“Sul soffitto”: il diverso raccontato da Éric Chevillard
Sul soffitto di Éric Chevillard (pubblicato da Del Vecchio Editore, la traduzione è di Gianmaria Finardi) spiazza sin dalle prime pagine. Il libro è la storia di un uomo che vive con una sedia rovesciata in testa e già da questo dettaglio è naturale percepire un «leggero sentimento dell'assurdo che pervade la finzione», così come lo definisce Finardi ne La scatola nera del traduttore, breve intervento che chiude il volume.
In realtà, Sul soffitto è il tentativo di un uomo di raccontare la sua condizione di escluso. È un uomo grigio dalla testa ai piedi, con «un viso comune, né bello né brutto», un individuo «che somiglia», che si potrebbe «prendere per un altro, parecchi altri, chiunque». Ciononostante quella sedia capovolta in testa fa la differenza, attira sul narratore gli sguardi delle persone. Il mondo gli è ostile, lo fa sentire diverso: entrando in un luogo pubblico deve chinarsi per non sbattere contro lo stipite della porta, ed è chiaro che nulla è stato progettato per farlo sentire parte di quell'universo popolato da persone normali che a malapena tollerano la sua presenza. La diversità che caratterizza il narratore suscita negli altri disprezzo e diffidenza: l'unico conforto è rappresentato da un gruppetto di amici, soli ed emarginati quanto lui. Così con Kolski (un uomo che puzza terribilmente e che spera, un giorno, di dare a quell'odore una consistenza concreta), la signora Stempf (la quale rifiuta di partorire i suoi figli – al plurale –, per non esporli alle brutture del mondo) e pochi altri, il narratore decide di lasciare la terra e di trasferirsi sul soffitto della casa di Méline, l'unica persona normale che gli vuole bene e accetta la diversità dei membri del gruppo.
«In generale, la vita è più sicura sul soffitto. Non dobbiamo temere né le inondazioni [...] né le invasioni degli animali»: così là, sul soffitto, il protagonista e i suoi amici credono di aver finalmente trovato la loro dimensione, quella che li fa sentire, per la prima volta nella vita, a casa. Ma l'esistenza sul soffitto «sarebbe più gradevole se non ci giungessero, distinti come se ci marciassimo ancora, i rumori dabbasso», da quel mondo nel quale quei reietti hanno vissuto per troppo tempo.
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Come ammette Kolski, «qualsiasi corpo è sottoposto a una forza di gravità diretta verso il centro della Terra, da una parte, e a una forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terra, dall'altra, e che il risultante di queste due forze è la forza della pesantezza contro la quale non si può nulla»: dal soffitto non si vede altro che il mondo al rovescio e, pensandoci, in un palazzo il soffitto di un appartamento altro non è che il pavimento di quello al piano superiore.
Chevillard parla di diversità utilizzando toni lievi che, tuttavia, non tolgono incisività a quanto narrato. Il linguaggio di Sul soffitto è particolarissimo (nella nota redazionale viene evidenziato che «per non violare il sottile e talora volutamente ambiguo gioco di piani prospettici e narrativi, si è deciso, in deroga alle abituali norme, di mantenere pressoché inalterata l'architettura anche interpuntiva del testo di partenza»), eppure non manca di lucidità nel ritrarre il senso di straniamento dal mondo, l'idea di fuga che si risolve in un ciclico ritorno alla medesima convenzionalità da cui si era fuggiti (dopo un po', anche il nuovo diventa convenzionale). In Sul soffitto troviamo un po' di Ionesco, di Camus, del teatro dell'assurdo di Beckett: senza dubbio la lettura dell'opera richiede una certa concentrazione da parte del lettore, che tuttavia avrà la possibilità di entrare in contatto con un piccolo gioiellino della letteratura.
A chi mastica un po' di francese, consigliamo di visitare il blog dell'autore, Autofictif, dove Chevillard cura una rubrica di aforismi, note e divagazioni che compongono una sorta dijournal (ossia un diario) su varie tematiche, dalla scrittura a riflessioni più articolate sulla natura del genere umano (i contenuti del blog sono stati raccolti in una serie di volumi in costante aggiornamento). Cercate, invece, qualche ora di evasione dalla realtà? La prosa sarcastica e surreale di Sul soffitto di Chevillard non vi deluderà.
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