“Luna di miele con nostalgia” insieme a Molly Antopol e ai suoi UnAmericans
Luna di miele con nostalgia è il bel titolo di una raccolta di racconti, opera prima dell’americana Molly Antopol, appena pubblicata da Bollati Boringhieri nella traduzione di Costanza Prinetti. Come spiega il titolo originale della raccolta, The UnAmericans, l’americana Antopol racconta storie di chi americano non è, o non è considerato tale, o fa fatica a diventarlo.
Antopol, significativamente, oltre a essere il cognome dell’autrice, è il nome di un piccolo e dimenticato villaggio della Bielorussia, Paese d’origine della sua famiglia. La bisnonna della Antopol lo aveva abbandonato nel 1910 per cercare fortuna a New York, dove era diventata la capostipite di una famiglia di «UnAmericans» che con la Bielorussia e il villaggio di Antopol non avrebbero avuto più nulla a che fare, almeno per un paio di generazioni. Fino a quando, cioè, la pronipote Molly non avrebbe deciso di mettersi a indagare sulle origini della propria famiglia e di altre come la sua: famiglie di ebrei ucraini, cechi, o russi, sradicati dall’Europa e trasformatisi pian piano in americani, sempre con molta fatica.
In parte frutto di queste indagini e ricerche sono i racconti di Luna di miele con nostalgia, ambientati ora in America, ora in Europa o Israele, tra il secolo scorso e il nostro. Con il loro tono spesso ruvido e spiritoso, ti afferrano e ti trasportano da una lavanderia di Brooklyn alle strade piovose di Kiev, dal giardino di palme di un kibbutz ai caffè e le librerie polverose di Gerusalemme. E poi dagli anni della resistenza ai nazisti nell’Est Europa occupato, all’America maccartista a caccia di «Un-Americans», alla routine di guerra tra Israele e Palestina.
«Nessuno ha voglia di ascoltare un uomo lamentarsi delle sue notti solitarie – me compreso», comincia la prima storia. È per questo che dopo il divorzio dalla moglie, Howard Siegel, l’attempato proprietario di una catena di lavanderie a Brooklyn, si decide ad abbordare una nuova cliente dall’accento russo. Sveta a essere precisi è ucraina, come lo era stato il nonno di Howard, anche se lui l’Ucraina non sa nemmeno dove sia, e per far colpo sulla bella Sveta esalta Kiev come «la perla del Baltico.» Si butta però a capofitto in una storia d’amore brevissima e un po’ rocambolesca, che lo catapulterà prima nella terra d’origine sconosciuta e infine, recalcitrante, tra le braccia consolatorie della religione dei suoi padri, fino ad allora strenuamente rifiutata.
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Con Eroismi inutili siamo in Israele e assistiamo allo scontro fatale tra due fratelli: il maggiore forte e coraggioso, eroe (proprio malgrado) dell’esercito israeliano nei territori occupati; il minore invece eroe di un’unica impresa, rivelatasi inutile e presto dimenticata. In questa storia la migrazione segue la direzione opposta, da est a ovest. Dopo il servizio militare, l’eroe inutile in Israele decide di lasciare la fattoria di famiglia sottraendosi al rapporto logorante col fratello, per cominciare una nuova vita in California.
Spesso i personaggi di queste due storie sembrano inseguire ciecamente la propria felicità, senza fermarsi a pensare, o curandosi poco dei sentimenti di chi sta loro accanto.
Una simile cecità caratterizza anche i protagonisti di altri racconti. Nell’Uomo più silenzioso, un dissidente fuggito da Praga diventa un’effimera celebrità in un’università del Vermont, prima che il crollo dei regimi dell’Est Europa lo renda superato, e fama e onori passino a un nuovo profugo dell’ex Jugoslavia. Tutto preso dapprima a recitare il ruolo dell’eroe, e poi a lottare per mantenersi a galla nel mondo accademico americano, l’uomo trascura del tutto i desideri della moglie, che fatica ad adattarsi alla vita in un Paese straniero, e riconosce troppo tardi che è la figlia il vero talento della famiglia.
Dunque spesso la fatica di sopravvivere, di adattarsi, rende l’amore superfluo, trascurabile, oppure solo un’ancora di salvezza, una via per andare avanti. Durante l’occupazione nazista dell’Ucraina, la giovane protagonista di La nonna mi racconta una storia, in fuga perché ebrea, si ritrova per caso tra i combattenti della brigata di resistenza Yiddish Underground. Col solo scopo di sopravvivere, diventa la compagna bambina di un altro combattente, ma si indurisce a tal punto da commettere atti di crudeltà gratuiti contro i civili, atti che cercherà di dimenticare, ma che la nipote, anni dopo, insisterà che racconti sempre di nuovo.
Tra tanti i racconti che guardano indietro, il più ottimista, nonostante il titolo, è Una fase difficile, ambientato in una Tel Aviv bella e piena di luce. Talia, una giovane reporter, è tornata a vivere con i genitori dopo un’esperienza da inviata in Ucraina. È insoddisfatta e non vede l’ora di lasciare Israele per tornare a lavorare. Si sente come in pausa dalla vita vera, ma è proprio in questa fase di attesa, di fuga da ogni impegno, che conosce Tomer e sua figlia Gali, due persone che reclamano la sua attenzione e il suo affetto.
La descrizione di angoli di Tel Aviv rende bene un senso di spensieratezza, nuove possibilità ed energia. Quando Talia incontra Tomer, tutto è «luminoso, accecante e fin troppo nitido, come la mattina, dopo una nottata alcolica, alla prima luce del giorno: il cielo senza una nuvola, l’asfalto luccicante, i pezzetti di carta argentata sui capelli di una donna nella vetrina di un parrucchiere.»
In questa storia, come in altre della raccolta, Luna di miele con nostalgia di Molly Antopol ha il pregio di afferrarci e scaraventarci nel mondo dei suoi personaggi.
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Commenti
Bella recensione. Grazie per avermi presentato questa nuova autrice.
Grazie, ne sono proprio contenta.
Monica
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