Romanzi inediti rifiutati dagli editori: una palestra per lo scrittore esordiente?
Quanti romanzi inediti siete disposti a farvi rifiutare dagli editori prima di mollare? Almeno cinque, secondo Joël Dicker, che ha fatto della sua esperienza di rifiuti prolungati una palestra per lo scrittore esordiente.
Cominciamo dai fatti: Joël, studente di legge all’Università di Ginevra, pensava fin da piccolo di scrivere il suo primo romanzo (a dieci anni aveva fondato anche una rivista sulla Natura, sua altra grande passione).
A 20 anni decide di essere pronto e lo scrive. Come molti autori esordienti, dopo una stesura in preda al fuoco della “santa ispirazione” e una rapida revisione, stampa, impacchetta e invia il suo primo figlio a tutti gli editori del Paese, già sognando il suo nome stampato a lettere fluorescenti su una copertina satinata.
Risultato: rifiutato da tutte le case editrici. Dopo aver assorbito il colpo, lo scrittore esordiente Joël Dicker ha due strade davanti a sé: crogiolarsi in mesi di autocommiserazione, perdendo uno a uno tutti gli amici che non ce la fanno più a ripetergli quanto sia bravo come scrittore e quanto sia chiuso il mondo editoriale per chi non abbia le giuste conoscenze o iniziare subito il secondo romanzo. Joël ha scelto la seconda strada: «mi dissi che non potevo bloccarmi su un fallimento e che avrei continuato a scrivere finché non fossi stato pubblicato almeno una volta». Scrisse un nuovo romanzo e lo inviò alle case editrici.
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Risultato: rifiutato da tutte le case editrici. Ancora. Ma Joel non cedette e ne scrisse un terzo e, dopo il rifiuto del terzo, un quarto. E dopo il rifiuto del quarto, un quinto. Ancora fioccarono solo rifiuti. Di colpi gli scrittori ne devono assorbire tanti e forse la capacità di assorbimento e la tenacia, che dopo questo assorbimento deve spuntare fuori più forte di prima, rappresentano una delle armi necessarie per chi voglia intraprendere questa strada accidentata fatta di privazioni, lotte con se stessi e ipotetici e lontani successi. La tenacia, da sola, non basta. Così Joël decise di rileggere tutte le lettere di rifiuto e tutti i commenti negativi che aveva avuto sui suoi romanzi (il masochismo è altra dote importante per uno scrittore), cercando di distillare un vademecum di tutti gli errori che aveva fatto nei suoi primi cinque romanzi.
E poi Joël ha scritto un sesto romanzo e durante la scrittura non ha pensato ad altro, facendosi assorbire completamente dalla necessità di scrivere: «Farmi assorbire dal mio progetto tanto da perdere la nozione del tempo e del prossimo. Finché l’equazione non sarà risolta, non ci sarà riposo possibile, e anche se mi legassero a forza in un letto, il mio cervello continuerebbe a lavorare. E se mi costringeranno a dormire, il mio progetto lo continuerò nei sogni. È ovunque, è sempre, è incessante. È ossessivo».
Risultato: un successo. Pubblicato in 45 Paesi e tradotto in 30 lingue. Parliamo de La verità sul caso Harry Quebert (Bompiani – Vintage 2015) che ha trasformato uno scrittore esordiente in un autore di successo. Un uomo che ha fatto della scrittura l’ossessione perfetta, quella che nasce dalla passione, quella che è «indispensabile alla riuscita. […] Spesso le persone mi chiedono cosa debbano fare per scrivere un romanzo. Io rispondo che devono averne l’ossessione. Più che l’aspirazione, più che la voglia, più che il desiderio, più che la passione».
Ora Joël Dicker sta lavorando al prossimo romanzo (il settimo) sottoponendosi a una palestra per lo scrittore ancora più intensa (si alza ogni giorno alle 4:30 del mattina per dedicarsi alla scrittura ricordandoci le levate di Amélie Nothomb), fornendo ad altri scrittori alle prese con romanzi inediti rifiutati dagli editori una perfetta ossessione a cui attaccarsi.
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Commenti
Interessante riflessione e la descrizione di una strada affascinante e molto, molto individuale quella di Joël Dicker.
Ecco individuale credo che sia la parola che cotraddistingue la spinta a scrivere.
Scrivere un romanzo è la sintesi del vissuto, dell'immaginato e del sentito di ciascun autore e come tale è irripetibile e non è imitabile. Sicuramente non è insegnabile. Sono convinto che la tecnica e le regole dello scrivere siano l'impalcatura per poter dar vita ad una storia, ma non saranno mai la storia e i suoi personaggi. Nessun corso di scrittura creativa farà da solo un romanziere. Chi scrive porta dentro di sè le storie e riesce a espimerle al meglio con la più ossesiva tenacia o con la più disarmente svagatezza. Dipende... Ha ragione Matarazzo quando dice che gli scrittor debbono saper "digerire" sconfitte, giudizi negativi e porte in faccia dagli editori.Ma possono fare una cosa sola essere loro stessi, essere la loro inimitabile individualità. Alcuni poi avranno più fortuna di altri, alcuni incontreranno di più il gusto delle masse, ma se saranno riusciti a far vibrare almeno una corda del cuore di un lettore, avranno raggiunto il loro scopo e potranno sorridere del loro successo... anche se essere tradotti in 30 lingue e pubblicatiin 45 Paesi a sorridere aiuta.
Allora io non ho speranze, nonostante la mia passione per la scrittura. Mi manca una dote fondamentale: crederci.
Per Mario:
certo "nessun corso di scrittura creativa farà da solo un romanziere", ma conoscere e padroneggiare le tecniche di scrittura è un passaggio importante per uno scrittore, da cui non si può prescindere, a meno di non trovarsi di fronte al genio e anche lì qualche coordinata può aiutare.
Ancor più importante è la tenacia e la necessità di scrivere ciò che si vuole scrivere, ricordando che poi a leggere il risultato della nostra fatica non ci saremo solo noi e quindi è giusto non scrivere solo tenendo conto dei lettori e delle loro esigenze (reali o presunte), ma nemmeno ignorarli.
Per anonimo:
Perché caro anonimo non ci credi? Pensi di essere il solo a provare le emozioni di cui la tua scrittura si nutre? Pensi che gli altri non ti capirebbero? Che non siano interessati?
Interrogarsi sul perché potrebbe aiutarti a crederci, almeno un po'.
In bocca al lupo
Grazie per la lettura attenta. Pierfrancesco
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