Sentimenti nell’epoca Covid. Intervista ad Anna Premoli
Come la pandemia e il lockdown hanno inciso sui nostri sentimenti e sul modo di viverli? Sembrano queste le riflessioni da cui muove Tutto a posto tranne l’amore, il nuovo romanzo di Anna Premoli da poco pubblicato da Newton Compton Editori.
Un romanzo che entra nel vivo del legame di una coppia che aveva già pensato di chiudere il proprio legame con un divorzio.
E da questi aspetti siamo partiti per la nostra chiacchierata con Anna Premoli.
Uscire con una commedia romantica nel primo San Valentino dell’era post-Covid può essere un azzardo forse. Come si colloca un libro come Tutto a posto tranne l’amore in un tale scenario? Pensa che potrebbe incontrare qualche difficoltà in più nell’intercettare i lettori?
Tutto a posto tranne l’amore, titolo volutamente ironico, in verità si concentra sulle difficoltà dei sentimenti e della comunicazione nell’epoca Covid, perciò ritengo che il momento per uscire con una simile storia fosse molto adatto. Tutti abbiamo provato sulla nostra pelle le difficoltà dei sentimenti “a distanza”, sospesi, o invece, all’apposto, l’oppressione del ritrovarsi chiusi in casa. A mio avviso i lettori amano riconoscersi nelle difficoltà dei protagonisti perché li aiuta a mettere a fuoco i loro stessi problemi. Questo romanzo potrebbe essere un ottimo strumento per analizzare quanto abbiamo vissuto nel periodo Covid.
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«I pranzi della domenica, ammettiamolo, hanno il fascino degli eventi che paiono non mutare mai.» È l’incipit del romanzo che rimanda a un senso di ritualità famigliare. Tutto questo che peso ha nella società di questi anni Venti? Siamo ancora così legati a certe tradizioni nonostante alcuni cambiamenti profondi nel tessuto sociale?
La pandemia ci ha fatto rimpiangere una ritualità a cui quasi non davamo più importanza, ci ha ricordato il valore dei legami familiari e sì, anche di quei pranzi che in certi momenti ci sembravano una scocciatura, ma che all’improvviso ci siamo trovati a rimpiangere. La nostra società è in continua evoluzione, ma la famiglia rimane il punto centrale del nostro mondo (sia che si tratti della famiglia d’origine, che quella che ci siamo costruiti scegliendo i nostri amici).
Ludovico, il protagonista maschile, ha quarant’anni ma, per certi versi, sente ancora una sorta di sudditanza psicologica verso la madre. Come si sfugge al cliché raccontando di un uomo così?
Dipingendolo come una persona reale, quasi fosse in carne e ossa, con tutti i suoi lati positivi e negativi, madre impicciona compresa (alzi la mano chi, tra di noi, non ha avuto a che fare con madri simili). Ludovico è all’apparenza un antieroe romantico: è sovrappeso, chiuso in sé stesso, poco abituato a cedere alle emozioni e ancora molto ferito dal suo divorzio. Ma è una persona sincera e di buon cuore, e in questa storia ho cercato di rendergli giustizia raccontandolo come se fosse un amico.
Può provare a sintetizzare per i nostri lettori il rapporto tra Ludovico e Ginevra? Se dovesse dare una definizione del loro amore, quale userebbe?
Mi viene in mente la famosa canzone di Venditti, Amici mai, e quella strofa nota a tutti: “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Ecco, Ludovica e Ginevra me li immagino così, due persone imperfette che, coscienti dei propri limiti, cercano un nuovo modo per amarsi dopo essersi detti addio. Il loro è un amore “di ritorno”, ma non per questo meno vero o meno intenso. È una seconda possibilità che arriva come conseguenze dell’enorme lavoro che hanno fatto su loro stessi come singoli, prima ancora che coppia.
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Lei si occupa da sempre dell’instaurarsi di dinamiche amorose o comunque di relazioni di coppia. In che misura quello che abbiamo vissuto durante questa pandemia e il conseguente lockdown possono avere un’influenza in seno a queste dinamiche?
Il lockdown ci ha fatto riflettere in profondità sulle relazioni, non solo quelle amorose; ci ha permesso di mettere a fuoco le persone che sono davvero importanti, quelle per cui vale la pena sacrificarsi. Un simile evento eccezionale è stato una sorta di banco di prova delle nostre emozioni più intime, e spesso ci ha svelato lati di noi stessi che non conoscevamo o che finora abbiamo preferito ignorare. Insomma, la pandemia ha messo a nudo tante relazioni: qualcuno ne è uscito rafforzato, qualcuno invece ha dovuto prendere atto che era ora di cambiare strada.
Nella sua biografia, leggiamo che la scrittura è arrivata come metodo anti-stress durante la gravidanza. Cosa significa per lei scrivere?
Ancora oggi, arrivata al quattordicesimo libro, per me è cambiato poco da quella prima storia. La scrittura rimane un momento intimo in cui riesco a staccare dalla frenesia delle mie giornate e mi concentro in profondità sulla gioia di raccontare una storia, una persona, una coppia, ma anche la nostra società e i suoi problemi. Scrivere è un modo per ragionare “ad alta voce” e mi permette mi fissare in modo concreto pensieri e osservazioni.
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Per la prima foto, copyright: Gustavo Fring su Pexels.
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