Poeti dal carcere
È possibile conservare l’animo da poeti pur trovandosi in carcere? Stando al Premio Goliarda Sapienza sembrerebbe proprio di sì.
Si chiama “Poesie dal carcere”, infatti, questa sezione speciale del Premio Goliarda Sapienza “Racconti dal Carcere”, di cui abbiamo parlato qualche tempo fa, promossa da SIAE, DAP–Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e inverso Onlus.
Oggi, il poeta Elio Pecora, presidente della Giuria, composta da Edoardo Albinati, Silvia Bre e Roberto Deidier, ha annuncio i due vincitori, di cui possiamo leggere le due poesie.
VIENT di G. Striano, «scritta con una lingua tratta dal dialetto ma risulta del tutto inventata per la qualità del sentimento che la germina e la vivifica» commenta Elio Pecora.
Vient
Iuorn e nott
vient che vott
arap ste port
che veng cu te.
Vient vien stanott
che i t’aspett
m facc liggier
che pozz vulà
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CELLA SESSANTAQUATTRO di G. Allegria, che «unisce forma e sostanza. La sua poesia è composta in quartine risolte con indubbia sapienza ritmica».
Le sbarre alla finestra,
IL blindo sempre chiiuso,
Parlano com’è d’uso
Di strada mala e storta.
Quante volte odi
Strascicare i miei passi?
Insensibile lasci
Pensar la mente assorta.
Io penso, penso, penso:
Alfine sempre torno
A quel che mi sta intorno
Che l’occhio mio sconforta.
«Se la poesia nasce dalla solitudine e dal silenzio – e parliamo di silenzio interiore, di quello che apre spazi interminabili e inquieta e conforta insieme, conclude Elio Pecora – quanto di poesia viene scritto nelle carceri scaturisce da un doppio bisogno: quello di consegnarsi a parole durevoli superando così il rumore e la chiacchiera, e il bisogno di andarsene, grazie a quelle parole, senza impedimenti nel mondo dei liberi».
E se è vero che tutte le poesie, come sostiene Elio Pecora «significano di ricerca di verità e di amore per la scrittura come crescita di sé e come vera intima liberazione», cioè vale senz’altro ancor più per i nostri poeti dal carcere.
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