“Pornokiller” di Marco Cubeddu, una scrittura accattivante e immaginifica
Non è una cattiva idea leggere Pornokiller di Marco Cubeddu (edito da Mondadori) senza conoscere il romanzo d'esordio dell'autore : si preserva la sorpresa del colpo di scena finale. Il ritmo del racconto cresce inesorabile dopo una prima parte abulica, che ruota su sé stessa attorno alla frustrazione del protagonista Carlo Ballauri. Pornokiller è il titolo del suo ultimo film: regista rivelazione del cinema porno grazie ai suoi primi tre film, Carlo precipita dall'olimpo del settore hard quando si sfila dalle tendenze del mercato per applicare la sua intransigenza stilistica, incentrata sulla raffinatezza dei dettagli.
Nato in una famiglia dell'alta borghesia torinese, Carlo sfrutta con incosciente spavalderia i privilegi del suo status, ignorando le convenzioni sociali drogate dal sistema delle raccomandazioni. Dopo aver frequentato la Film Academy a Los Angeles, riscuotendo addirittura la stima di Martin Scorsese, decide di rientrare in patria, a Roma, per girare il film Lolita cyberpunk, massima espressione dei suoi canoni estetici e tentativo di entrare col botto nel cinema “normale”.
La cieca devozione al progetto e la determinazione incrollabile non salvano però Carlo dal disastro, professionale e personale: l'influenza politica ed economica del padre nulla può contro una bravata degenerata in omicidio colposo. L'arresto fa emergere il bipolarismo di Carlo: nonostante avesse tutto quel che desiderava, si è trasformato in un perdente; è un assassino, ma esce dal carcere ammantato del fascino di un eroe romantico, ancora devoto al suo sogno cinematografico.
L'ostinazione di Carlo si riaccende con l'irruzione di una Cappuccetto Rosso dall'aura maledetta, che inserisce un elemento quasi fiabesco nel suo carattere. Se nelle prime pagine di Pornokiller ci appare come il lupo cattivo, tossicodipendente e sbandato, la ricerca della ragazzina svela un'etica da Cacciatore, che vorrebbe salvarla dalle conseguenze di un'adolescenza malata. Carlo ha bisogno di aggrapparsi agli altri personaggi per affermare la propria identità: Erika, l'amica spogliarellista che ascolta le sue deliranti confidenze; Brunilde, la ragazzina che reincarna la musa di vent'anni prima; Vittorio, il collega e complice chiamato a finanziare il nuovo film.
D'altronde Carlo è il regista del film, che non esiste senza gli interpreti, ma è lui stesso un attore, obbligato dalle scelte narrative a un doppio ruolo. L'uso delle indicazioni tecniche tipiche della sceneggiatura suggerisce la presenza di una volontà superiore: è Carlo che vuole pubblicare il dietro le quinte del suo lavoro? I trucchi del mestiere, prima disseminati in maniera sottile e poi esibiti in un finale che sembra sbrigativo, una «pigra soluzione di uno sceneggiatore malpagato», regalano maggior veridicità al racconto oppure confondono la realtà?
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Tramite la sua scrittura, accattivante e immaginifica, Marco Cubeddu trascina il lettore in un vortice: il mondo fuori dal set cinematografico si fa visibile a frammenti, come se emergesse a tratti dal polverone sollevato dall'acceleratore delle rocambolesche avventure di Carlo, talmente esagerate da sembrare – o essere – inventate. Il gioco delle apparenze distorte raggiunge il suo culmine nell'entrata in scena di Giorgio Mastrota, il presentatore televisivo chiamato per interpretare Lolita cyperpunk, deviandolo in un documentario sulla sua vita. Mastrota viene assoldato dal produttore perché è un simbolo dell'Italia, una faccia pulita e rassicurante che «vende speranze» sotto forma di pentole e materassi. Il Belpaese però, immerso nel calderone dei suoi scandali politici, economici e morali, cerca di corrodere un'immagine pubblica esemplare, diffondendo il sospetto del marcio ovunque. In contrapposizione a Carlo, che manifesta un'insospettabile moralità nel non considerare lo «scoparsi le ragazzine la cosa più normale del mondo», Giorgio Mastrota viene mascherato da borderline per solleticare il gusto voyeuristico degli spettatori.
Marco Cubeddu ha uno sguardo acuto, divergente e sardonico sulla storia italiana contemporanea: non è la giovane età a dargli il coraggio e la leggerezza per parlare di temi scomodi, ma la consapevolezza di un mestiere maturo, affinato da Scuola Holden e collaborazioni con varie riviste. Sarebbe stato facile indulgere nella corrente dei sottintesi evocati dal titolo, ma la pornografia più subdola appartiene al genere più popolare: tra citazioni musicali e commerciali, il killer ha ucciso il pop, non il porno.
Dopo C.U.B.A.M.S.C. Con una bomba a mano sul cuore, il suo primo romanzo, Marco Cubeddu allestisce un circo di personaggi grotteschi, contaminati dai consueti moventi di soldi, sesso e sangue che soffocano qualsiasi tentativo di riscatto. I film rimangono incompiuti, i personaggi ricacciati nel cliché che avevano cercato di superare: è la «forma calcificata del senso di morte», fotografia di un'Italia incapace di ribellarsi agli schemi. Perché questo libro non si intitola Lolita cyberpunk? Perché sancirebbe la conquista di una fase più evoluta, nella vita di Carlo e del suo mondo, la concretizzazione dei suoi principi stilistici in fatto di cinema. Invece siamo fermi sull'attimo che precede la riscossa: questa è l'oscenità ripresa da Pornokiller di Marco Cubeddu.
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Commenti
Condivido buona parte del tuo commento, è un libro che mi ha divertito molto intriso di personaggi singolari e situazioni border line raccontati con un stile originale usando a volte dei giochi di parole che rendono interessante la lettura.
Vi lascio la mia recensione.
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