Moby Dick nella personale interpretazione di Orson Welles
Moby Dick. Prove per un dramma in due atti (Italo Svevo, 2018 – traduzione di Marco Rossari) è la nuova chicca letteraria che appare nella "Piccola biblioteca di letteratura inutile", la pregevole collana editoriale diretta da Giovanni Nucci con cui nel 2016 è rinato lo storico marchio Italo Svevo: una serie di volumi di piccolo formato, molto curati e stampati su carta pregiata, per far conoscere ai lettori testi letterari, ma non strettamente narrativi, di autori italiani e stranieri.
In questo caso ci troviamo di fronte a un copione teatrale che Orson Welles scrisse ispirandosi al celebre romanzo di Herman Melville, da cui era da sempre affascinato e, forse, anche in parte ossessionato. Dopo aver messo in scena nel 1955 uno spettacolo basato su questo copione oggi ristampato, girò infatti anche un film, rimasto però incompiuto e poi andato perduto. E non si può dimenticare la sua partecipazione come attore (nel ruolo del predicatore padre Mapple) alla celebre versione cinematografica diretta nel 1956 dal grande regista John Huston, in cui Gregory Peck impersonava il capitano Ahab.
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In Moby dick. Prove per un dramma in due atti Welles racconta le vicende di una compagnia teatrale londinese che, sullo stesso palcoscenico dove ogni sera mette in scena il Re Lear di Shakespeare, deve impegnarsi durante le ore pomeridiane a provare una riduzione teatrale del celebre romanzo di Melville.
Gli attori accolgono perplessi questo nuovo lavoro. Alcuni, francamente disorientati, si chiedono come sia possibile riuscire a fornire agli spettatori l'idea di una balena, di una grande nave, di una tempesta marina nello spazio ristretto di un palcoscenico teatrale, ma poi cedono agli ordini dell'impresario, che ha deciso di tenere per sè il ruolo del capitano Ahab, e non importa se i personaggi a cui dare voce sono in numero superiore agli attori disponibili: ognuno di loro ne impersonerà più di uno.
Attraverso l'intervento di Orson Welles la prosa già intensa di Melville assume ritmi poetici, da tragedia shakespeariana, mentre sotto i nostri occhi un palcoscenico vuoto diventa davvero l'oceano e gli attori in abito borghese si trasformano in marinai ottocenteschi, affacendati nelle manovre necessarie a governare la baleniera Peqod.
La balena Moby Dick, pur non comparendo mai, domina con la sua presenza ossessiva i discorsi sempre più allucinati dell'impresario-Ahab, tratteggiando una grandiosa e continua inversione dei ruoli: diventa assai difficile stabilire chi sia il cacciatore e chi la preda in questo interminabile duello tra l'inafferabile cetaceo e l'invasato capitano.
Moby Dick. Prove per un dramma in due atti è un documento interessante per scoprire la personalissima visione teatrale di Orson Welles, senza dubbio uno dei registi più originali del ventesimo secolo, ed è un vero peccato che non sia giunta fino a noi la versione cinematografica di un lavoro così particolare, in cui si può cogliere anche qualche tratto pirandelliano. Lo spaesamento iniziale degli attori, che vagano incerti e smarriti sul palcoscenico vuoto, fa pensare ai Sei personaggi in cerca d'autore e, più in generale, a tutte quelle opere che giocano sul contrasto tra realtà e finzione scenica, che è stato uno dei grandi temi della drammaturgia novecentesca.
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La scelta di Italo Svevo di pubblicare questo piccolo testo rimasto nell'ombra per decenni si rivela quindi molto felice: sia i cultori del grande romanzo di Melville, sia gli estimatori del talento eclettico di Orson Welles e della sua vasta produzione artistica, cinematografica e teatrale apprezzeranno di sicuro Moby Dick. Prove per un dramma in due atti.
Per la prima foto, copyright: Peter Lewicki su Unsplash.
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