Quel riflesso del passato che non ci abbandona
Puntata n. 119 della rubrica La bellezza nascosta
«Jonah rise. Erano buffi insieme, Steve e Holiday. Deliziosi. Più avanti si sarebbe reso conto che appartenevano alla categoria di persone che dava il meglio di sé di fronte a un pubblico. Erano più felici quando avevano qualcuno da colmare d’affetto, qualcuno che a sua volta potesse testimoniare la profondità del loro amore. Di certo a Jonah non dispiaceva recitare quella parte. Forse Steve e Holiday si interessavano a lui perché aveva un fratello morto, perché aveva brutte cicatrici e un carattere timido, un sentore di tragedia.»
La nostra esistenza è piena zeppa di attimi che il più delle volte passano via inascoltati, ci capitano addosso, magari modificando per sempre il nostro percorso, e noi nemmeno siamo bravi ad accorgercene. Poi ci sono altri momenti che sono come un crollo, hanno il sapore di una definizione, diventano il prima e il dopo, quello che eravamo e quello che siamo diventati.
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La difficoltà sta poi nel ricomporre il puzzle, mettere insieme dei pezzi affinché possiamo essere in grado di vedere le cose nella loro interezza, nella loro giusta collocazione.
Il passato e il presente spesso si sovrappongono, diventano materia molle e scivolosa che si confonde e ci fa rimanere destabilizzati, privi di forza, confusi.
Dan Chaon è nato negli Stati Uniti nel 1964, Il riflesso del passato è stato pubblicato in Italia da NN editore (traduzione di Silvia Castoldi) e sarà il libreria dal 22 ottobre.
Jonah è un bambino, un giorno il cane della sua famiglia lo aggredisce, sfigurandolo. Un evento che lo segna irrimediabilmente e lo porta ad allontanarsi da sua madre, Nora. Ormai grande, Jonah, decide di lasciare la casa natale per mettersi in cerca di suo fratello, bambino che la madre aveva dato in adozione in tenera età. Poi c’è Troy, un uomo che sta perdendo tutto, che incontra Jonah nel locale in cui entrambi lavorano. I due si fiutano, prima con riluttanza, poi sempre con maggior attenzione. Un giorno scompare il figlio di Troy e questo avvenimento sarà la miccia che farà esplodere gli eventi.
«La prima volta che aveva cercato di uccidersi aveva ventidue anni. Viveva con Gary da più di un anno, e Jonah aveva undici mesi e dormiva nel suo lettino. Nora si era seduta sul water e aveva visto le cose con estrema chiarezza. Aveva visto il lungo, impossibile groviglio della sua vita spalancarsi davanti a lei, la distesa di decenni privi di significato che l’avrebbero condotta fino alla morte, a un’età qualunque, e aveva rifiutato tutto. I contorni della sua esistenza le apparvero nitidi. Era un tunnel che doveva percorrere fino in fondo.»
Dan Chaon, con una scrittura semplice e giusta per questa storia, ci racconta di vite sempre in bilico, di vite malridotte, consumate, di vite monche. Un libro pieno di incontri e scontri, dove le esistenze sono lo specchio di una contemporaneità assoluta e ciò che è stato riesce a incidere fortemente sul presente e sul futuro, in maniera coatta, così tanto da non lasciare spazio quasi a nient’altro.
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Lo scrittore americano ci fa salire sopra una giostra che con il passare delle pagine inizia a girare sempre più velocemente fino a quando tutto si offusca e vengono a galla i ricordi, le sensazioni, le parti buie che appartengono a tutti e con le quali non tutti riescono a convivere.
«Una volta entrato, Jonah esamina le corsie. Trova una specie di succo di frutta nel reparto freschi, e sceglie una varietà di spuntini – carne secca per sé, patatine, un dolce con ripieno di ciliegie, noccioline, cracker al formaggio di un arancione vivido e con burro di arachidi al centro, semi di girasole, caramelle. Un cane di peluche, con gli occhi storti, che quando gli schiacci il ventre ride e dice: Stringimi qui! Una scatola con otto matite colorate e un album di robot da colorare. Posa tutto sul bancone e il vecchio alla cassa lo squadra, fissa intensamente le sue cicatrici. Jonah è abituato a essere osservato con attenzione.»
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Se ogni vita restasse così inquinata dal proprio passato nessuno avrebbe occhi per guardare al domani, nessuno avrebbe la forza di immaginare, di sperare. Siamo fatti di una materia mortale, una materia che nel tempo si deteriora, perde vigore e diventa polvere; siamo come vecchi palazzi abbandonati, pieni di echi e di polvere, a volte pieni di buio.
Per la prima foto, copyright: Julian Hochgesang su Unsplash.
Per la quarta foto, la fonte è qui.
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