“Magellano”, storia di un uomo e del suo viaggio. Intervista a Gianluca Barbera
È dedicato a Magellano l’ultimo libro di Gianluca Barbera, critico letterario de «Il Giornale», direttore editoriale della casa editrice Theoria e già autore di romanzi e saggi come Finis mundi (Gallucci), Braviario universale (Barney edizioni) e La truffa come una delle belle arti (Aliberti compagnia editoriale).
Pubblicato da Castelvecchi, Magellano è il resoconto della spedizione per le Isole delle Spezie, iniziata dal navigatore portoghese nel 1519. La particolarità del romanzo però sta nel fatto che a raccontare tutto non è Magellano in prima persona, ma Juan Sebastián del Cano, reo confesso in apertura di libro di aver usurpato i meriti di Magellano a proposito della riuscita del viaggio.
E proprio da qui abbiamo iniziato la nostra chiacchierata con Gianluca Barbera.
Lei ha scelto di far raccontare la storia di Magellano da Juan Sebastián del Cano. Quali ragioni l’hanno spinta a optare per questa impostazione anziché lasciar parlare Magellano in prima persona?
Magellano è anche la storia di un tradimento. E a raccontare è il traditore. Dal punto di vista drammaturgico il romanzo ci guadagna. Del resto, Magellano non avrebbe mai potuto raccontare questa storia, come scoprirà il lettore.
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Nel prologo del libro, Juan Sebastián del Cano confessa di aver usurpato i meriti di Magellano e di voler dunque ristabilire la verità. In sostanza lei fa raccontare la storia di Magellano da un usurpatore. Qual è stata la sfida più grande che ha dovuto affrontare da questo punto di vista sul piano della narrazione?
Del Cano c’est moi. Come carattere, intendo. Non per quanto riguarda le gesta. Dunque è stato facile costruire quel personaggio. Sul piano storico di lui restano pochissime tracce. Perciò gli ho dato in miei tratti. In Magellano invece ho raffigurato un mio grande antagonista, un mio ex datore di lavoro che trovo gli somigli parecchio, caratterialmente. Un vero figlio di buona donna, diciamo così. Non che io sia uno stinco di santo, beninteso.
Il romanzo racconta la spedizione di Magellano per le Isole delle Spezie, che ha inizio nel 1519. Che idea si è fatto delle ragioni che spinsero Magellano verso quest’avventura?
Non ci sono dubbi sul fatto che Magellano fosse guidato dal desiderio di arricchirsi e di dare lustro al suo nome, alla sua casata. Come era stato per Colombo. Salvo eccezioni, all’epoca non ci si imbarcava in simili imprese (che richiedevano cospicui finanziamenti) per spirito di avventura o desiderio di conoscenza: quelle sono idealizzazioni, pulsioni moderne. Perfino Dante bara attribuendo a Ulisse il desiderio di perseguire virtù e conoscenza attraverso le sue peregrinazioni. E Marco Polo sarà anche stato mosso da curiosità, ma i Polo erano prima di tutto dei mercanti. Lo stesso dicasi per i vari de Varthema, de Gama, Vespucci, Caboto, Carletti. Nel romanzo la figura più vicina a noi per sensibilità è Pigafetta, l’unico a essersi imbarcato per il gusto dell’avventura e mosso dalla curiosità di conoscere il mondo. È grazie alla sua dettagliatissima relazione se abbiamo potuto sapere così tanto di quella spedizione, specie gli aspetti naturalistici ed etnografici.
Molti romanzi storici usciti di recente o di prossima pubblicazione pongono l’attenzione sul Cinquecento. Perché secondo lei questo secolo attira l’attenzione di così tanti scrittori? E nel suo caso ha prevalso l’attenzione per il periodo storico o per il personaggio Magellano?
Noi italiani siamo stati i primi della classe due volte nella storia: in epoca romana e durante il Rinascimento. Ovvio che vi sia interesse per quei periodi storici, sui quali del resto è da sempre vivo l’interesse degli studiosi di tutto il mondo. Personalmente prediligo i periodi di decadenza, più complessi. Comunque un romanzo può dirsi perfettamente riuscito solo se sa mettere in scena personaggi memorabili. Pensate a Long John Silver de L’isola del tesoro. Spero di esserci riuscito.
Magellano è insieme un romanzo storico e d’avventura. Cosa significa per uno scrittore lavorare all’interno di due generi con una tradizione così lunga? Quali sono i rischi e gli errori assolutamente da evitare?
Magellano è più un romanzo d’avventura. All’interno di una ricostruzione storica che ho curato con maniacale precisione, ho inserito tuttavia alcune falsificazioni, a tutto vantaggio della narrazione, della drammaturgia. Ho scelto di far raccontare la storia a uno dei protagonisti non solo perché il monologo torrenziale è la forma che più mi è congeniale e che nel caso specifico meglio si adattava ai miei scopi, ma anche per evitare i rischi che comporta la narrazione in terza persona, specie quando si affrontano periodi storici lontani da noi. È, come dicevo, soprattutto un romanzo di avventura, i cui modelli sono rintracciabili nelle opere di Melville, Conrad, Stevenson, Salgàri, Defoe, London, Verne, Poe. Insomma, gli stessi del celebre racconto Otto scrittori di Michele Mari, a cui mi accomuna un certo immaginario. Lo confesso: non mi dispiacerebbe affatto se qualche critico mi paragonasse a Salgàri; o mi accostasse a Stevenson.
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Un viaggio come quello di Magellano, lungo e pericoloso, è molto lontano dall’immaginario comune, abituati come siamo a concepire il viaggio come spostamento per colmare una distanza in tempi brevi. Magellano sarebbe visto con una certa curiosità, magari se ne parlerebbe come di un personaggio curioso, forse folcloristico, che parte alla ricerca dell’avventura. Invece cosa può dirci davvero Magellano?
La sola parola “Magellano” seduce. Magellano è un mito intramontabile. L’uomo che si spinge oltre i propri limiti, contro tutto e tutti. E che alla fine, come accade ai grandi eroi, fallisce. Anche se solo sul piano personale, perché l’impresa riesce (ma senza di lui). Il mondo per la prima volta viene circumnavigato. Si ha la prova definitiva della sfericità della Terra. Si apre una nuova via di comunicazione tra Occidente e Oriente. E si possono rifare tutte le carte geografiche ridisegnando il mondo in modo assai più coerente. Insomma, proprio come per il primo allunaggio, un piccolo “passo” per un uomo (si fa per dire), ma un grande passo per l’umanità.
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