“Razza di zingaro”, il tributo di Dario Fo a una vittima dimenticata del nazismo
Alla vigilia del suo novantesimo compleanno, Dario Fo ci sorprende con il romanzo Razza di zingaro (Chiarelettere, 2016), la sua ultima fatica letteraria, che esce a distanza di pochi mesi da Un uomo bruciato vivo (Chiarelettere, 2015) scritto con Florina Cazacu per ricordare la tragica vicenda del padre di lei, operaio rumeno bruciato dal datore di lavoro italiano, e dal Nuovo manuale minimo dell’attore (Chiarelettere, 2015), risultato di un lungo lavoro compiuto negli anni scorsi insieme alla moglie Franca Rame, scomparsa nel 2013.
Sempre in prima linea dunque, nonostante l’età, soprattutto per quanto riguarda le battaglie per i diritti civili, in questo romanzo che è splendidamente illustrato da suoi dipinti e disegni (per chi non lo sapesse, Dario Fo è anche un valente pittore) Fo ci racconta, con uno stile documentaristico, la breve vita di Johann Trollmann (1907-1943), pugile sinti nella Germania nazista, a cui l’origine “non ariana” costò prima la negazione del titolo nazionale dei pesi mediomassimi vinto sul ring, e poi l’emarginazione totale e l’arresto, fino a una tragica morte nel campo di concentramento di Neuengamme.
Solo in anni molto recenti la Germania si è ricordata di questo grande sportivo: nel 2003 la federazione pugilistica tedesca ha riconsegnato ai familiari superstiti la corona da campione che gli era stata sottratta nel 1933, mentre nel 2004 gli è stata intitolata una strada della vecchia Hannover, situata dove un tempo sorgeva la sua casa natale, andata distrutta durante la guerra.
Nel corso di un’affollata conferenza stampa, che si è tenuta nel suo bellissimo studio milanese, Dario Fo ha presentato al pubblico Razza di zingaro, rispondendo con la consueta vivacità a numerose domande, che dalla letteratura e dalla storia sono inevitabilmente sconfinate nella politica italiana, nei confronti della quale l’artista non ha mai rinunciato a esprimere idee spesso scomode.
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Fo è venuto a conoscenza della storia di Johann Trollmann grazie a una ricerca storica compiuta dall’amico Paolo Cagna Ninchi, attivo nella promozione del dialogo con le comunità sinti e rom in Italia, e si è appassionato alle vicende di questo atleta. In lui dichiara di vedere un artista, prima ancora che un pugile, per il modo di boxare molto particolare usato da Trollmann, basato sull’agilità e sul gioco di gambe che lo faceva in un certo senso “danzare” sul ring, e rendeva molto spettacolari i suoi incontri. Questo modo di boxare gli venne a un certo punto proibito dai giudici tedeschi, che lo consideravano “poco virile”, ma oggi alcuni vedono in lui un antesignano di Cassius Clay, che trent’anni dopo sarebbe diventato celebre usando una tecnica molto simile.
Ricordarlo oggi è anche un modo per sottolineare come l’Europa, secondo Fo, non abbia mai chiuso del tutto i conti con il nazismo, come si evince anche da tanti episodi di razzismo accaduti in tempi recenti, tra cui l’incertezza nei confronti del fenomeno migratorio e del modo migliore per affrontarlo, non solo nei singoli Paesi, ma soprattutto a livello comunitario.
Il titolo Razza di zingaro intende porre volutamente l’accento su una parola, appunto “zingaro”, che in tempi recenti viene evitata perché considerata politicamente scorretta: ma siamo noi ad averle dato una valenza negativa, dichiara Fo, perché abbiamo sempre bisogno di crearci dei nemici, e abbiamo da tempo inserito gli zingari in questa categoria.
La storia di Trollmann, così come ci viene raccontata da Dario Fo, diventa così un tentativo di rendere giustizia a un personaggio tragicamente cancellato dalla storia, perché dovere di uno scrittore è prima di tutto quello di informare, di svelare le menzogne e di muovere le coscienze utilizzando qualsiasi mezzo a disposizione: il racconto, il romanzo, la rappresentazione teatrale. Non si tratta di fare la morale al pubblico, ma di trovare il vero nemico, al di là di ogni mistificazione, utilizzando se necessario anche l’ironia e la satira.
Secondo Fo è quindi davvero positivo che ultimamente si scrivano molti libri basati su storie vere, e che spesso se ne facciano poi dei film: anche l’avventurosa storia di Trollmann, in effetti, potrebbe diventare un magnifico soggetto cinematografico.
Fo, che ama profondamente lo sport fin da quando, giovane aspirante atleta, si allenava a Milano spiando Ottavio Missoni, che è stato un grande campione di atletica leggera negli anni Quaranta prima di diventare un famoso stilista, è dispiaciuto per il declino della boxe, da molti considerata troppo violenta, giudizio che l’artista non condivide affatto. Non si dovrebbe salire sul ring per abbattere l’avversario o fargli del male, ma per offrire uno spettacolo di fisicità, movimento e leggerezza, proprio come un attore che sale sul palcoscenico: è questa la lezione principale che ci dà oggi Johann Trollmann, il protagonista di Razza di zingaro.
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