Un romanzo di assai pregevole fattura. “Congo blues” di Jonathan Robijn
Congo blues, lavoro letterario appena pubblicato, dalla copertina coloratissima e invitante, è senza ombra di dubbio un lavoro di assai pregevole fattura. Piace perché è un interessante romanzo di formazione, in grado di appassionare facendo riflettere, soprattutto in questo periodo nefasto, nel quale la stessa umanità si sta guardando allo specchio senza pietà.
È stato tradotto nella nostra lingua da Laura Pignatti e pubblicato da Marsilio.
Il creatore ispirato di quest’ opera è il giornalista fiammingo Jonathan Robijn, il quale ci racconta in modo assai brillante e disincantato una vicenda originale, quella del pianista nero Morgan, artista che vive nella città di Bruxelles e sopravvive suonando saltuariamente jazz in locali con scarso appeal e nei quali è pagato con poca pecunia.
L’uomo di certo nasconde un passato non troppo chiaro, forse torbido e alquanto ridondante, passato durante il quale è sempre marciato su un terreno ostico, insomma una vita perennemente in bilico tra lecito e illecito; tra bene e male.
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Lui ricorda solo di essere arrivato nel cuore dell’Europa in aereo da un paese africano, in tenera età; infatti aveva pochi anni nel momento in cui veniva adottato da una famiglia di chiara origine caucasica.
La madre adottiva era un’attrice di teatro, una donna piacente non solo esteticamente ma soprattutto eticamente, era donna colta e interessante, la quale quasi senza accorgersene aveva fatto nascere nel giovane Roman, poi divenuto Morgan, l’amore per la musica e quella gratuita e sincera abnegazione che il nostro amico protagonista provava nel suonarla giorno dopo giorno, attimo dopo attimo.
Quando aveva diciassette anni, il ragazzino, in preda a quei primi leciti pruriti di voglia adolescenziale di libertà allo stato puro, pur essendo molto affezionato ai genitori adottivi, decide di abbandonarli senza dare alcuna spiegazione in merito.
Così, senza un vero perché, Morgan scompare nel nulla senza lasciare alcuna traccia plausibile del suo cammino di uomo in cerca di verità profonde.
Questo suo pellegrinare quasi mistico lo porterà a vivere per qualche anno a Parigi, per poi ripiegare di nuovo nella città di Bruxelles, in un minuscolo appartamento, sconfitto nell’animo, depresso e soprattutto solo, in seguito alla morte assai drammatica di Angela, la ragazza del suo cuore, la sua anima gemella, amata e rimpianta.
In una gelida notte di un Capodanno anomalo e anonimo, mentre stava rientrando a casa, Morgan scorge incredulo a pochi passi dalla porta della sua abitazione una ragazza bellissima, un angelo biondo addormentato, quasi sereno nella sua dolcezza, sotto una pesante coltre di neve che di certo alla fine l’avrebbe uccisa.
Morgan si chiede cosa fare. L’unica cosa lecita è soccorrerla al più presto, portandola a casa e prendendosi cura di lei.
Mentre la guarda con tenerezza e trasporto, la adagia sul suo letto, ma la poeticità di questo momento topico dura pochissimo. Infatti dalla tasca del cappotto della sconosciuta esce quasi per magia un plico di banconote. Sono davvero molti soldi, ma Morgan non ne approfitta, forse per paura o ingenuità, e li rimette subito al loro posto.
A questo punto per il lettore inizia la lunga cavalcata giallo-noir di questo splendido romanzo, perché da qui in poi l’autore ci regala quel pathos narrativo che analizza in modo superbo il rapporto ambiguo tra Simona e Morgan.
Difatti una volta sveglia e dopo aver manifestato la più sincera riconoscenza al suo salvatore, Simona convince il nostro eroe a darle ospitalità, chiedendogli a bruciapelo di potersi fermare da lui per qualche giorno, in quanto gli alberghi del posto erano tutti pieni.
Ma cosa può davvero nascondere la biondissima e ricca donna del mistero? E poi chi è Walter e chi sono in realtà gli altri personaggi da cui Simona vuole fuggire? E la misteriosa Lilly chi è? Di certo si sa che era la donna che aveva preso il pesante fardello di occuparsi di Simona, facendole da madre. Ma soprattutto quale è il rapporto tra la ragazza e il Congo, la ex colonia belga, con la quale lei mostra di avere avuto in passato un legame di non poco conto? E poi perché a un certo punto la donna decide di partire improvvisamente per Zurigo?
La figura di Simona, dal cognome assai incerto, forse De Bois, forse Tremblay, è racchiusa in una bolla di sapone, o per meglio dire in un torbido mistero, tutto da dipanare con la consapevolezza di scontrarsi con verità alquanto scomode.
In Morgan la stessa figura della bella e dannata Simona sarà ghiotta occasione per porsi una serie di interrogativi che vanno dall’analisi sulla sua stessa origine al luogo natio, da cui lui stesso, ignaro e inconsapevole, è stato cacciato e messo su un aereo… da chi? E perché? Queste domande, così profonde e tragiche allo stesso tempo, spingeranno dunque il musicista a fare i conti con se stesso e a compiere una sorta di accurata indagine, portandolo anche alla ricerca spasmodica di sua madre.
Congo blues è un romanzo meravigliosamente sentito e vissuto a pelle, che prende e conquista, forse perché rappresenta in modo quasi cavalleresco quella naturale voglia di ricercare le proprie radici.
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Temi assai interessanti quelli inerenti all’assenza dei genitori, la relazione tristemente difficile tra l’Europa e il suo passato coloniale, mai del tutto analizzato fino in fondo dalla storia e dalla letteratura.
Congo blues è davvero un romanzo sorprendente, intelligente, ma anche al tempo stesso malinconico e pieno di dolore, dove Bianchi e Neri si prendono virtualmente per mano in una storia di integrazione ancora tutta da scoprire, da costruire, dove le stesse origini degli uomini sono ancora da decifrare, in un certo senso da ritrovare.
Per la prima foto, copyright: Timothy Eberly su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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