Un romanzo impegnativo e disarmante. “Mia inquieta Vanessa” di Kate Elizabeth Russell
Leggere questo romanzo, Mia inquieta Vanessa, di Kate Elizabeth Russell e pubblicato da Mondadori (traduzione a cura di Linda Martini) non è stato facile. La storia di Vanessa mi ha risucchiato in un vortice di emozioni e sensazioni che mi ha colpito nel profondo. Mi sono immedesimata nella timida e fragile Vanessa e a ogni suo passo mi sono chiesta cosa avrei fatto io, come avrei agito, come sarebbe stato.
Mia inquieta Vanessa non è solo un romanzo, è il racconto di un dolore insormontabile, fatto di violenze, fragilità e fame di amore.Questa è una storia tra le storie che non sono state ancora ascoltate, credute o capite, il lato oscuro di una verità che non può e non deve essere più taciuta.
Mia inquieta Vanessa ha due diversi piani temporali, il presente e il passato, raccontati in prima persona dalla protagonista. Vanessa parla del suo passato da studentessa di un liceo privato e racconta di un presente da donna adulta che si trascina in una vita alla quale non sembra appartenere. Il suo passato vive prepotentemente nel suo presente e pagina dopo pagina è possibile comprenderne il perché. Vanessa Wye è solo una timida e introversa ragazzina di quindici anni, studentessa di un collegio privato che ama leggere e scrivere poesie. Cresciuta in un luogo isolato con la sua famiglia, non ha molti amici e fatica a integrarsi, si ritrova sola e lontana da casa ad affrontare un mondo di cui non si sente parte. Vive ai margini, Vanessa, chiusa tra i suoi libri e il suo disordine, espressione di un malessere interiore a cui non sa trovare una cura. Leggere è il suo riparo, il suo sollievo e le letture consigliate dal suo professore di letteratura allievano le sue sofferenze e riempiono il vuoto che la circonda. Un professore che incoraggia le predisposizioni di una sua alunna è un ottimo insegnante. Ma un professore che sfrutta le passioni di una ragazzina di quindici anni per sfogare su di lei i suoi desideri e le sue pulsioni sessuali è il peggiore degli uomini.
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Jacob Strane ha quarantadue anni ed è uno stimato professore di letteratura inglese. Un’apparenza semplice dietro la quale si nasconde un insospettabile predatore. Un uomo che nasconde le sue perversioni dietro occhiali antiquati e un fisico flaccido, di cui Vanessa si fida e le cui attenzioni la lusingano. Per la prima volta nella sua vita si sente speciale, ammirata da quell’uomo più grande che le fa leggere Lolita e paragona il colore dei suoi capelli a quello delle foglie d’acero. Se per gli altri sembra quasi essere invisibile, Strane la fa sentire unica, importante, prescelta. Lui ha scelto lei. E mentre lei si lascia venerare da un uomo più grande per il quale si sente il suo centro dell’universo, lui plagia la mente per arrivare al suo giovane corpo e sposta continuamente il limite fino a superarlo in maniera definitiva.
Vanessa pensa di essere amata, Strane sfoga su di lei le sue perversioni. Le tocca il ginocchio e lei non reagisce. La bacia e lei lo lascia fare. In fondo lui la ama, è normale che lo faccia, se lo respingesse lo perderebbe. È così che Vanessa ragiona ed è così che permette a Strane di fare sempre di più. Il professore diventa il suo carnefice, l’uomo di cui crede di essere innamorata è lo stesso che la porta a casa sua, che le regala un pigiama con le fragole, che le parla di fare l’amore mentre la stupra. Ogni azione di Strane è preceduta da una domanda, come a crearsi un alibi per non essere accusato dopo, un modo subdolo per spostare la colpa da lui a lei.
«Sei tu a tenere le redini, Vanessa. Sei tu a decidere cosa facciamo.
Mi domando se ci creda sul serio. È stato lui a toccarmi, a dire che voleva baciarmi, a dirmi che era innamorato di me. Tutti i primi passi li ha fatti lui. Non mi sento costretta, so che posso dire di no, ma non è lo stesso che tenere le redini.»
Vanessa è come argilla nelle mani di Strane, plasmabile a suo piacimento. Mi sono chiesta mille volte perché non si è ribellata al suo tocco, ai suoi baci, alla sua prepotenza nel prendersi il suo corpo. E ancora di più ho sofferto quando Vanessa, ormai adulta, non riesce ad ammettere a sé stessa che quello che lei ha sempre creduto fosse il suo primo amore in realtà non era che violenza, perversione, pedofilia.
«“Voglio che la smetti” penso. Ma non lo dico ad alta voce, non ci riesco.
Non riesco a parlare, non riesco a vedere. Anche se apro gli occhi, non riesco a concentrarli su un punto. Ho la testa imbottita, la bocca riarsa. Ho sete, ho la nausea, non sono niente. Lui continua, più veloce ora, il che vuol dire che è vicino, gli manca più o meno un minuto. Mi balena in mente un pensiero: è stupro, questo? Mi sta violentando?»
Perché nonostante provi ribrezzo per quell’uomo adulto e viscido, si sente dipendente da lui a tal punto da volerlo proteggere quando un’altra studentessa lo accusa pubblicamente di molestie. Ho cercato di mettermi nei panni di una ragazza fragile e sola e solo così ho potuto capire il suo atteggiamento. Accusare Strane equivale ad ammettere di essere stata abusata, di essere stata vittima inconsapevole di un mostro che molestava le sue studentesse minorenni senza alcuno scrupolo. Se Vanessa riconoscesse di essere stata una sua vittima, riconoscerebbe anche di essere stata non l’unica a essere davvero amata da lui come le faceva credere, ma l’unica a essere caduta nella sua trappola, l’unica a non denunciarlo al suo primo tentativo di approccio. Sarebbe come ammettere non le proprie colpe, ma le proprie debolezze. Strane rovina la vita di Vanessa senza che lei nemmeno se ne accorga e lo fa anche quando non è più un’ingenua ragazzina ma una donna adulta e tormentata, che continua a dipendere da quel passato torbido da cui non riesce a fare meno. La sua relazione con Strane è la prima cosa che le sia successa che l’abbia fatta sentire viva e rinnegarla le sembra impossibile. Ormai trentaduenne, la sua vita procede tra un lavoro che non la soddisfa, una casa sporca e disordinata, l’impossibilità di avere una relazione sana e stabile e il rifiuto dell’uomo che credeva l’amasse e per il quale ormai è troppo vecchia, perché Strane amava solo il suo corpo da bambina. Perché Strane è un pedofilo e la loro è stata solo una relazione morbosa e malata, di cui lei è stata solo una vittima perfetta. Vanessa non ammetterà mai di aver subito violenza e non tradirà mai l’uomo che le ha plasmato la mente e rovinato la vita.
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Mia inquieta Vanessa è un libro difficile, crudo, tosto e controverso. È un libro difficile, che fa riflettere e analizza in tutte le sue contraddizioni il rapporto morboso tra predatore e preda, senza censure e senza ipocrisie. Per la storia di Vanessa ho pianto, mi sono arrabbiata e sono stata male. Ho letto più volte le sue parole, ho analizzato i suoi tormenti fino a farli miei. Solo così ho potuto comprendere e metabolizzare un romanzo impegnativo e disarmante. Sicuramente non è un libro per tutti, da leggere assolutamente.
Per la prima foto, copyright: Andalucía Andaluía su Unsplash.
Per la terza foto di © Elena Siebert, la fonte è qui.
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