Premio Campiello 2019 – Intervista a Carlo Nordio, Presidente della Giuria dei Letterati
Come è ormai tradizione da qualche anno, la presentazione ufficiale del Premio Campiello, giunto alla sua cinquantasettesima edizione, si è tenuta a Milano nella storica Villa Necchi Campiglio, bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano. Questa è solo una delle molte tappe di quel lungo percorso che differenzia il Campiello dalla maggioranza degli altri premi letterari, in quanto composto da una serie di eventi che si snodano nell'arco di molti mesi, dalle selezioni dei racconti che partecipano alla sezione Campiello Giovani fino alla serata conclusiva del 14 settembre, nel Teatro La Fenice di Venezia dove verrà proclamato il vincitore assoluto, scelto da una giuria di trecento lettori anonimi.
La serata finale sarà trasmessa in diretta da Rai 5 e anche diffusa, in diretta o in differita, in molti altri paesi. I cinque autori finalisti, i cui nomi saranno resi pubblici il 31 maggio a Padova, saranno protagonisti nei mesi estivi di un tour di incontri che li porterà in diverse città italiane.
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In questo momento è al lavoro la Giuria dei Letterati, che è presieduta per il secondo anno consecutivo da Carlo Nordio ed è composta da Federico Bertoni, Daniela Brogi, Silvia Calandrelli, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Luigi Matt, Ermanno Paccagnini, Lorenzo Tomasin, Roberto Vecchioni ed Emanuele Zinato.
Nel corso della presentazione milanese, condotta dal giornalista Giancarlo Leone, abbiamo potuto fare qualche domanda a Carlo Nordio, ex magistrato e scrittore, autore di saggi su temi della giustizia e di alcuni romanzi storici ambientati durante la seconda guerra mondiale.
Di solito i presidenti della Giuria dei Letterati cambiano ogni anno. Come mai lei ha deciso di ricoprire questo ruolo per due anni consecutivi?
Non ho deciso io, ma mi è stato proposto dai presidenti della Fondazione Il Campiello Matteo Zoppas e del Comitato di Gestione Piero Luxardo. L'ho ritenuto un grande onore e una soddisfazione personale, perché significa che l'impegno profuso lo scorso anno è stato riconosciuto.
È un impegno effettivamernte gravoso, perché per valutare i libri segnalati occorre leggerne davvero tanti. Per fortuna quest'anno sono arrivati con largo anticipo, per cui possiamo dire che arriveremo alla fine preparati.
Cos'ha imparato dall'esperienza dello scorso anno?
Mi ha insegnato molto, perché anche se io sono un appassionato lettore e ho una biblioteca di quasi diecimila libri, ero abbastanza a digiuno riguardo alla letteratura italiana contemporanea. A parte alcuni nomi, tanti autori mi erano del tutto ignoti, anche se magari avevano già vinto dei premi, perciò per me è stato estremamente istruttivo avvicinarmi a queste opere, che spesso sono nuove anche nel linguaggio. Uno degli aspetti del premio infatti è l'attenzione all'evoluzione della lingua italiana, che pur restando nell'ambito di una tradizione consolidata, come tutte le lingue deve dimostrare di essere sempre viva e vitale.
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Qual è la maggior difficoltà che si può incontrare facendo il presidente di giuria?
In realtà direi nessuna, perché il dibattito è sempre molto aperto, ed è interessantissimo ascoltare, trattandosi di giurati molto qualificiati, le ragioni per le quali ognuno sceglie un libro piuttosto che un altro.
Il presidente della Giuria dei Letterati è un po' come il presidente di una Corte d'Appello, che anche se fa il relatore deve leggere tutti i fascicoli portati dagli altri: per fare il lavoro seriamente occorre leggere tutti i libri.
Lei, che è anche scrittore, come si sente a stare dall'altra parte della barricata?
Io ho scritto molto, ma stando sempre tra la saggistica giudiziaria e i romanzi storici sulla seconda guerra mondiale, in cui mescolo storia e invenzione narrativa. Non essendomi mai cimentato con il romanzo contemporaneo, in definitiva mi sento molto distaccato e imparziale. Non mi sento certo un concorrente!
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Si arriva facilmente a costruire una rosa comune di finalisti oppure le discussioni sono complesse?
Non è proprio così facile, in effetti, tanto che alla fine occorre ricorrere a delle votazioni come si fa nelle camere di consiglio dei tribunali. Per fortuna – e questo è uno dei pregi del Campiello, che ha fatto della trasparenza la sua carta d'identità – tutto avviene in pubblico, perciò chiunque viene messo in grado di capire perché viene scelto un libro al posto di altri.
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