Quei terribili segreti di famiglia. “Idaho” di Emily Ruskovich
Idaho di Emily Ruskovich, appena pubblicato da Mondadori nella traduzione di Roberto Serrai, è un lungo romanzo dalla trama complessa. Procede per salti temporali in avanti e indietro, e nonostante più personaggi vi prendano parte e più vicende, anche secondarie, si intreccino, la storia è narrata prevalentemente dal punto di vista di un solo personaggio, scelta che dà unità all’intricata vicenda. Anche l’ambientazione, in diversi luoghi dell’Idaho, tiene insieme le fila della storia.
All’inizio del romanzo si allude a un delitto passato, e del tutto inspiegabile. Capitolo dopo capitolo, i fatti vengono precisati, ma mai illuminati per intero. La voce narrante torna sempre a evocare due giovani genitori e due bambine ancora piccole; una gita in montagna, per far legna e divertirsi all’aria aperta. Una famiglia che vive felicemente isolata in una fattoria dell’Idaho, e poi un fatto assurdo, irreparabile.
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In un attimo la famiglia Mitchell è distrutta: Jane, la madre, sparisce in carcere, dove annulla se stessa dedicandosi a lavori massacranti. Le bambine, May e June, sono perse per sempre per entrambi i genitori. Infine il padre, Wade, è condannato a perdere anche la memoria, a causa di una malattia familiare.
La persona che, a dispetto di tutto, tiene viva la memoria di quello che è stato è Anne, la seconda moglie di Wade. Trasferitasi a casa di lui dopo la tragedia, Anne è assediata da ricordi che non sono suoi, dall’eco di momenti che non ha mai vissuto. Attraverso i racconti frammentari del marito e la cura degli oggetti appartenuti alle scomparse, si sforza di immaginare la vita, i pensieri delle bambine, di comprendere l’atto tanto disumano compiuto dalla loro madre. Mentre si prende cura di Wade, che dà i primi segni di demenza senile, manda avanti le ricerche, ormai vane, di June; con discrezione, cerca di informarsi sulle condizioni di vita di Jane, in carcere. Guidata da un’empatia e una sensibilità da musicista, viene a capo, nel suo cuore, del mistero dell’uccisione di May. Nello stesso tempo si trasforma nella memoria di Wade, e ricompensa Jane tardivamente di quanto, innamorandosi di Wade, le aveva tolto.
Fa da leitmotiv, nel romanzo una canzone su un amore destinato a finire e a essere dimenticato. Take your picture off the wall, recita il primo verso. Anne la insegna a Wade, al pianoforte, e l’ironia della situazione è che Wade cerca di imparare a suonare il pianoforte proprio per contrastare la demenza, proprio per riuscire a non dimenticare. Una cosa effimera come una canzone segna l’atmosfera di tutto il romanzo, e sembra persino determinare, impercettibilmente, la tragedia raccontata. Insieme all’Idaho, con i suoi fiumi e le sue montagne terribili, la canzone è il tema del romanzo.
Il libro sembra parlare dell’importanza del non detto, delle cause sconosciute ed effimere di quanto ci succede. I personaggi si dicono pochissimo l’un l’altro; Jane e la sua compagna di cella Elizabeth comunicano attraverso gesti misteriosi, che, vivendo nell’isolamento, sono diventate abili a interpretare. Persino Anne riesce a comunicare con Jane, in prigione, senza mai parlarle.
Allo stesso modo, l’eufonico titolo Idaho allude alla forza del caso: il nome dello stato americano nasce per un equivoco. Non è chiaro quale sia la sua origine, due ipotesi fantasiose se la contendono. Alla fine il nome viene attribuito a un nuovo stato, non a quello cui era stato originariamente destinato, che verrà poi battezzato Colorado.
La scrittura è densa come i pensieri della narratrice, che si fondono di continuo con quelli – immaginati – di Jane, di Wade, del padre di lui, di ciascuna delle bambine. Così la storia lascia un’impressione di perdita e di malinconia, che l’autrice è molto brava a trasmettere, anche grazie ai versi ricorrenti della canzone strappacuore.
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Idaho di Emily Ruskovich è un romanzo avvolgente, che scopre legami appena accennati, allude a possibili vite non vissute, mostra una rete invisibile di rapporti tra le persone, le cose, i ricordi.
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