Salendo sul carro di Olga Tokarczuk
William Blake diceva che coloro che reprimono un desiderio, lo fanno perché è abbastanza debole da essere represso.
Se avessi avuto dei dubbi sulla veridicità di questo pensiero, leggere Guida il tuo carro sulle ossa dei morti del Premio Nobel Olga Tokarczuk (riedito in Italia da Bompiani con la traduzione di Silvano De Fanti) li avrebbe dissipati. L’autrice desiderava scrivere questo romanzo, ne aveva un bisogno intenso e insopprimibile, per questo lo ha messo su carta. Allo stesso modo i lettori desidereranno leggerlo, non tanto per la storia (avverto gli amanti di thriller a base di omicidi e colpi di scena che non è questo il fulcro attorno a cui ruota la narrazione), ma per i suoi personaggi e per i temporali di dubbi e idee che da essi Olga Tokarczuk fa fluire attraverso le pagine fino alla mente del lettore.
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Il romanzo, aspramente criticato nella patria dell’autrice (Polonia) e definito anticristiano e sobillatore di violenza, narra la storia di un’anziana custode (Janina Duszejko) che vive in un paesino di montagna al confine con la Repubblica Ceca. Ex-ingegnere, fondamentalista astrologa e appassionata di William Blake (che traduce dall’inglese al polacco insieme al suo amico Dyzio), si rinchiude in casa per giorni preda di disturbi misteriosi e invalidanti («la salute è una condizione incerta e non promette nulla di buono, meglio essere tranquillamente malati»), per poi uscire a controllare le case che le sono state affidate in «mattinate invernali fatte d’acciaio, dal sapore metallico e gli orli aguzzi». Quando la morte inizia a far visita ai suoi vicini, in forme sempre più ardite, facendoli precipitare in una novella e oscura terra di Ulro, Janina si convince di essere spettatrice di una vendetta del regno animale nei confronti dell’uomo che caccia e uccide in quelle terre per soddisfare il proprio “malvagio” piacere («Il mondo è un carcere pieno di sofferenza, costruito in modo tale che per sopravvivere bisogna procurare dolore agli altri»).
Così la protagonista inizia a indagare, come una Jessica Fletcher ante litteram, ma meno acuta e controllata del personaggio interpretato da Angela Lansbury, parteggiando apertamente per l’assassino, tanto che anticiparne le mosse sembra diventare solo un modo per testare le sue abilità astrologiche. Ma scrivere una storia solo per far scoprire al lettore chi è l’assassino è uno spreco di carta e tempo, almeno secondo l’autrice, per questo Guida il tuo carro sulle ossa dei morti non può essere considerato un thriller, né tanto meno un giallo e d'altronde cercare un genere in cui ingabbiare questo romanzo sarebbe uno spreco di tempo ancor maggiore.
È un libro che aprirà infinite finestre percettive per un lettore che vi si abbandonerà senza bisogno di sapere cosa “esattamente” sta leggendo. Ciò che importa con il lavoro della Tokarczuk è “sentirlo” con il corpo e i suoi sensi, ma anche con l’anima, per Blake uno la terminazione dell’altra. Il grande poeta inglese è onnipresente in quest’opera (a partire dal titolo che fa riferimento a uno dei proverbi di Matrimonio del cielo e dell’inferno), come se fosse il nume protettore della storia e il suo regista. Osserva dall’alto le azioni e i pensieri di Janina, tramutandosi in uno dei suoi terribili Dolori psicosomatici quando l’investigatrice delle stelle tarda a comprendere la vendetta della Natura.
Contornata da personaggi affascinanti e nebulosi, la protagonista si muove su una scacchiera infinita che risveglierà paure dimenticate e idee pericolose nella mente del lettore.
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Guida il tuo carro sulle ossa dei morti è un libro da leggere con passo lento e mente accesa, mentre si «sente l’erba crescere con un fruscio, l’erba arrampicarsi sui muri, il micelio dilatarsi sottoterra. Dopo la pioggia, quando il Sole si fa strada per un istante tra le nuvole, tutto acquista una tale profondità che gli occhi si riempiono di lacrime». Approfittatene per un digiuno dalla tecnologia, chissà che la Natura non vi risparmi quando arriverà con il suo carro per camminare sulle vostre ossa.
Per la prima foto, copyright: Janusz Maniak su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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