Premio Campiello 2014 – Intervista a Piero Luxardo, Presidente del Comitato di Gestione
Piero Luxardo: imprenditore, critico letterario, docente di Letteratura Italiana Contemporanea, ricercatore presso il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Padova. Una vita spesa tra l’imprenditoria e la letteratura. Come trovare i giusti equilibri fra le due attività?
Ho insegnato Letteratura Italiana Contemporanea all’Università di Padova fino a metà 2011, quando ho concluso l’attività accademica per raggiunti limiti contributivi. Da quel momento mi sono dedicato a tempo pieno all’attività imprenditoriale anche perché, come spesso accade nelle aziende famigliari, i passaggi generazionali obbediscono anche a ineludibili vincoli di carattere anagrafico. L’incarico al Premio Campiello, di cui sono oltremodo grato a Confindustria Veneto, consente in effetti di trovare un’area di intersezione fra le due sfere di attività.
Confindustria e la letteratura: un connubio che ormai dura da 52 anni. Com’è cambiato questo rapporto nel corso del tempo?
Il Premio Campiello è stato concepito dagli industriali del Veneto a suo tempo come concreta testimonianza dell’impegno civile e culturale del ceto imprenditoriale a beneficio di una collettività e di una regione. Riversare una quota delle risorse generate dal fare impresa a favore della propria gente e della propria terra mi sembra l’obiettivo più lineare e condivisibile. Il Campiello è nel frattempo assai cresciuto, è diventato una delle manifestazioni letterarie più importanti e prestigiose a livello nazionale, costituendo oltretutto un elemento propulsore innegabile per la cultura e l’editoria. Tutto questo grazie soprattutto all’assetto sempre più professionale e mirato che Confindustria Veneto, nel corso degli anni e con apposite risorse, ha conferito all’organizzazione del premio stesso. Potrei sintetizzare dicendo che ormai il Campiello è una delle più prestigiose risorse immateriali, un vero e proprio brand dell’imprenditoria veneta.
Primo Levi, Ignazio Silone, Giorgio Bassani, Mario Rigoni Stern, Gesualdo Bufalino, Antonio Tabucchi, Giuseppe Pontiggia, Dacia Maraini, Ugo Riccarelli: scorrendo i nomi dei vincitori, sembra quasi di poter rivivere la storia dell’Italia e della sua società. Possiamo affermare che il Premio Campiello intercetta anche le trasformazioni in atto nel costume sociale?
Sì, anche se la vecchia concezione “storicistica” dell’arte come specchio della società va doverosamente bilanciata con l’attenzione a fenomeni più attinenti allo specifico letterario. Ci sono anche altre componenti intrinseche all’esercizio di un’attività creativa, come quella di uno scrittore, che è basata soprattutto sul momento estetico ed emotivo più che su quello pragmatico o economico. Non posso fare nomi, ma ricordo che si sono aggiudicati il Campiello autori (ed autrici) che hanno vinto o sono entrati in cinquina grazie al combinarsi di diversi fattori: novità dello stile, evocatività di un mondo fantastico, suggestioni di una peculiare reinterpretazione del reale.
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Una delle obiezioni solitamente mosse al Premio Campiello, così come anche al Premio Strega, è quella di assecondare giochi politici e commerciali promossi dai grandi gruppi editoriali. Sono solo dietrologie giornalistiche sul modello del Festival di Sanremo, oppure qualche pressione viene esercitata? Come si difende il Premio Campiello dalla tossicità lobbistica di chi vorrebbe influenzare la giuria?
Qui devo recisamente controbattere. Non voglio e non devo instaurare paragoni con altre manifestazioni o altri premi letterari, ma il Premio Campiello è davvero “un’altra cosa”. Noi siamo del tutto impermeabili a qualsiasi tipo di condizionamento da parte dei gruppi editoriali, sia per l’indipendenza garantita dal fatto che le nostre risorse sono provenienti tutte dall’interno, sia soprattutto perché il premio viene attribuito in base alle scelte di una giuria anonima di 300 lettori, il cui nome viene reso noto solo dopo l’aggiudicazione, e che oltretutto cambiano ogni anno e non possono esercitare la loro funzione per più di una volta.
Presidente della Giuria dei Letterati della 52a edizione è Monica Guerritore. Non è la prima volta che il mondo del cinema e del teatro incontra il Premio Campiello. Colpisce molto, però, che quest’anno la scelta sia caduta su un’attrice che unisce talento, passione per la letteratura e attenzione alle donne, sia sulla scena sia nel sociale. Possiamo aspettarci qualche novità nella direzione di una rinnovata attenzione alla dimensione femminile, alla luce di episodi di cronaca che si registrano con sempre maggiore rilevanza?
Non è la prima volta che abbiamo una signora come presidente di giuria, e i precedenti di Gae Aulenti, di Susanna Agnelli, di Margherita Hack e di Lina Wertmüller stanno a dimostrarlo. Se è vero che in questo particolare periodo, contraddistinto da inqualificabili episodi di discriminazione e di attacco alla figura femminile, la scelta di una donna alla presidenza della nostra giuria può apparire dettata anche da una legittima volontà simbolica di appoggio e di solidarietà, devo far notare che molte donne fino ad oggi hanno vinto il Campiello o sono entrate nelle cinquine finaliste, e che molte illustri accademiche e donne di cultura fanno parte della nostra Giuria dei Letterati.
La premiazione dello scorso anno, anche grazie a Geppi Cucciari e a Neri Marcorè, ha rappresentato la rottura degli schemi rituali del Premio Campiello in funzione di una conduzione all’insegna dell’ironia. Intendete proseguire lungo questa direzione?
La maggiore disinvoltura che ha contraddistinto l’edizione dell’anno scorso, sia per l’impostazione complessiva sia per la cifra della presentazione, è stata voluta per rappresentare una piccola svolta rispetto alle celebrazioni del Cinquantesimo dell’anno precedente, in cui, anche in ossequio alla tradizione consolidata, ci si era necessariamente attenuti a una formula più celebrativa. Credo che si proseguirà in questa direzione, naturalmente senza rinunciare alla tradizionale eleganza della manifestazione. La premiazione del Campiello al teatro La Fenice a Venezia resterà sempre un evento signorile e di grande visibilità, ma il nostro compito resterà soprattutto quello di premiare la buona letteratura.
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