Un giallo avvincente e appassionante. “Voci nella nebbia” di A. E. Pavani
Un giallo nel quale realtà, ricordi d’infanzia e proiezioni oniriche si fondono e confondono.
Autrice di romanzi d’avventura sotto pseudonimo, A. E. Pavani (veneta di origine) esordisce per la Narrativa Italiana Mondadori con Voci nella nebbia. Romanzo giallo, pubblicato nel gennaio di quest’anno e inserito nella collana Omnibus.
Scenario da The Blair Witch Project, mistery/ horror psicologico (regia di E. Sanchez e D. Myrick) del 1999: cinque bambini dai sei ai dieci anni si lanciano all’avventura. Meta: un misterioso isolotto nel bel mezzo di un lago. I bambini si arrischiano a camminare in un bosco, ma presto si ritrovano in un’atmosfera cupa, ombrosa e ai loro occhi terrificante. I ragazzi urlano, corrono, scappano. Sono certi di aver visto qualcosa di orrendo: un cadavere!
Ombre scure. Spettri. Voci nella nebbia li rincorrono. Alla fine, dei cinque della spedizione iniziale, nel momento di risalire sulla barca, una ragazzina non torna. Tutto il ristretto paese e i suoi abitanti la considerano deceduta, sebbene il corpo della bambina non sia mai stato trovato dalla squadra dei ricercatori. Nessuna autorità e nessun paesano ha mai creduto alla deposizione dei quattro bambini rimasti. E per quasi vent’anni il tormento dei genitori di non poter celebrare il rito funebre con le spoglie della bambina e il mistero ivi connesso restano senza spiegazione.
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Passano esattamente diciannove anni. Il luogo del triste accaduto tace. Nessuno vuol più ricordare cosa accadde quel giorno. Ma la detective della squadra omicidi di Londra Lisa Harding (una delle bambine presenti a quella gita funesta) è implicata in un caso, che le procura una lesione importante al cranio: trauma grave. È stata infatti aggredita brutalmente in un parcheggio della sua zona. Il difetto più inopportuno del post trauma è la dimenticanza di avvenimenti recenti. Una mancanza non da poco, per chi, come lei, si trova a lavorare sull’ennesimo caso di serial-killer. Ma, come spiegato scientificamente da una delle voci del libro, spesso in questi casi i ricordi più distanti riaffiorano nei sogni o incubi. Grazie al lavoro continuo dell’inconscio. Detto-fatto.
Sarà proprio un ricordo ossessivo – gli occhi fotografati – a riportare l’indomito detective sulla strada del proprio passato…
Ambientato per la maggior parte nello splendido paesaggio pittoresco del freddo e montagnoso del Trentino, Voci nella nebbia di A. E. Pavani mette in azione l’infermabile “agente” Lisa Harding. Forgiata sul modello della razionale Kay Scarpetta di Patricia Cornwell, la protagonista porta in sé tutti i segni del detective donna: coraggiosa, lucida sempre, osservatrice e testarda. Anzi incosciente. Ribelle nell’agire. Donna di impulso e intuizione. O meglio sensazione. Lei stessa si autoritrae come indipendente e solitaria, sebbene agli occhi degli altri sia più introversa e asociale.
Di contro, come per Adalgisa Caligaris di Uno strano caso per il commissario Calligaris di Alessandra Carnevali, si rispecchiano in lei i difetti dell’agire nel mondo del crimine: poco sensibile, romantica quasi mai, cinica e insicura sul piano sentimentale. «I miei ex – non che fossero molti, anzi – avrebbero detto che ero incapace di mantenere una relazione stabile nel tempo, che finivo sempre per respingere chiunque provasse ad avvicinarsi troppo, probabilmente avrebbero avuto ragione».
Una donna-poliziotto in tutto e per tutto! Di quelle tipiche affascinanti che ritroviamo nelle serie TV americane o italiane.
Ma indagare su vicende di un passato lontano comporta un viaggio anche nel proprio subconscio. L’aspetto irrazionale e quello razionale a confronto. Non sarà soltanto un mix di omicidi (presunti o veri), visioni fantasmagoriche e inseguimenti al cardiopalma. Bensì sarà anche una vasta e impressionante e sconcertante analessi narrativa. E un percorso a ritroso nella propria vita.
E l’inconscio diventa un tormento o un’intuizione che può riportare a galla sensi di colpa e vittimismi. Il viaggio in Trentino della donna italo-britannica sarà anche un confronto con la Lisa bambina, quella adolescente e quella adulta.
Con una voce narrante in prima persona, A. E. Pavani propone un giallo molto avvincente e appassionante. I tocchi descrittivi del misterioso paesaggio locale non ledono mai il ritmo narrativo. Lo accompagnano e lo contornano. Pochi tocchi di cromatografia e pochi aggettivi. Nulla di ridondante o fastidioso.
Il ritmo del libro è tambureggiante e persistente. Di pause non ce ne sono. L’infaticabile Lisa Harding trascina con sé tutti i personaggi e tutto l’excursus storico del lago. Non c’è mai tempo per fermarsi a riflettere. Il romanzo scorre a pieno ritmo. Attrae in un vortice il lettore, senza dimenticare ovviamente il sale e pepe del giallo: piste false, indizi, indagini e dichiarazioni sibilline.
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C’è poca modernità. C’è poca rete. C’è poco web.
L’ambientazione trentina obbliga la scrittrice ad adeguarsi al proprio soggetto. Ne esce fuori, così, una trama da romanzo anni Ottanta o Novanta. Fatto di un messaggio chiaro e limpido. Senza troppe escursioni linguistiche verso l’alto o verso il basso del linguaggio odierno. Nonostante la compresenza con il trauma, Lisa Harding – A. E. Pavani non entra mai nei dettagli e nei meandri della psicanalisi. Non annoia mai il lettore e non lo invischia in sezioni scientifiche e pedanti.
È una delle qualità migliori di questo giallo che arricchisce la trama intricatissima con capitoletti in cui non mancano anche stregonerie e maledizioni da film horror. Giusto per non farci mancare nulla.
Per la prima foto, copyright: Jakub Kriz su Unsplash.
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