Raccontare la melodia del mondo. La sfida del romanzo di Maurizio Crosetti
Esercizi preparatori alla melodia del mondo è il titolo con cui Maurizio Crosetti, firma storica della «Repubblica», esordisce sulla scena della narrativa. Pubblicato da Baldini&Castoldi, il romanzo è stato il protagonista di un incontro con la stampa in occasione della recente uscita, e l’autore ha raccontato i retroscena della stesura degli intriganti Esercizi preparatori alla melodia del mondo.
La narrazione prende ispirazione dalla toccante storia di Davide Martello, il pianista che, il 14 novembre 2015, suonò Imagine di John Lennon, davanti al Bataclan. La melodia che nasce dal suo pianoforte è un inno alla pace, ed è lo stesso che ha già suonato a Istanbul, a New Orleans, in Ucraina, ma anche in strada nei pressi della redazione di «Charlie Hebdo». Una melodia di pace laddove i pianti e il dolore delle persone avevano il sapore dell’odio, della distanza, del terrore. E nell’equazione, tra gli esercizi preparatori c’è anche l’amore, c’è una donna, oggi, che conserva nello sguardo la ragazza di ieri. Anzi, la bambina per il cui amore Davide si avvicina alla musica, al pianoforte e forse anche alla suggestiva melodia del mondo di cui si parla nel titolo.
Il vero Davide Martello sa dell’esistenza del romanzo?
Sinceramente, assieme anche all’editore, ci siamo posti il problema se contattare la persona per raccontargli del personaggio, ma siamo arrivati alla conclusione che – almeno per il momento – è meglio di no. Il romanzo si ispira soltanto a un’immagine in cui questa persona reale si esibisce davvero, ma poi non segue affatto le orme biografiche del vero Davide Martello. Non avevo l’intenzione di scrivere una biografia, e non l’ho fatto, per cui dire all’artista dell’esistenza del romanzo è come informare una certa signora che spinge un passeggino in un giorno qualsiasi che le sue movenze mi hanno ispirato per scrivere un romanzo sulla sua immagine. A leggerlo, non troverebbe nessuna traccia di sé stessa.
Non è solo la storia di Davide. È anche una storia d’amore e di un comune sentiero che nasconde più differenze di quello che si possa intuire, è così?
Sì, c’è anche una bambina e futura donna. Lei suona il pianoforte per accontentare i genitori, mentre lui lo fa per essere più vicino a lei, alla ragazza di cui è innamorato. Le motivazioni sono diverse, però il pianoforte porterà entrambi in un viaggio geografico e interiore.
È anche la storia di una donna estremamente talentuosa, priva di una ragione autentica per identificarsi con la musica, e di un uomo meno talentuoso ma che grazie all’esercizio riesce a compiere piccoli miracoli musicali. Detto altrimenti, è semplice essere Maradona, se nasci Maradona. Le eccezioni riescono sempre a trovare una strada. Se non si è eccezioni, invece, bisogna esercitarsi, impegnarsi tutti i giorni.
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Mentre il romanzo andava in stampa, accadevano i fatti ben noti di Bruxelles. Cosa ha pensato?
Il primo pensiero è stato che non se ne esce mai. E che si debba trovare consolazione, per vincere la forza della cronaca che ci sovrasta, nell’arte, quindi nei libri, nella musica, nel cinema, nello sport. La consolazione, però, non è da intendersi come l’atto del dimenticare. La consolazione deve essere vista come resistenza, come opposizione al dolore.
Leggendo il romanzo si ha la sensazione che suoni il pianoforte, tale è la conoscenza che emerge dalle pagine…
No, non suono il piano. Anzi, sono proprio distante anni luce dal sapermi destreggiare con un pianoforte. Mi ha aiutato molto un mio carissimo amico pianista sia a reperire le informazioni necessarie sia a comprendere il percorso da percorrere per arrivare a definirsi musicisti. Tra l’altro, il titolo di ogni capitolo è l’indice di50 studi brillanti di Czerny, il volume che gli studenti del Conservatorio devono conoscere perfettamente. Ammetto che si è trattato di un autentico colpo di fortuna essermi imbattuto nel testo.
Avendo lavorato (e lavorando) per tanti anni come giornalista, probabilmente ci si aspettava che scrivesse un libro di saggistica, di cronaca, se vogliamo, invece ha scelto di cimentarsi in qualcosa di totalmente diverso. Come mai?
Forse appunto perché anche io pensavo che tutti si aspettassero da me quello che faccio: il giornalista. In quanto tale, avrei dovuto scrivere qualcosa di reale e non realistico perché frutto della mia immaginazione. Invece mi aveva affascinato l’idea di fantasticare più che raccogliere fatti, redigere cronache. Mi piaceva anche potermi confrontare con qualcosa di nuovo nell’ambito della stessa scrittura. Scrivere per un quotidiano è uno scrivere di getto; il romanzo, dal canto suo, richiede un’altra tempistica, sia come stesura sia come revisione. Pur lavorando da decenni tra le parole, mi sento ora come un debuttante e sentirmi tale a 54 anni è qualcosa che merita vivere.
Dopo questa esperienza, ho avuto la sensazione netta che mentre scrivi un romanzo, in verità, la tua mente pensa a tutti i libri che non scrivi mentre scrivi.
Parlando dello stile del romanzo, è sicuramente sorprendente l’afflato poetico con cui è scritto. Non solo la forma è piacevole anche per l’orecchio, ma pure sul piano dei contenuti i pensieri penetrano nel cuore. Di certo, non è lo stile giornalistico. È stato qualcosa che ha scoperto di possedere mentre scriveva o è una capacità che ha sempre avuto?
A dire il vero, anche negli articoli che scrivo tendo a essere attento alle parole che uso. Mi viene spontaneo. Certamente, gli articoli richiedono che io sia asciutto, quindi mi ritrovo spesso a tagliare e rivedere quello che ho scritto affinché possa essere in sintonia con il quotidiano. Scrivendo il romanzo mi sono sentito totalmente libero.
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