Tra libertà e regime. “Il cerchio” di Meša Selimović
È tornato in libreria Il cerchio di Meša Selimović pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Bottega Errante. Scrivo è tornato in libreria, perché Il cerchio scritto dall’autore tra il 1973 e il 1976, quando la sua salute era già cagionevole, venne pubblicato la prima volta postumo nel 1983. Il testo, tradotto da Elisa Copetti, colpisce per la trama, ma soprattutto per tematiche che, nonostante il passare inesorabile del tempo,sono ancora molto attuali.
La vicenda ha per protagonista Vladimir, un giovane appartenente al partito socialista jugoslavo e in perfetta sintonia con quella che ne è l’ideologia. Il ragazzo è così addentro al pensiero politico da attenderne con trepidazione gli sviluppi concreti nella società in cui vive. Poi però una piccola dimenticanza nei suoi confronti lo porterà a prendere le distanze dal quel mondo che tanto ammirava.
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Ciò che avviene nel presente del protagonista (siamo negli anni Sessanta) è strettamente legato al suo passato, a quel 1944 quando il fratello Mladen e il padre e la madre vennero eliminati dalla polizia militare. Vladimir fu l’unico a salvarsi della famiglia, ma nel suo animo qualcosa che lo tormenta resterà sempre presente.
Una ventina di anni dopo, Vladimir scoprirà la verità sulla scomparsa dei suoi cari e verrà a sapere che il fratello Mladen è stato proclamato Eroe della Rivoluzione. Non solo, perché per lui, così eroico e forte, è stato creato un museo nella casa natale dove aveva vissuto con i genitori e Vladimir. Quest’ ultimo è entusiasta del riconoscimento, ma il suo gioioso orgoglio subisce una battuta d’arresto nel momento in cui, lui, il solo sopravvissuto della famiglia, non viene invitato all’inaugurazione.
Questa esclusione è l’elemento che scatena il disinganno e la voglia di ribellione in Valdimir:
«Per la prima volta in vita sua aveva deciso di fare un passo autonomo e indisciplinato. Sentiva addirittura una specie di forte soddisfazione per quell’essere stato dimenticato e non vedeva l’ora di rinfacciare a qualcuno del Congresso tutte le espressioni di disapprovazione e offesa che si affollavano dentro di lui più forti del pentimento che provava. Si difendeva».
Un impeto improvviso che porta Vladimir lontano dal Congresso e dal gruppo politico che lo ha coinvolto; lontano dalla relazione che doveva preparare per esso; lontano da quell’indagine affidatagli dall’ordine politico sul perché i giovani non vanno più nelle campagne a vivere e lavorare. Poi, all’improvviso il moto di orgoglio comincia a presentare delle crepe e il giovane comincia a provare dei sensi di colpa per l’atto compiuto contro il Congresso che lo ha sempre sostenuto. Nonostante le titubanze Valdimir non rinuncerà comunque al percorso di rivalutazione dei principi politici e morali che fino a quel momento aveva seguito. Ha bisogno di trovare una verità.
La presa di distanza dal Congresso diventa sempre più evidente, dal momento in cui Vladimir inizia una sorta di vero e proprio pellegrinaggio che lo porterà non solo a veder la casa museo dedicata a Mladen, ma anche a incontrare persone diverse per cultura, estrazione sociale e visione politica. Ci sono lo zio pittore e la zia Mara dai quali il protagonista soggiorna spesso. C’è l’amico Čizmić, sempre molto critico nei confronti della realtà fattuale e umana che lo circonda. Ci sono Misita e Gortan, Nina e la sua famiglia e tante altre creature letterarie con le quali il protagonista ha modo di parlare, sentire e riflettere, per rimettere in gioco le carte della sua vita e i principi nei quali ha sempre creduto fino a quel momento.
Ognuno dei personaggi incontrati dall’orfano fa emergere esperienze personali, anche molto diverse tra loro, condividendo momenti di vita in cui il dolore e la sofferenza sono una presenza evidente, accanto alle piccole e semplici gioie. Vladimir ascolta e capisce che lui ha un grande dolore che lo tormenta da sempre: la morte del fratello. Il trauma è così difficile da superare che il ragazzo non perde mai l’occasione per pensare Mladen e alla famiglia sterminata.
Meša Selimović, che non riuscì a completare in modo definitivo Il cerchio, ci porta dentro alla psiche di Vladimir facendoci percepire la sua delusione non solo per il mancato invito alla cerimonia istituzionale, ma anche per aver compreso il tentativo di manipolazione mentale e ideologica compiuto dal partito verso di lui e altre persone.
Vladimir rimescola tutti i tasselli della sua esistenza per mantenere viva la sua identità e per far sì che la sua mente e i valori in cui crede restino suoi e non vengano trasformati dal partito.
Certo è che alcune tematiche messe in campo nel lavoro dello scrittore jugoslavo sono ancora oggi attuali e argomento di riflessione. Tra di essi ci sono il contrasto tra la libertà di scelta del singolo e regole della società civile, che spesso tentano di limitare l’agire del singolo. Altro argomento interessante è l’apertura al prossimo che il singolo individuo ha e vorrebbe mettere in atto, opposta al controllo e alla coercizione messa in atto dai regimi politici.
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Il romanzo, corredato da un’interessante postfazione di Božidar Stanišić, ha una trama nella quale gli eventi storici si intrecciano con le vite di persone umili che agiscono giorno dopo giorno per sopravvivere alle difficoltà quotidiane e politiche.
Il cerchio di Meša Selimović è un’interessante analisi socio-politica di uno Stato, che permette ai lettori di comprendere come venne concepita dagli jugoslavi la Rivoluzione Socialista e il radicarsi di quelle prime crepe che portarono poi alla completa crisi del sistema.
Per la prima foto, copyright: Almos Bechtold su Unsplash.
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