Ultimi romantici e intellettuali conformisti
Ma non si lasci ingannare dalle apparenze. La realtà è sempre una sola. (1Q84, Murakami Haruki)
Una persona che ho amato molto, consapevole di avere poco tempo da vivere, si faceva leggere dal compagno l'ultimo romanzo di Murakami Haruki. 1Q84 è rimasto sgualcito solo per metà, il desiderio mancato. L'immagine del libro posato sul comodino ha accompagnato molte mie notti, mi ha commosso e mi ha turbato. Accolto lo sgomento della mancanza, ho pensato che non c'è poi tutto questo tempo da perdere in letture mediocri e in intenzioni mediate. Prestare attenzione a simboli di superficie, se non li ami, significa immaginarsi immortali. Il gesto finale di questa persona in me ha portato l'incanto, il simbolo che mi ha lasciato in dono è uno dei più preziosi che conservo. Cos'ha nel cuore un uomo che, nell'affanno, trova conforto in Murakami Haruki quasi quanto nella morfina?
Non mi interessa contestare il mercato, Fabio Volo non mi indigna. La mediocrità in qualche modo mi incanta perché le riconosco un ruolo e perché è anche un po' mia (e nostra). E poi c'è quello che c'è e Fabio Volo c'è.
Mi sento però deprivata di qualità letteraria, impossibilitata all'incanto, frustrata nel bisogno di simboli. La letteratura non è morta, la letteratura è nascosta. Perché non vende, perché non guadagna, perché non si espande, perché non si ripubblica.
Gentili editori, un appello: noi desideriamo e non sappiamo più che fare. Ci piacerebbe molto che quel manoscritto che state rifiutando perché è bello ma non vende, è geniale ma non verrebbe capito, è poco contemporaneo, è zeppo di scene descrittive e contiene pochi dialoghi, dice e non mostra, ci piacerebbe davvero poterlo leggere. Perché abbiamo bisogno di capire, perché delle storie di famiglie che si sgretolano su sfondo anni '80 non ne possiamo più, perché i dialoghi ben ritmati ci mettono, alla lunga, una gran malinconia. Noi, in quanto umanità che desidera e che vuole sorprendere i propri pensieri, chiediamo a qualche ricco editore romantico di fare la rivoluzione. Lo abbiamo chiesto ai Tq ma le nostre preghiere sono rimaste inascoltate. Vogliamo intellettuali anarchici al potere, editori visionari rapiti dai simboli, editor punk dall'orecchio assoluto.
Conosco persone geniali, creature colte e piene di grazia, le conoscerete anche voi. Le vedo in silenzio, illuminate dalla bellezza delle cose che amano. A loro spetta l'immagine di nostalgici, di uomini d'altri tempi; ciò che hanno in destino è abitare i margini. Si tratta di persone non moderne, per nulla postmoderne perché poco a modo. Persone poco conosciute che spesso scelgono di tacere: i rifiuti accumulati sono difficili da screditare, male che vada ci si difende con una proiezione, un sollievo che dura poco. Un tempo gli intellettuali non avevano paura, non così tanta. L'impossibilità, gli anni di dittatura berlusconiana, l'ossessione delle vendite, i critici letterari che sostituiscono favori a recensioni, la mafia delle amicizie, stanno indebolendo la figura dell'intellettuale folle, generoso, puro. Al suo posto ci sono ora sapienti professionisti. L'intellettuale è morto? Forse è nascosto, come la letteratura. O forse è diventato meno rivoluzionario, più individualista, meno autonomo. Un professionista ben inserito nel sistema. Tornano i conservatori, i cuori pavidi, l'individualismo integralista.
Il mondo ha bisogno della sacralità mostrata da un uomo, un intellettuale, che legge Murakami prima di chiudere gli occhi per sempre, di persone che si ostinano su uno scritto per tutta la vita, dell'assenza di dialogo, dello sgomento provocato da una scrittura ardita, di non capire, del perturbante che cambia la qualità della rabbia e non conforta.
Il mio dono è condividere il gesto di un uomo pieno di grazia, il dono che farò a lui sarà cercare un editore visionario per il suo romanzo ardito, vincendo la ritrosia e lo sdegno dei nasi arricciati di certo conservatorismo intellettuale.
Ma sul significato da attribuire alla crisalide d'aria e ai Little People, diversi critici erano perplessi o indecisi. Uno concludeva: «Come storia è molto interessante e trascina con forza irresistibile il lettore fino alla fine, ma riguardo a cosa siano la crisalide d’aria e i Little People, galleggiamo fino all’ultimo in una piscina piena di misteriosi punti interrogativi.»[...]
«Eppure, - pensò, - chi mai potrebbe salvare l’umanità intera? Se anche tutte le divinità del mondo si incontrassero, non riuscirebbero a eliminare gli armamenti nucleari, né a estirpare il terrorismo. Né riuscirebbero a far cessare la siccità in Africa, e tantomeno a far tornare in vita John Lennon. Anzi, con ogni probabilità, si dividerebbero in fazioni e darebbero vita a una lite furibonda. E il mondo precipiterebbe ancora di più nel caos. Se penso a uno scenario del genere, aver messo le persone a galleggiare in una piscina misteriosa piena di punti interrogativi, non mi sembra poi una colpa così grave.» (1Q84, Murakami Haruki)
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Commenti
Recentemente, e per l'ennesima volta ho sentito affermare da un giornalista: "non ci sono più buoni scrittori".
E mi sono chiesto: a chi si riferisce? A tutto il panorama culturale italiano, o soltanto a quella fetta a cui lui fa riferimento, ovvero a quelle dieci grandi aziende (che accidentalmente operano nel settore editoriale anziché, ad esempio, nell'industria dolciaria) che monopolizzano il mercato?
Hai ragione quando dici che la letteratura non è morta, è nascosta. Infatti in Italia di buoni libri ne esistono eccome...
Io, che pure sono un editore piccolissimo, nel corso della mia attività ultradecennale ho pubblicato una dozzina di romanzi e fra questi almeno 4 erano di altissimo valore letterario. Eppure non se n'è accorto nessuno, nessun giornale né giornalista ne ha parlato mai. Esattamente come se quei libri non fossero mai esistiti, non fossero mai stati pubblicati. Questa naturalmente non è solo la mia esperienza: so per certo che è la stessa cosa per alcuni miei colleghi piccoli editori, i quali anche loro hanno pubblicato libri bellissimi e sono poi andati incontro alla frustrante esperienza dell'indifferenza e dell'oblìo. Ma sui giornali leggo ancora: "il romanzo è morto"…
Alcuni anni fa l'Adelphi pubblicò l'opera prima di un autore esordiente: il libro era "La variante di Luneburg" e lo scrittore è Paolo Maurensig. Un libro bellissimo, un vero capolavoro. Ed ecco che su tutti i giornali furono elogi e complimenti sia per l'autore che per l'editore: tutti a dire evviva! Finalmente è stato scovato un vero scrittore pieno di talento! Forse il romanzo italiano non è del tutto morto!…
Evviva, evviva, ma vi posso assicurare che se lo stesso libro dello stesso autore fosse stato pubblicato da me o da un piccolo editore come me, nessuno avrebbe sprecato una riga né una parola di alleluja e Paolo Maurensig sarebbe rimasto uno scrittore di talento del tutto sconosciuto che, probabilmente, dopo quel libro non ne avrebbe pubblicati più.
E il fatto è che questa cosa non è ipotetica, ma succede realmente in continuazione, tutti i giorni: grandi libri pubblicati da piccoli editori di cui nessuno parla. Questa è la taciuta e nascosta verità dell'editoria italiana…
Per questo mi arrabbio moltissimo quando sento dire che "in Italia non si pubblicano più buoni libri".
La frase giusta, che per onestà intellettuale andrebbe invece scritta, è: "Se consideriamo l'attività delle venti case editrici più grandi d'Italia, allora possiamo dire che queste da qualche tempo non pubblicano più buoni libri", perché questà è la realtà, la realtà vera. Solo questa.
Sulla mia scrivania, nella mia redazione, ho una decina di dattiloscritti di altrettanti scrittori esordienti. Questi dieci dattiloscritti sono frutto di una attenta selezione operata da me e dai miei lettori e sono altrettanti splendidi romanzi. L'ho anche detto agli autori, gli ho fatto i miei complimenti, e loro mi hanno chiesto "e allora perché non li pubblichi?".
E anche a loro spiego in continuazione che non li pubblico perché sarebbe una perdita di tempo, oltre che di denaro, perché la maggior parte dei lettori comprano solo i libri degli autori mediatizzati o delle 'celebrities'.
E loro, gli scrittori, quando mi sentono dire questa cosa, si arrabbiano moltissimo, perché in effetti è una cosa difficile da capire, di primo acchito sembra un controsenso.
Infatti poi non è del tutto vero che non li pubblico, ogni tanto quando ho un po' di soldi da parte, diciamo una volta all'anno, pubblico almeno uno di questi romanzi (purché non sia troppo voluminoso…), anche se so in partenza che sarà un libro che passerà sotto silenzio. Lo faccio perché nessuna "legge di mercato" mi scipperà mai del mio amore di fondo per il buon libro di buona letteratura.
Però quando un piccolo editore dice: "ho qui in mano un capolavoro e non lo posso pubblicare perché tanto sarebbe tempo perso", sembra che dica un'eresia.
E invece è una verità sacrosanta. Solo non è facile leggerla nella giusta ottica.
Librai, distributori, operatori culturali e giornalisti hanno costruito pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno questo stato di cose.
E il peggio è che non si sono resi conto che lo sfacelo della cultura di cui sono responsabili è una delle concause responsabile del degrado della politica e dei costumi sociali di tutto il Paese...
A chi davvero ama i libri dico di non farsi condizionare da chi strilla più forte, da chi è in classifica, da chi in America ha già venduto più di un milione di copie, da chi gode dell'attenzione dei giornalisti e dei media e da quel genere di specchietti per le allodole che servono, appunto, per attirare la massa lungo i sentieri appositamente predisposti dai consulenti di marketing, dai direttori commerciali e dagli strateghi della comunicazione.
Siate persone, non massa. Fatevi un'opinione con la vostra testa, non con i giornali, i social network o la televisione. Dimostrate a tutta questa gente che vendere un dentifricio e vendere un libro non sono mai state e mai saranno la stessa cosa.
E chissà che poco alla volta la qualità e l'impegno torneranno a farsi vedere non solo nell'editoria, ma anche nella scuola, nella politica e in altri sofferenti comparti della nostra vita sociale…
Franco Del Moro
(Ellin Selae ed.)
Franco, direi che siamo d'accordo: la letteratura, spesso, è nascosta. Certo, se fosse scomparsa io non potrei più leggere e invece leggo eccome. E' impossibile non generalizzare quando si affronta un tema così spinoso, spesso mi si è fatto notare che di libri buoni ce ne sono, che ci sono ancora intellettuali generosi e folli e editori visionari dall'orecchio assoluto. Questo io lo so. Ma so anche che se è possibile generalizzare, senza far troppo torto a qualcuno, significa che ciò di cui parlo è reale.
Un saluto
Sara
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