Quando Caravaggio parla a noi stessi. “Il dono di saper vivere” di Tommaso Pincio
Un uomo non più giovane, nella cella della prigione in cui è rinchiuso ormai da dieci anni, narra la sua storia. Ci parla, racconta com’era piatta la sua vita di gallerista squattrinato e come è monotona ora la sua vita di detenuto, come è uguale e triste giorno dopo giorno. Neanche i libri che gli porta il suo avvocato, ossessionato da Flaubert, riescono a dargli pace e conforto o almeno a distrarlo dalla vista di quegli “odiati muri”. Al Melancolia, in compagnia dei suoi pensieri fissi, non rimane che scavare nell’io più profondo di sé, ponendosi le seguenti domande: esiste un dono del saper vivere, uno speciale talento nel saper stare al mondo? E che cosa si fa se si scopre che non si possiede queldono?
Quell’uomo ormai rassegnato rimarrà in prigione per altri vent’anni, per un omicidio che dice di non aver commesso. E così, durante i lunghi e cupi pomeriggi che si susseguono, ripercorre i suoi ricordi di giovane studente, delle mattine trascorse nelle sale di Villa Borghese disegnando e lasciandosi affascinare dalle sculture del Canova e più tardi, qualche anno dopo, di impiegato nella galleria dell’Intestino.
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Tuttavia nella grigia galleria il Melancolia non “sfonda”, non sa vendere l’arte e questa sua inettitudine lo porta a riflettere sulla sua inadeguatezza come gallerista e si rende conto che, guardandosi allo specchio, non sa riconoscere se stesso. Poi arriva un “segno” e lui, che non crede nei segni, inizia a pensare che forse vale la pena riportare alla luce l’idea di scrivere un libro su Caravaggio, un’idea che, seppur buttata lì senza pensarci tanto tempo addietro, aveva creato grande aspettativa nel mondo dell’arte e degli artisti di cui faceva parte. E qui la voce del libro cambia: non è più quella del Melancolia ma alla sua subentra la voce dell’autore, di cui il Melancolia non è altro che il riflesso nello specchio, che ci parla appunto di un libro iniziato, ma odiato sin da subito. Che fare dunque? Continuare a scrivere nonostante l’impasse o cestinare il libro e abbandonare l’idea? Al tedio di dubbi continui si sostituisce l’inaspettato e l’incontro fatale con un libro recuperato dalla spazzatura dal titolo Tutta la pittura del Caravaggio. Un segno, per lui che ha sempre provato disprezzo per i segni ma che continuano a presentarsi a lui.
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Il dono di saper vivere di Tommaso Pincio (Einaudi) è un meta romanzo di straordinaria forza e impatto emotivo, reca in sé sia caratteri del romanzo autobiografico, in quanto rappresenta un sincero e a tratti crudo esame di coscienza sul saper vivere e sul tempo che ciascuno di noi impiega per farlo, sia i caratteri del saggio o trattato estetico. L’abilità dell’autore e il grande pregio che riveste l’opera è quella di far funzionare allo stesso tempo diversi generi, creando una prodigiosa armonia tra fiction, memoir e critica riflessiva con un unico tema predominante che fa da sfondo a tutta la narrazione, l’arte e il celeberrimo pittore Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.
Non si tratta tuttavia di un libro sulla vita del Caravaggio, quanto piuttosto di un doppio ritratto, il proprio e quello del “Gran Balordo”, come in uno specchio in cui l’uno si riflette nell’immagine dell’altro. Non a caso è il Melancolia stesso a identificarsi con il Caravaggio e con l’immagine del grande artista ritratto da Ottavio Leoni, la cui effige era stampata sulle banconote da centomila lire italiane. Pincio, con abile maestria e con una scrittura ricercata ed efficiente trascina il lettore, lo sorprende a ogni pagina, lo induce a riflettere e a mettersi a nudo e lo catapulta nel modo dell’arte e nella vita maledetta del pittore. «Questa è la mia esperienza, almeno» –-dice il Melancolia – «Il dono di saper vivere si misura anche da come si resiste alla sciocca tentazione di delegare le proprie scelte a fantomatici segni del destino.»
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Questo dunque ci spinge a pensare che abbandonarsi al caso e aspettare che le cose accadano per inerzia non equivale a “saper vivere”, ma solo a sopravvivere. È dunque un romanzo che pone il lettore dinanzi a molti bivi, in un continuo alternarsi di consapevolezze e insicurezze, di scontri con se stessi.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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