Sentire il profumo dei libri. Storia di un sottile piacere
L’annusatrice di libri: un titolo originale e una protagonista su misura. Il romanzo lo firma Desy Icardi per Fazi ed è un piacevole tuffo in una prospettiva inedita.
E se un giorno non riuscissimo più a leggere con gli occhi? Se un giorno, per qualche ragione, potessimo annusare i libri, le loro storie, i profumi descritti, percepire le sensazioni dei protagonisti dissolte in un aroma, in un’essenza?
Adelina è una ragazza timida e riservata, arriva dalla campagna e vive con la zia Amelia. Sebbene il padre abbia fatto fortuna, Adelina non vanta una vita di sfarzi. E, da quando si è trasferita a Torino dalla zia, non è più neanche tanto brava con le lettere. È come se i libri fossero diventati un insieme di codici indecifrabili.
Ci sonoI promessi sposi e l’esigente professore di italiano, un certo reverendo Kelley, che vanno affrontati onde evitare un pessimo voto, per Adelina e per la sua compagna. È in mezzo alla paura di prendere un brutto voto che Adelina scopre la sua straordinaria capacità che segna l’inizio di una straordinaria avventura per lei.
In occasione dell’uscita del romanzo, Desy Icardi ha svelato alcuni dettagli che si celano dietro la stesura di L’annusatrice di libri.
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Com’è nata l’idea del romanzo, per la precisione l’idea attorno alla peculiarità di Adelina?
Innanzi tutto vorrei ringraziarvi per lo spazio che state concedendo a me e al mio romanzo; leggo i vostri articoli da tempo e sono molto lusingata di “stare dall’altra parte”.
Tornando alla domanda, sono una pioniera dell’e-book, l’ho adottato da circa dieci anni poiché mi permette di ingrandire i caratteri di lettura, cosa che torna molto utile a chi, come me, ha gravi problemi di vista. Una volta, sul tram, una lettrice “normo-vedente e normo-leggente” mi disse che non avrebbe mai rinunciato ai volumi cartacei, per non perdere il profumo dei libri.
“Il profumo dei libri è buonissimo”, pensai, “peccato che non possa leggere col naso!”
Così scoccò l’idea di un personaggio che fosse in grado di leggere con l’olfatto: all’età di quattordici anni, Adelina perde misteriosamente la capacità di lettura ma, altrettanto inspiegabilmente, scopre di riuscire a farlo con l’olfatto.
Ci sono molti dettagli che dipingono un’epoca recente e che, nel naturale evolversi delle società, si sono persi. O si sono trasformati in altro. Per esempio, ad Amalia viene insegnato che gli uomini interessati la seguiranno per strada, giorni e giorni, o anche mesi se necessario. Le viene poi fornito il vademecum della brava ragazza che si vuole accasare con un buon partito, ma non è stato questo a colpirmi. Mi ha colpito qualcosa che lei dice, senza esplicitarlo, ovvero la visione del mondo. Ieri, farsi seguire era un approccio accettato e, anzi, auspicato. Oggi lo chiameremo (dando forse sui nervi alla signora Cibrario) stalking. Nel continuo cambiare del mondo, della società, del costume, cosa rimane immutato, secondo lei?
Le modalità d’approccio tra donne e uomini sono molto cambiate, ma credo che la parte emotiva sia rimasta, grosso modo, la stessa.
Le abitudini si trasformano, ma mai in maniera davvero radicale: Amalia si metteva in ghingheri e passeggiava per Torino nella speranza di far breccia nel cuore di un buon partito, oggi si farebbe un selfie, lo ritoccherebbe col “filtro bellezza” e lo pubblicherebbe su un social network.
Le modalità cambiano, ma le intenzioni restano le medesime.
La mamma, parlando di magia e di streghe, nega stizzita la loro esistenza, come la zia che se la prende perché il vicino continua a propinarle libri, quando lei non ha tempo. In che modo paura, negazione e, certe volte, rabbia si mescolano assieme?
Zia Amalia ha un rapporto d’amore e odio nei confronti dei libri: i libri rappresentano per Amalia un attributo irrinunciabile delle persone benestanti e colte, che lei venera e al contempo schernisce nel timore di essere schernita a sua volta. Amalia deride i libri perché non si sente alla loro altezza, il suo è un rifiuto dettato dalla paura. La madre di Adelina, invece, teme le streghe e la magia (credenze piuttosto diffuse nella cultura contadina di un tempo), ed essendone terrorizzata ne nega l’esistenza per difendersi emotivamente.
Credo che sia la paura, il carburante più potente della negazione.
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Il cervello umano, una misteriosa meraviglia, così la supplente di Scienze che spiazza gli allievi spiegando loro ciò che all’inizio sembrava inspiegabile. Detto altrimenti, il nostro mondo è solo un mondo possibile? Le nostre facoltà sono solo l’attuazione di una possibilità e, forse, un domani ci si potrà scoprire simili ad Adelina?
Potenzialmente sì, in quanto è stato dimostrato che il cervello umano, se lesionato, può trovare e creare connessioni neurali alternative per sopperire alla lesione.
D’altro canto, col trascorrere dei secoli, i nostri sensi si stanno progressivamente affievolendo, poiché ci allontaniamo sempre più dalla vita selvatica, nella quale avevano una funzione conservativa.
Se facoltà come quelle di Adelina possano svilupparsi o meno lo ignoro, ma certo avrebbero più probabilità di manifestarsi in persone molto giovani, ancora in contatto con la loro parte primordiale.
Tra i molti spunti di riflessione, c’è uno spazio dedicato alle donne, alla loro condizione o posto nella società. A un certo punto, la sensazione è che, un tempo, quello della giovane Amalia, le donne si dividessero in due tipologie, quelle delle collane, il più delle volte, e quelle dell’anello, prima. Secondo lei, quali sono gli aut aut delle donne oggi?
Nel mio romanzo parlo di donne molto emancipate: Amalia, pur sognando di incastrare un buon partito, ha un impiego con il quale si mantiene. La sua amica Caterina, invece, non ha intenzione di sposarsi e si concede agli uomini per suo diletto e, quando le riesce, per immediato tornaconto. Caterina non è tuttavia una sprovveduta, coltiva la sua carriera di soubrette riservando agli uomini un ruolo marginale. Se l’amore busserà alla sua porta saprà viverlo, in caso contrario avrà “lavorato su se stessa”.
Amalia sopravvive in attesa di essere completata da un marito, Caterina vive e basta.
Credo che oggi le donne – gioielli estorti a parte – tendano a essere come Caterina, a coltivare cioè le loro ambizioni e passioni, per piacere innanzitutto a loro stesse.
L’aut aut delle donne d’oggi consiste, o dovrebbe consistere, nel cercare di essere la migliore versione di sé (e questo vale anche per gli uomini, ovviamente).
Lei sperimenta la scrittura da diversi punti di vista, la narrativa, il blog, lo stand-up. Quale le dà una maggiore libertà?
Tutti questi generi di scrittura hanno delle regole, la libertà assoluta dell’autore è spesso illusoria.
Nello stand up, per esempio, devo calibrare i tempi, distribuire le battute e badare al ritmo.
Per quanto riguarda Patataridens, il mio blog dedicato all’umorismo femminile, devo racchiudere nello spazio angusto di un post tutte le informazioni necessarie, tanto per intenderci le famose – e famigerate – cinque W del giornalismo (what, who, when, where, why); il tutto mantenendo un tono umoristico.
Il romanzo consente apparentemente maggior libertà di manovra, ma la necessità di costruire e calibrare trama e intreccio in qualche modo la nega.
Insomma, le regole ci sono dappertutto, ma il muoversi dentro a degli schemi rende la scrittura una sfida intrigante.
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Per la prima foto, copyright: Josh Felise su Unsplash.
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