo riesce a guidare l’uomo verso una strada costellata di umanità, salvandolo da se stesso, sebbene il bambino non abbia alcuna conoscenza della società evoluta in cui il padre è invece cresciuto. Grazie alle minimaliste ma icastiche descrizioni di McCarthy, abbiamo un’idea precisa dell’ambiente che egli ci propone, lasciando poco spazio all’immaginazione e alle sfumature, in un romanzo colorato di grigio sulla via di una pace illusoria raggiungibile presumibilmente solo attraverso la morte, alla quale però l’uomo e il bambino non vogliono arrendersi.
«Ma ancora una volta si ripeté quello che già si era detto in precedenza. Che la fortuna poteva anche non essere tale. Erano poche le notti in cui, sdraiato nel buio, non provava invidia per i morti.»
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Case disabitate, edifici pericolanti, città deserte e segni di una civiltà ormai quasi del tutto estinta. Fame, freddo, paura e un costante senso di angoscia a ogni movimento, a ogni ombra, rumore o ai più impercettibili indizi del passaggio di qualcosa o qualcuno: sono questi gli ingredienti utilizzati dall’autore atti a immergere il lettore in un mondo che non è il mondo che conosciamo, bensì un mondo spoglio e oppresso.
Con La strada Cormac McCarthy ci aiuta a immaginare un mondo distopico in tutta la sua realistica e tenue brutalità.
Per la prima foto, copyright: Erik Witsoe.
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