“Nessuno escluso”, incontro con M.J. Arlidge
La casa editrice Corbaccio ha appena pubblicato Nessuno escluso (traduzione di Giovanni Arduino), il secondo thriller che lo scrittore e sceneggiatore inglese Mattew James Arlidge ha costruito attorno al personaggio dell’ispettrice di polizia Helen Grace, ambientato come il precedente Questa volta tocca a te nella città portuale di Southampton.
Il romanzo racconta la caccia a una misteriosa prostituta che uccide alcuni clienti in modo barbaro e ne squarta i cadaveri, estraendo il cuore per recapitarlo, come un innocuo pacco postale, ai familiari o ai colleghi della vittima, sconvolgendoli doppiamente: per la morte violenta, e per la scoperta che uomini ritenuti irreprensibili frequentassero spesso prostitute.
Dopo aver affrontato nel romanzo precedente una vicenda altrettanto crudele, che l’ha coinvolta anche sul piano personale, l’ispettrice Helen Grace si ritrova a brancolare nel buio di fronte a un serial killer che sembra ribaltare tutti gli schemi consueti. La caccia metterà a dura prova sia Helen, sia gli altri agenti della stazione di polizia che lavorano con lei: non si tratta solo di cercare un assassino, ma anche di destreggiarsi tra le famiglie sconvolte delle vittime e l’assalto dei media, tenendo a bada giornalisti perennemente assetati di notizie e pronti a qualsiasi cosa pur di accaparrarsi uno scoop che potrebbe favorire la loro carriera.
M.J. Arlidge è un simpatico quarantenne inglese che ha incontrato un gruppo di blogger nella sede milanese di Corbaccio, in occasione della presentazione italiana del suo romanzo, rispondendo con molta cortesia e spontaneità alle nostre domande.
In questo romanzo la componente femminile è molto forte sia tra i personaggi buoni che tra quelli cattivi. Come immagina questa parte femminile uno scrittore maschio? E nel caso dei personaggi cattivi, c’è una fascinazione per la crudeltà femminile e la trova diversa da quella maschile?
Mi piacciono i personaggi femminili perché li trovo più complessi. Io volevo fare qualcosa di diverso dal solito, dai criminali uomini in preda a droga e alcool, spiegando perché alcune persone entrano nel mondo della trasgressione: in caso della donna, questo colpisce ancora di più.
In principio ho avuto difficoltà a entrare nella storia per i frequenti riferimenti al romanzo precedente. In passato grandi giallisti come Agatha Christie o Georges Simenon avevano personaggi seriali, ma non c’erano collegamenti espliciti da un libro all’altro, mentre oggi si punta a una lettura continua. Non pensa che un lettore si scoraggi, scoprendo che un libro appena uscito e potenzialmente interessante è il quarto o quinto di una serie, al pensiero di dover leggere per forza anche i precedenti per riuscire a comprendere meglio i personaggi?
In effetti questo ha determinato un lungo dibattito tra Penguin, la mia casa editrice, e me, perché non mi piacciono i libri con personaggi seriali slegati tra loro, li trovo poco realistici. La vita è un continuum e se a un personaggio accade qualcosa di terribile in un libro penso che sia inevitabile che questo si ripercuota sulla sua vita successiva. Naturalmente bisogna trovare un buon equilibrio per non scoraggiare il lettore.
Il titolo originale di Nessuno escluso è Pop Goes the Weasel, mentre quello di Questa volta tocca a te era Eeny Meeny: si tratta di due filastrocche infantili inglesi. Perché questa scelta curiosa, in contrasto con il contenuto forte dei libri?
In effetti mi sembrava molto sinistro associare la storia di un serial killer a una filastrocca, ma se ci pensate anche le parole delle filastrocche infantili sono spesso sgradevoli e cattive. Con quella che dà il titolo al primo romanzo i bambini decidono a chi tocca fare qualcosa (e i personaggi presi di mira dal killer devono appunto scegliere per salvarsi la vita), mentre nella seconda ricorre il tema della morte.
Jeffrey Deaver ha detto «da anni aspettavamo un personaggio come l’ispettore di polizia Helen Grace», ma la narrazione del suo libro è di stampo tradizionale, mentre Deaver alterna colpi di scena inaspettati a descrizioni minuziose di particolari reperti. Cosa ne pensa?
Ognuno scrive come si sente. Io ho un passato televisivo e sono influenzato dal lavoro di sceneggiatore. In tv, soprattutto in quella americana, conta soprattutto la storia, che deve prevalere su tutto, mentre lo stile inglese cura di più i personaggi e l’ambientazione. Io volevo scrivere una storia che il lettore non potesse smettere di leggere, con capitoli brevi e passaggi veloci.
Lei ha una società di produzione specializzata in serie thriller. Qual è la differenza tra scrivere sceneggiature e romanzi, perché un conto è raccontare di un cuore squartato e un altro mostrarlo sullo schermo?
Sono due mezzi molto diversi tra loro che condividono alcune cose: il bisogno di un buon personaggio e di una buona storia. Preferisco il romanzo perché lo posso manipolare di più, essere meno preciso. La serie televisiva la vedi in compagnia, il libro è un’esperienza solitaria e sei tu a immaginarti le cose: questo rende i libri così unici e per questo ti prendono così tanto, e continueranno a essere importanti.
Come ha avuto l’idea del rapporto tra Helen e Jake, da cui l’ispettrice si fa punire masochisticamente di tanto in tanto?
Io volevo che la protagonista fosse interessante, ma il mio problema è che amo i personaggi cattivi, mentre quelli buoni di solito mi annoiano. Quando ho letto i romanzi di Stieg Larsson ho trovato affascinante il personaggio di Lisbeth Salander, cacciatrice più interessante del ricercato. Helen le assomiglia, anche se è più vecchia e ha meno problemi psicologici. E siccome i poliziotti uomini che bevono sono un cliché, l’ho fatta astemia, ma con il suo lato nero nella ricerca di controllo del dolore.
In Italia siamo più portati a scegliere copertine dei libri rassicuranti, anche se poi aprendoli troviamo storie crude. Esiste secondo lei un’estetica del delitto? La trova aberrante?
La verità è che nelle serie tv e nei romanzi i serial killer sono resi romantici, ma la vita è ben peggiore e brutale. Da lettori ci piace leggere certe storie perché in realtà ci piace avere paura, e poi vogliamo capire cosa porta le persone a trasgredire.
È difficile scrivere una storia su personaggi che hanno subito traumi pesanti in precedenza, come Helen e la sua aiutante Charlie?
Charlie ed Helen sono personaggi complementari. Helen è chiusa e incapace di costruire rapporti con gli altri, mentre Charlie vorrebbe una vita normale: un compagno, una famiglia, dei figli. Messe insieme formano un personaggio completo, almeno nella mia testa, e forse un giorno saranno entrambe felici.
Inventa personaggi sia positivi che negativi per interessare di più il lettore o per non stancarsi?
Mi piacciono i mondi in cui nessuno è completamente innocente, dove tutti hanno qualcosa da espiare, perché la vita reale è così. Ognuno ha il suo lato segreto e oscuro.
In Nessuno escluso c’è una critica feroce al mondo del giornalismo, rappresentato dal personaggio di Emilia, spregiudicata al punto di devastare la vita dei sopravvissuti.
Mentre stavo scrivendo questo libro ci sono stati tanti scandali legati alle intercettazioni telefoniche. In Inghilterra, il giornale di Murdoch, News of the World, è stato costretto a chiudere a causa di un giornalista che aveva intercettato i messaggi che si scambiavano i membri della famiglia di una ragazza rapita e uccisa da un killer, causando uno scandalo enorme. Il personaggio di Emilia in fondo mi piace perché, come Helen, è forte e non si ferma davanti a niente, ma è vero che troppi giornalisti superano i limiti.
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Dai suoi romanzi si deduce anche che è sempre più difficile costruire legami significativi, mentre anche attraverso i social network sembra facilissimo avere rapporti a pagamento.
Sì, esistono tanti modi di essere collegati, eppure la gente è sempre più sola. Internet ci offre enormi possibilità ma a volte rende anche la vita più triste. Su Facebook, ad esempio, tutti sembrano mostrarsi felici, ma sappiamo che non è così.
Quanto le piace contare sull’effetto sorpresa, e scoprire il male in contesti che la nostra mente scarterebbe a priori?
Tutti noi siamo un misto tra bene e male, e lo vediamo ogni volta che emerge uno scandalo: tutti hanno dei lati oscuri e anche il peggiore dei serial killer conserva un grammo di umanità. Mi piace che il lettore provi una qualche empatia anche con i personaggi peggiori, ed è quello che cerca di fare Helen Grace.
Lei fa lo sceneggiatore e lo scrittore: nel momento in cui scrive un romanzo lo vede già come produzione televisiva e viceversa, oppure le due attività rimangono per lei separate?
Io scrivo solo gialli sia per la televisione, sia come romanzi. Per la produzione tv a cui lavoro attualmente, Silent Witness, ci serviamo di tanti consulenti ed esperti, grazie ai quali acquisisco conoscenze che poi mi vengono utili per i romanzi. È anche vero che nella mia narrativa seguo un po’ il ritmo delle sceneggiature televisive, con vari punti di vista e dialoghi serrati. Non per niente mi dicono che il mio stile è molto più americano che inglese!
Da dove parte per scrivere un romanzo?
Io parto dal finale, perché non c’è niente che mi dia più fastidio del finale deludente di un libro, e faccio un gran lavoro di pianificazione. Quando inizio a scrivere, so già cosa dovrà succedere in ogni singolo capitolo. Naturalmente mi capita di deviare ogni tanto, ma devo già sapere come andrà la storia.
Qual è il momento della giornata migliore per scrivere?
Ah, quando i figli sono a scuola! Sono disciplinato: inizio alle nove del mattino e lavoro finché riesco. Non potrei mai dormire fino a tardi e cominciare a mezzogiorno, o scrivere di notte.
Cosa pensano le lettrici di uno scrittore maschio che descrive tanti personaggi femminili?
Il più bel complimento che posso ricevere è quando leggo recensioni su Amazon che parlano di me come autrice, conoscendo solo le mie iniziali. Anche ai festival mi è capitato di dovermi presentare perché aspettavano una donna, e la cosa non mi dispiace.
L’Inghilterra ha avuto e ha tuttora molti scrittori di gialli: qual è il rapporto con loro, di collaborazione o rivalità?
Eravamo un Paese molto potente e forse lo siamo ancora dal punto di vista culturale, con una grande tradizione letteraria e grandissimi scrittori, ma anche tanta concorrenza. Devo dire che molti scrittori americani hanno parlato bene di me, ma nessun inglese: forse non vogliono incoraggiare i concorrenti.
I suoi scrittori preferiti?
Patricia Highsmith, J.G. Ballard, Thomas Harris, gli autori che ci parlano di un mondo a pezzi, di paradisi perduti. Mi piacerebbe dedicarmi alla storia e forse lo farò quando avrò esaurito le vicende di Helen Grace.
Sa già quanti saranno i romanzi con Helen Grace?
Alla Penguin ho presentato un progetto per sette romanzi, ma se il personaggio continuerà a piacere potrebbero essere di più, vedremo col tempo.
Cosa ne pensa dei lettori di oggi? In Italia si legge poco, e in Inghilterra?
In Inghilterra si legge moltissimo. Helen Grace è molto amata da un pubblico giovane, da adolescenti e giovani donne a cui piacciono personaggi femminili forti. Ci sono giovani lettrici che mi scrivono su twitter anche se io non seguo molto i social. Abbiamo il problema del calo delle librerie, soprattutto a causa della diffusione di Amazon.
Come vede qui siamo quasi tutte donne: perché gli uomini leggono meno delle donne?
Non ne ho idea, ma so che anche nelle case editrici gli uomini sono in netta minoranza. Le donne sono senza dubbio più affascinate dalle storie, ed è raro che una donna dica che non ha mai letto un libro, mentre un uomo te lo dice persino con orgoglio.
Che attrice vedrebbe nel ruolo di Helen Grace?
Domanda difficile, perché ognuno se ne è fatto un’idea personale. La BBC sta iniziando a lavorare a una serie tratta dai romanzi e ha fatto il nome di Charlotte Gainsborug, che ha interpretato personaggi particolari come quelli dei film di Lars von Trier. Se lanci questa domanda su Twitter potresti avere mille risposte diverse. Per me è naturale farlo perché io appartengo alla tv ma è vero che la gente, se si costruisce un’idea del personaggio leggendo, a volte rimane delusa dalla trasposizione cinematografica.
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