Lucrezia Borgia e Isabella d'Este, "Le nemiche” raccontate da Carla Maria Russo
È uscito il 19 ottobre Le nemiche, il nuovo romanzo di Carla Maria Russo, edito da Piemme, che ci racconta le vicende storiche che portarono a incrociare le vite di due donne celebri del Rinascimento italiano, Isabella d'Este e Lucrezia Borgia. Nella cornice fastosa delle corti italiane al principio del '500, fra intrighi politici e sentimentali, l'autrice ci racconta due donne molto diverse tra loro, unite dal matrimonio combinato dal papa Alessandro VI Borgia tra la figlia Lucrezia e Alfonso, erede del ducato di Ferrara e fratello di Isabella, ma destinate a odiarsi per tutta la vita. Giunta all'ottavo romanzo, Carla Maria Russo offre come sempre ai suoi affezionati lettori una fedele ricostruzione storica e una trama accattivante, ricca di colpi di scena ma basata sulla massima fedeltà possibile a quanto ci è stato tramandato di questi personaggi realmente esistiti.
Abbiamo intervistato l'autrice nel corso di un pomeriggio trascorso con lei in una pasticceria milanese.
Come sceglie le storie dei suoi romanzi?
Perché una storia mi piaccia da raccontare deve possedere almeno due criteri speciali: una vicenda fortemente emotiva, un protagonista o una protagonista che sia una persona che si stacchi dal conformismo sociale, con una personalità forte e originale. Il romanzo storico mi piace perché mi porta in epoche in cui la sfida al conformismo sociale è più forte, e siccome questo tipo di sfida è molto più difficile per una donna, le protagoniste femminili mi appassionano di più. Come terza cosa, la storia deve trattare temi vicini alla sensibilità dei lettori di oggi.
Il mio primo romanzo, La sposa normanna (Piemme, 2004), affrontava il tema della maternità e di quanto possa modificare la vita di una donna, mentre La bastarda degli Sforza (Piemme, 2015) parla di tutte le forme di violenza sulle donne, fisica, morale e psicologica, e L'amante del Doge (Piemme, 2008) è una donna che si ribella al matrimonio convenzionale.
Questo libro affronta un tema che non avevo ancora toccato, l'inimicizia e l'ostilità tra donne. Prima avevo scritto magari di solidarietà tra donne, ora parlo del contrario.
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In queste storie di donne forti ci sono moltissimi legami con l'attualità. Nel momento in cui inizia il suo lavoro su una nuova storia questi parallelismi entrano in gioco anche in fase di scrittura?
Assolutamente sì. Quando mi attrae una storia, oltre alla passionalità mi attrae un tema. Io non scrivo mai biografie, ma narro una vicenda accaduta nella vita di qualcuno, di cui mi piace la tematica. Il tema dell'inimicizia tra donne è molto sottile e mi ha permesso degli approfondimenti psicologici notevoli, ma è anche un argomento molto attuale nella società in cui viviamo oggi.
Isabella d'Este è una donna dal carattere molto forte, profondamente rinascimentale. Il suo amore per il bello è ricerca della perfezione, in senso classico, mentre per Lucrezia Borgia diventa soprattutto ostentazione del lusso.
Isabella non ama il potere per il potere: vuole guidare Mantova perché sa di essere più intelligente del marito, ma soprattutto vuole salvare il regno per il figlio. È una donna pragmatica, perfino cinica nel raggiungimento dei suoi scopi, molto conscia della sua dignità che la porta a non cedere mai di fronte al marito.
Lucrezia, invece, è una persona molto più semplice e schietta.
Come si entra nel cuore e nella mente di personaggi storici veramente esistiti?
Questo fa parte, secondo me, delle capacità che deve avere uno scrittore. Quando t'innamori di un personaggio, lo devi prima di tutto capire a fondo, e poi guardarlo dal di fuori, senza giudicarlo. Commetti un grave errore se pretendi di giudicarlo.
Per capire a fondo un personaggio devi sapere tutto, ma propio tutto di lui e della società in cui vive o ha vissuto: come si vestiva, come mangiava, dove abitava.
Il tuo momento storico pesa sulla tua vita, quindi devi conoscere il momento storico dei personaggi che vuoi raccontare.
Quando senti di conoscerlo a fondo, devi immedesimarti nel soggetto e creare la sua personalità in base ai dati acquisiti. Tu sei come un regista che deve rendere bene le caratteristiche dei personaggi, buoni o cattivi che siano, senza giudicarli, ma mostrando al lettore le loro psicologie. Giudicando si tende a occultare il male ed esaltare il bene, o viceversa. Le mie protagoniste non sono eroine, hanno pregi e difetti come tutti.
Capita che uno scrittore lasci qualcosa di sè nei suoi personaggi. Succede anche a lei?
Sì, certo. I libri sono sempre autobiografici, perché quando tu scegli una storia lo fai perché ti appassiona. Io sono una persona molto emotiva e mi appassiono alle storie molto intense e passionali, emotivamente forti. Mi attraggono determinati personaggi, forse perché vorrei avere il loro coraggio, persone con valori anche molto forti.
A sedici anni nutrivo una vera passione per Farinata degli Uberti. Quando, a un certo punto della mia vita, ho potuto dedicarmi alla ricerca storica, sono partita da lui, consultando testi antichi difficili da trovare e ho incontrato un personaggio davvero affascinante. Il tema del libro che ho scritto su di lui, Il cavaliere del giglio (Piemme, 2006), è se sia giusto o no sacrificare tutto per coerenza assoluta alle proprie idee.
Questo non vuol dire che tu autore sei identico ai tuoi personaggi, ma che essi hanno dei tratti che ti affascinano e ti coinvolgono a fondo.
Un autore parla sempre di sé, anche quando scrive un romanzo fantasy, e questo ce l'ha spiegato J. G. Ballard, che dopo aver inventato assurdi mondi distopici ha scritto un libro, L'impero del sole (Feltrinelli, 2007), che è diventato la chiave per capire tutti i suoi romanzi precedenti, in quanto raccontava l'inferno vissuto con la famiglia nella prigionia in un campo di concentramento giapponese durante la guerra. Certi orrori che aveva descritto come immaginari in realtà erano accaduti veramente sotto ai suoi occhi.
Questa inimicizia tra Isabella e Lucrezia si ritrova nelle fonti storiche?
Sì, certamente. C'è storia e storia, perché quando parliamo di fonti ufficiali parliamo sempre di fonti molto manipolate. Non dimentichiamo che gli storici scrivono sempre su committenza, sapendo bene che ciò che scrivono deve piacere al sovrano del momento: si edulcora, si manipola.
La storia, tra l'altro, la scrivono i vincitori e i maschi, nessuno ti racconta mai il punto di vista delle donne. Sulle lettere ufficiali c'è sempre un controllo delle censure, ma a volte capita di trovare messaggi non ufficiali che ti raccontano molto dei personaggi.
È significativo, ad esempio, che Isabella d'Este, che era in corrispondenza con moltissime persone, non abbia mai scambiato lettere con la cognata Lucrezia, e questo è un elemento che rafforza l'idea che tra loro i rapporti fossero pessimi.
I documenti vanno sempre interpretati, come del resto fanno gli storici di professione. Io faccio la stessa cosa, cerco di andare oltre il dato storico per costruire il mio personaggio.
Ci sono sempre una storia ufficiale e una storia segreta. Ci sono, ad esempio, i cronisti dell'epoca, che a volte raccontano fatti che non si trovano nei documenti ufficiali, compresi i pettegolezzi.
Gli storici spesso non prendono in considerazione quanta importanza abbiano negli avvenimenti le passioni umane. Pensate ai tanti tradimenti che compaiono nelle vicende storiche: amore, odio, potere, si scontrano in continuazione.
Il filo conduttore dei suoi libri sembra essere una riscrittura della storia al femminile, nel senso di far conoscere ai lettori persone e vicende messe da parte proprio perché la storia che conosciamo è stata scritta dagli uomini.
Il mio primo scopo, quando inizio un libro, è narrare la bellezza della storia che mi ha affascinato. Non ho scopi didattici, ho solo il piacere di raccontare una storia fortemente emotiva, ma non c'è dubbio che si possano raggiungere altri obiettivi.
Studiando queste donne mi sono resa conto che le loro ragioni non sono mai riportate. Nel caso di Caterina Sforza, protagonista de La bastarda degli Sforza, la storia ufficiale non dice che fu costretta a sposarsi a nove anni con un uomo che pretese di consumare immediatamente il matrimonio, cosa che anche a quel tempo avveniva dopo alcuni anni quando si stipulavano contratti fra sposi bambini. Mi rendo conto che narro la storia dalla parte delle donne.
C'è un personaggio storico che l'affascina ma di cui, per qualche ragione, non è ancora riuscita a scrivere, magari per soggezione?
Ho pensato a lungo prima di scrivere di Caterina Sforza, soprattutto perché significava parlare di momenti delicati della sua vita, come la violenza di cui parlavo prima. Mi chiedevo se sarei stata in grado di affrontare questi passaggi senza cadere nella volgarità o nello splatter. A un certo punto, però, ho deciso di cimentarmi e la cosa mi ha dato molta soddisfazione. Anche parlare di Isabella d'Este presentava delle difficoltà, si trattava sopratutto di confrontarsi col famoso libro di Maria Bellonci, che però è una biografia classica e completa. Il mio è un libro di emozioni e di passioni, che parla di Isabella come donna e non come figura di potere.
Quella descritta nel libro è in fondo una faida di potere. C'è qualche altra faida storica che le piacerebbe raccontare?
Al momento no, perché io arrivo alle storie raramente con una preconoscenza, a parte forse quando ho scritto di Farinata degli Uberti e di Eleonora d'Aquitania. Io sono molto curiosa, leggo di tutto e, quando mi dedico agli studi storici, le storie si incrociano. In fondo sono le storie a scegliere me, non sono io a partire dall'idea di occuparmi di un particolare personaggio.
Ogni tanto penso di scrivere anche una storia inventata, ma per ora preferisco quelle reali, anche perché è pazzesca la capacità della storia di stupirti superando qualsiasi fantasia.
Nei miei libri si può dire del resto che "tutto è vero e tutto è falso".
Io non modifico mai il dato storico, ho anzi interesse che il lettore si fidi della mia credibilità, ma la costruzione psicologica dei personaggi è ovviamente tutta mia.
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Ci sono dei personaggi contemporanei che le piacerebbe raccontare?
Spesso mi chiedono perché non scrivo romanzi ambientati nel presente, visto che affronto argomenti che sono spesso legati anche all'oggi. Io li colloco nel passato per due ragioni:
la prima è che soddisfo la mia passione per la ricostruzione storica, che ritengo di fare abbastanza bene e che penso sia un valore aggiunto per il lettore, la seconda è che certe vicende proiettate in società molto più dure della nostra divengono ancora più forti che se fossero ambientate oggi. La violenza sulla donna, per esempio, ambientata nelle società dure, implacabili del passato assume una forza simbolica molto più importante, ma al tempo stesso ti fa pensare che in fondo non cambi mai niente. Il personaggio del cardinale Ippolito d'Este, ad esempio, non vi fa pensare al caso Weinstein venuto alla ribalta in questi giorni?
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