Premio Campiello 2015 – Intervista al Presidente Roberto Zuccato
Dott. Zuccato, cosa rappresenta il Premio Campiello per lei e come si lega alla sua storia privata, indipendentemente dal suo attuale ruolo di Presidente di Confindustria Veneto?
Seguo da diversi anni il Campiello, in particolare da quando ero Presidente di Confindustria Vicenza. L’ho sempre sentito vicino al mio modo di pensare e di fare come imprenditore, infatti l’attenzione per la cultura è uno degli elementi vincenti della mia azienda.
Confindustria Veneto e il Premio Campiello: perché l’imprenditoria veneta continua a scegliere di investire sulla letteratura?
Crediamo che per essere competitivi e vincenti sui mercati, per avere una visione e trasmettere qualità ai prodotti, la cultura – che è nel DNA di un Paese straordinario come l’Italia – giochi un ruolo decisivo. Questo connubio permette inoltre alle imprese di restituire al nostro territorio quello che riceviamo in termini di sapere e patrimonio culturale. Questo l’impegno di Confindustria Veneto con il Campiello, che ormai si protrae da 53 anni. Il nostro premio è particolarmente significativo perché non solo premia il libro migliore scelto dai lettori, ma anche perché promuove la letteratura in tutta Italia. Con gli incontri itineranti dei finalisti del Campiello ogni anno siamo presenti in molte città, quest’anno 12, e stiamo registrando una grande risposta di pubblico. Queste piazze ci seguono sempre con entusiasmo – penso, ad esempio, a Catania, dove l’anno scorso al Palazzo della Cultura hanno partecipato 630 persone. Ci gratifica vedere come il Campiello, un premio trasparente, stia sempre più conquistando il cuore dei lettori e la sua credibilità cresca ogni anno.
Come accennava poco fa, questa è l’edizione n. 53 del Premio Campiello. Cosa vuol dire attraversare un cinquantennio di storia italiana?
È un risultato importante. La pubblicazione che abbiamo realizzato in occasione dei 50 anni del premio è un libro splendido, dove si ripercorre la Storia dell’Italia. A ogni anno abbiamo dedicato 4 pagine, 2 che raccontano l’Italia dell’epoca e 2 che raccontano il Campiello di quell’edizione. È molto interessante leggere cosa succedeva nel Paese, come il Premio cambiava negli anni e come si modificava anche la nostra organizzazione. C’è stata infatti una grande evoluzione di Confindustria nello strutturare e presentare il Campiello. Ma è rimasta una matrice forte: Venezia. Il Premio ha le sue radici qui, tra Palazzo Ducale e il Teatro La Fenice.
L’Avv. Valeri Manera, promotore del Premio, amava ripetere come uno dei punti di forza del Campiello derivasse dalla selezione affidata a una doppia giuria, quella tecnica per la definizione della cinquina finalista e quella popolare dei trecento lettori anonimi per la proclamazione del vincitore assoluto. Secondo lei, quali sono gli elementi che hanno consentito al Premio di veder crescere la sua importanza con il passare degli anni? È solo una questione di tradizione, oppure c’è anche altro?
La forza di questo Premio sono la trasparenza e la sua non-condizionabilità. A differenza di altri premi le case editrici non possono intervenire. Abbiamo questa doppia giuria, come lei ha ricordato, la prima formata da 10 letterati più un Presidente che cercano, con una votazione trasparente – raccolta ogni anno a Palazzo del Bo di Padova –, di promuovere e selezionare, ognuno con le proprie simpatie, gusti e caratteristiche, il testo migliore, in una sequenza che porta poi alla selezione della cinquina. Devo dire che ho anche verificato la correttezza dei giurati: quest’anno mancano delle case editrici importanti e alcuni di loro scrivono proprio per queste case editrici, perciò è un altro bel segnale che rincuora e dimostra che prevale sempre il giudizio riguardo al valore del libro. Poi, nella fase successiva, i 300 lettori cambiano ogni anno, possono ricoprire questo ruolo una volta soltanto nella vita. Vengono selezionati su tutto il territorio nazionale in base alle diverse categorie sociali e professionali e i loro nomi rimangono segreti fino alla serata finale. Il giudizio dei lettori è insindacabile e anche noi scopriamo durante la serata finale chi è il vincitore. Il voto arriva al notaio in busta chiusa, il quale la apre proprio quella sera. L’emozione è forte.
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Come per tutti i Premi (non solo letterari), ogni edizione si accompagna sempre a nuove polemiche che possono riguardare presunti giochi editoriali o la scelta dei libri. Al di là di tutto questo, se dovesse fare un bilancio della storia del Premio Campiello, cosa segnalerebbe?
Di importante in un Premio come il Campiello ci sono la crescita costante e la presenza sul territorio. La giuria dei letterati seleziona i 5 libri, poi il successo del Premio, anche durante il tour con i finalisti, dipende dalla qualità degli scrittori e delle opere. Avere una certa cinquina di autori fa sì che anche nelle cittàdove il Premio approda si crei una certa vivacità. Vediamo che ogni anno tutto questo esercita un diverso appeal; quello che mi dà più soddisfazione è vedere che di città in città gli scrittori vengono riconosciuti e apprezzati, così come il nostro Premio per la sua trasparenza. È un segnale forte e di gratitudine. Siamo tutti imprenditori impegnati con le nostre aziende e prestiamo con grande passione e gioia questo servizio al Campiello e a Confindustria Veneto.
In tutti i discorsi ufficiali legati al Premio Campiello, lei insiste molto sul valore e sull’importanza della cultura. Quant’è importante, anche in un momento di crisi, continuare a puntare sulla propria formazione?
Noi non possiamo più competere nel mondo con le quantità, come abbiamo fatto in passato, cioè esser stati fornitori di componentistica e di prodotti che non avessero contenuto innovativo. Oggi questi prodotti li fa qualcun altro. Perché il Veneto è ripartito prima di altri? Perché ha saputo ripensarsi. Ora i prodotti che intercettano la domanda più lontana, ma anche la più difficile, sono quei prodotti che hanno un valore aggiunto. Questo plusvalore deve essere ricercato anche nel fare impresa. E tutto deriva dalla cultura. Nel realizzare i miei prodotti discuto con gli architetti e i clienti delle varie parti del mondo, per fare emergere la cultura di provenienza, per far capire che un prodotto non nasce per caso, ma ha alle spalle una certa storia, bellezza. Dietro c’è quindi un disegno. Chi percepisce questo italian style poi ne rimane affascinato per tutta la vita. E per fornire un prodotto vincente dobbiamo soprattutto investire in persone di qualità e alte competenze.
Quanto tempo riesce a ritagliare per la lettura, nonostante i suoi numerosi impegni? E cosa preferisce leggere?
Ho già risposto a una domanda simile che mi ha posto «Il Corriere della Sera» lo scorso anno, ma non sono stato del tutto preciso. Io leggo tutti i giorni, per lavoro devo leggere tantissimo i quotidiani, qualche periodico, ma ho anche 5 libri sul mio comodino. Le mie giornate sono fitte di impegni, leggo quando posso, con grande passione. In qualche fine settimana riesco a immergermi nella lettura per 5-6 ore di continuo, sicuramente mi ci dedico durante l’estate. Ho una predilezione per la saggistica, per via del mio ruolo, e per quel che riguarda la narrativa mi rifugio nel Campiello. Ho già deciso quale libro di questa cinquina leggerò per primo.
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