Ricordi che emergono dalla nebbia. I racconti di Leonardo Sinisgalli
Puntata n. 103 della rubrica La bellezza nascosta
«Con la complicità dei sogni, io e Silvio avremmo potuto forse guardarci ancora negli occhi, con bontà, con dolcezza come ci raccomandavano i confessori (perché era il nostro solo peccato e, ogni settimana, per accostarci alla balaustra della cappella a ricevere in corpo anima e sangue Gesù Eucaristico, bisognava minuziosamente raccontare tutti i nuovi episodi di quella mostruosa guerra). Proprio in quegli anni io mi accorsi che la mia vista si affievoliva; la immagine di Gesù Crocefisso, in cima all’altare, diventava ai miei occhi irriconoscibile. Pensai che fossero i fumi dell’incenso a cancellarla o la distanza dei nostri banchi, le ultime file, perché davvero a tutti erano cresciute le gambe. Ricordavo di averla vista quell’immagine tante volte e mi struggevo di non riconoscerla più, e di essere punito così dolorosamente.»
La memoria è uno strumento delicato, è un luogo incerto dove si rischia spesso di inciampare; ma al contempo, se maneggiata con cura, la memoria può essere dolce, può essere come una carezza, come una coccola.
Dai ricordi possono tornare indietro le voci e i volti, i passi e i sospiri, possono tornare indietro le vacanze, gli anni della scuola, i compagni e i vecchi amori; luoghi, volti, persone, la terra natia, i gesti che ci hanno portato verso la maturità. Ci sono momenti che spezzano le ossa, altri momenti che fanno da colla e riescono a rimettere insieme i pezzi, ci sono buchi neri che nessuno riuscirà mai a colmare e ci sono istanti di pace in cui tutto sembra fermo, immobile, anche se sotto gli occhi gli oggetti e gli eventi scappano via veloci come fossero fatti d’acqua.
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Leonardo Sinisgalli è nato a Potenza nel 1908 ed è morto a Roma nel 1981. I Racconti sono stati pubblicati da Mondadori.
Un volume, questo, che racchiude le tre raccolte di racconti di Leonardo Sinisgalli (poeta, narratore, saggista e traduttore). C’è tutto ciò che appartiene alla sua materia narrativa, racconti quasi del tutto autobiografici, fatti di accadimenti dolorosi o felici, fatti di amori e degli anni da militare. L’infanzia, la Lucania, i rapporti con gli altri artisti di quell’epoca romana.
«Non è la prima volta ch’io cerco di chiarire a me stesso il significato di una storia d’amore che ebbe breve durata negli anni della mia prima giovinezza. Devo dire che questa storia non ha avuto grande importanza per la mia vita, e perfino la memoria, spesso così curiosa e sorniona e dispettosa, non si è mai curata di ripropormela sotto l’aspetto sconcertante che indubbiamente essa venne ad assumere negli ultimi tempi, quando io vivevo in un’altra città, lontano dalla mia fidanzata. Avevo finito a Roma i miei studi universitari, avevo poco più di una ventina d’anni. Tolte le mie rare e frettolose visite alle Case di piacere di Via Baccina, di Via del Boschetto, di Via delle Frasche – case che avevo imparato a ritrovare alzando gli occhi sulle persiane sempre chiuse (gli sportelli erano legati da una caratteristica catenina di ferro) e abbassandoli sull’ingresso tappezzato di lucide maioliche – io non avevo mai conosciuto l’intimità di una donna. Posso dire che non avevo mai scambiato con una donna parole d’amore. Da ragazzo non mi erano mancate le accensioni furiose, disperate, e le lacrime della solitudine: ma erano stati fuochi della mente, erano stati i miei primi incontri coi fantasmi.»
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La lingua di Sinisgalli è delicata, armoniosa, i suoi ricordi emergono come se fossero stati celati per troppo tempo dentro una nebbia, emergono e arrivano al sole per giungere sulla pagina in tutta la loro brillantezza. Echi lontani di vecchi fantasmi, di donne e di intimità distanti, oramai perdute; passi autobiografici che si miscelano a visioni oniriche, arcaiche e trasformano l’intera opera in qualcosa di originale e di indiscutibile bellezza.
«Il nostro primo incontro, dopo uno scambio di sigarette attaccate allo spago, da una finestra all’altra del secondo e terzo piano, avvenne proprio in mezzo a quelle aiuole una sera già estiva. Mi confessò che non avrebbe mai potuto immaginare che ci fosse al mondo un altro poeta. Mi disse che la vocazione si era manifestata qualche anno prima, a Santa Margherita Ligure, dove la madre lo aveva portato subito dopo la morte del padrigno, un famoso baritono. Aveva conosciuto nella pensione un vecchio pittore inglese con una moglie giovane che diventò la sua amante. Fu proprio per farsi bello con lei che scrisse i primi versi, bruttissimi diceva lui stesso: ma non vuol dire, perché l’incontro con la poesia è come l’incontro con l’amore, la donna bella o brutta c’entra ben poco. A contatto con la società intellettuale di Santa Margherita egli imparò a prendere gusto per certe stravaganze, il bastone, la bombetta, la barba, le ghette.»
Leonardo Sinisgalli, con questi racconti, ci restituisce l’immagine di un’epoca, ci riporta a qualcosa di primigenio e di definitivo.
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Per la prima foto, copyright: Gemma Evans su Unsplash.
La fonte della quarta foto è qui.
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