“Rebel”, la trilogia fantasy al femminile di Alwyn Hamilton
Caso più unico che raro, l’edizione italiana di Rebel (Giunti, traduzione di Sara Reggiani), romanzo fantasy per “giovani adulti” con cui l’autrice canadese Alwyn Hamilton sta conquistando il mercato editoriale di mezzo mondo, ha visto la luce prima ancora di quella anglosassone.
Amani, la giovane protagonista, non ha mai avuto dubbi: è sempre stata sicura che prima o poi avrebbe trovato una via di fuga dal deserto spietato e selvaggio in cui è nata. Andarsene è sempre stato nei suoi piani. Quello che invece non si aspettava era di dover fuggire per salvarsi la vita, in compagnia di un ricercato per alto tradimento.
Tiratrice infallibile, per guadagnare i soldi necessari a realizzare il suo sogno Amani partecipa infatti a una gara di tiro travestendosi da uomo. Tra gli avversari, il più temibile è Jin, uno straniero sfrontato, misterioso e affascinante. Troppo tardi Amani scoprirà che Jin è un personaggio chiave nella lotta senza quartiere tra il Sultano di Miraji e il figlio in esilio, il Principe Ribelle. Presto i due si troveranno a scappare attraverso un deserto durissimo e meraviglioso, popolato di personaggi e creature stupefacenti, come i bellissimi e pericolosi Buraqi, fatti di sabbia e vento ma destinati a trasformarsi in magnifici destrieri per chi abbia l'ardire di domarli; i giganteschi rapaci Roc; indomite donne guerriere dalla pelle color oro e sacerdoti capaci di leggere i ricordi altrui nell'acqua... Quando Amani e Jin si troveranno di fronte alle rovine di una città annientata da un fuoco di calore innaturale capiranno che la posta in gioco è più alta di quanto pensassero. Amani dovrà decidere se unirsi alla rivoluzione e capire se davvero quello che vuole è lasciarsi alle spalle il suo deserto.
Abbiamo rivolto qualche domanda ad Alwyn Hamilton a proposito del suo romanzo.
Quando ha deciso di scrivere un romanzo fantasy? Si è interessata al passato studiando storia dell’arte, oppure era già una lettrice di questo genere di romanzi?
Sono una lettrice di romanzi fantasy fin da quando ero giovanissima. Sono nata in Canada, ma sono cresciuta in Francia, e ricordo che non riuscivo a identificarmi nei ragazzini e adolescenti protagonisti dei romanzi di ambientazione contemporanea, perché appartenevano in genere al mondo nordamericano, che non era il mio. Per questo motivo sono passata molto presto al fantasy, dove il mondo descritto mi era estraneo allo stesso modo di quello di una scuola del Midwest, oppure di una famiglia di New York, ma era un mondo in cui accadevano cose molto più eccitanti, come ragazze che addomesticavano draghi e ladri che diventavano maghi.
Mio padre mi ha fatto scoprire Il Signore degli Anelli e mia madre Le Cronache di Narnia, e poi ho continuato per conto mio. Ho divorato tutti i libri che ho trovato di Patricia C. Wrede, Tamora Pierce, Robin McKinley e Mercedes Lackey. Quando li ho finiti tutti, sono passata rapidamente a leggere romanzi fantasy per adulti, e probabilmente devo aver letto libri come quelli di George R. R. Martin molto prima di quando avrei dovuto!
In realtà ho impiegato un po’ di tempo, quando ho iniziato a scrivere, per stabilire che avrei scritto fantasy, perché sei anni fa non c’erano in giro così tanti libri fantasy per YA (giovani adulti) quanti se ne vedono ora.
Essendo passata, come lettrice, direttamente dai libri fantasy per bambini a quelli per adulti, in realtà non ero per nulla sicura di come dovesse essere fatto un fantasy per YA. Ma non appena ho iniziato a scriverlo, ho capito che quel genere di storie era ciò che avrei dovuto scrivere da quel momento in poi.
Di solito, nei romanzi fantasy, è l’eroe maschile a compiere la maggior parte delle azioni pericolose, spesso anche per difendere l’eroina, ma qui è Amani, la protagonista femminile, a rischiare in prima persona. Lei pensa che anche nei romanzi d’avventure le donne dovrebbero ormai avere una maggiore importanza?
Sono assolutamente convinta che dovrebbero esserci storie avventurose con delle donne nel ruolo centrale. Certamente, in passato, le storie a cui lei allude, dove le donne erano solo damigelle in affanno, erano le più comuni. Ho sentito dire da varie persone che il ruolo secondario delle donne nei fantasy è dovuto alla verosimiglianza storica, per rispecchiare la loro posizione subordinata nel passato… Ma i romanzi fantasy non sono “il passato”, anche se si basano su quello, e penso che costituiscano una grande opportunità di rompere lo schema storico per esplorare mondi nuovi e differenti.
Per me è molto importante ispirarmi alla storia, ma non esiste un motivo per cui noi dobbiamo usare la storia come una scusa per costringere le donne solo in ruoli minori all’interno dei romanzi fantasy. Non esiste nemmeno un motivo valido per cui le donne non possano compiere atti eroici allo stesso livello degli uomini, soprattutto in quei mondi dove ci sono magie, veleni, archi, strumenti che possono essere usati indifferentemente da uomini e donne. Inoltre, credo che anche in un mondo dove le donne vengono ridotte a un ruolo marginale nella società, si possano comunque collocarne alcune in ruoli di potere.
Amani proviene da una società in cui le donne sono completamente prive di potere, ma è un’eroina molto forte, abile e capace. Viene da un luogo dove è vista come un essere inferiore, ma lei non si considera per nulla inferiore agli uomini, e il suo viaggio ci dimostra proprio questo. Lei salva Jin esattamente come Jin salva lei.
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Secondo lei, il genere fantasy piace più agli uomini, alle donne, oppure non ci sono differenze al riguardo?
Io non penso che ci sia una distinzione. Credo che esista una tendenza a pensare che i lettori maschi amino di più il fantasy, ma penso che questo dipenda solo dal tipo di storie fantasy che sono state scritte in passato. Tornando alla sua domanda precedente, lei ha perfettamente ragione nel dire che ci sono moltissimi libri in cui gli uomini sono gli eroi e le donne sono solo fanciulle in pericolo. E penso che, mentre i lettori e le lettrici possono e dovrebbero leggere libri di entrambi i generi, anche noi donne vogliamo vederci rappresentate nei romanzi come eroine.
Con questo intendo dire che amo l’azione, l’avventura e la magia, ma per me i personaggi sono sempre al centro, e pensando in generale dal punto di vista di una lettrice, credo che si legga di meno se non ci sono storie raccontate dalla parte di qualcuno con cui ci si possa identificare. Sicuramente, mi diverto quando leggo vicende con protagonisti di entrambi i sessi, ma quand’ero più giovane desideravo davvero leggere storie di ragazze avventurose, perché ce n’erano così poche!
Le lettrici vorrebbero trovare ragazze come loro nei romanzi fantasy, come riflesso di loro stesse, modelli a cui ispirarsi, personaggi per cui fare il tifo e infine come tramite per vivere avventure sorprendenti. Ora che ci sono più storie scritte con protagoniste femminili che sono personaggi precisi e complessi, e ora che più donne stanno scrivendo fantasy, penso che anche più lettrici tendano a leggerlo. E poi, in un modo o nell’altro, i lettori, sia maschi che femmine, possono comunque entrare in sintonia con queste eroine nuove e diverse, apprezzare la loro forza e avere ancora più ragioni per leggere fantasy.
L’ambientazione di Rebel è arabeggiante, con dei riferimenti alla mitologia persiana, ma i primi capitoli del libro si svolgono in un contesto piuttosto differente, che ricorda di più il West. Come mai c’è questa sfasatura?
Io non la vedo come una sfasatura. Ho cominciato in effetti a pensare a Rebel con l’idea di scrivere un romanzo western. In principio non avevo neppure una trama, sapevo soltanto che doveva esserci una ragazza, che sarebbe diventata il Bandito dagli Occhi Blu e avrebbe avuto un’avventura nel deserto con uno straniero: questo era tutto ciò che avevo.
Poi mi sono bloccata perché, anche se volevo scrivere questa storia riguardo a una ragazza con una pistola, non volevo realmente scrivere un romanzo storico ambientato negli Stati Uniti nel XIX secolo: pensavo che, perché la cosa funzionasse, avrebbe dovuto essere un western contenente anche qualcosa d’altro, ma non sapevo proprio che cosa fosse questo “altro”. Alla fine, dopo aver vagato per settimane nella mia testa, l’idea di unire alla storia la mitologia delle Notti Arabe mi è arrivata improvvisamente una notte. Il mio primo pensiero è stato che sarebbe stato troppo strano mescolare due generi tanto differenti, ma poi sono rimasta sveglia per un’ora a pensare a tutti gli elementi che potevano collegarli: il deserto, la mitologia dell’epoca, i racconti popolari, i fuorilegge e i banditi, le società a forte base religiosa, finché mi sono convinta di andare avanti così.
Mi piace pensare al libro come una fusione di tutti questi elementi. L’aspetto magico e la mitologia, dai cavalli di sabbia ai Djinni, sono nati da influenze mediorientali, ma alcune scene, come quella della rapina al treno, sono ispirate alla tradizione western. E Amani rimane la ragazza con la pistola fino alla fine.
Il finale è aperto, per cui possiamo già immaginarci un seguito. Lei ha già in mente tutta la storia, e in quanti libri potrebbe svilupparsi, oppure sceglierà il percorso da seguire soltanto in fase di scrittura?
La serie sarà una trilogia. Io ho già lavorato agli elementi principali della storia perché, quando avevo iniziato a scriverla, l’avevo immaginata molto più vasta di come è stata pubblicata, finché ho realizzato che il libro sarebbe risultato troppo lungo. A quel punto ho messo da parte alcuni elementi, immaginando di svilupparli in seguito, e ho concluso il primo libro. Almeno a grandi linee, so quindi come proseguirà la vicenda, anche se molti dettagli potranno cambiare durante la stesura: attualmente sono già arrivata alla fine del secondo libro.
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