“Linea 429” di Salvatore Scalisi
Linea 429 è l’ultimo lavoro di Salvatore Scalisi, autore catanese che ha all’attivo diversi romanzi pubblicati: Il mondo perfetto di Elisa, La mente del diavolo e L'uomo dei piccioni, giusto per citarne qualcuno alcuni; romanzi piccoli ma gradevoli, letture che ho trovato non troppo impegnative, ma pregne di stile e cariche di buone idee. Il suo ultimo volume, tuttavia, mi ha lasciato un po’ perplesso, con quel retrogusto tipico di un testo che avrebbe potuto essere qualcosa di più, ma che, invece, sa di un’opera poco spontanea, anche se godibile.
Edito da Demian Edizioni, Linea 429 si compone di sole 168 pagine. Questo, probabilmente, è un primo neo: non per la modesta foliazione, che potrebbe anche soddisfare gli amanti dei romanzi brevi, bensì per il formato (tascabile) e l’impaginazione adottata, che racchiude, forse, troppo poco testo. Il romanzo, infatti, si può leggere anche in un solo giorno.
Altra caratteristica che, a mio parere, penalizza il testo di Scalisi è la presenza di troppi dialoghi che, a occhio e croce, coprono circa l’80% del volume. Forse, è dovuto alla trama, visto che il tutto si svolge in un unico ambiente, oppure è una scelta dell’autore, ma, ad ogni modo, leggere quasi esclusivamente scambi di battute – senza nulla togliere all’importanza delle conversazioni – alla lunga stanca e appiattisce la possibilità di immedesimazione del lettore.
I dialoghi, poi, sono contraddistinti anche da un altro fattore che, personalmente, annovero tra i lati negativi: sembrano poco veritieri. Qui entra in gioco la costruzione dei caratteri dei personaggi, che sembrano scarsamente definiti. In altre parole: il modo di parlare, i termini, le inflessioni prosodiche sono pressoché simili per tutti i personaggi che, tra l’altro, si avvicinano a cliché o stereotipi già visti.
Passando alla trama, la storia è quella di un pullman, il 429 appunto, che, percorrendo la sua solita tratta, si ritrova immerso in un claustrofobico acquazzone. I passeggeri, infatti, rimangono bloccati all’interno del mezzo e tirano fuori i loro veri caratteri, smascherati da un’involontaria e progressiva trasformazione. Vorrebbero scendere, o comunque fare qualcosa, ma sono intrappolati nel bus. I pensieri vengono fuori lentamente, mostrando il vero Io di ciascuno di loro. Il mezzo diventa un teatro pubblico di emozioni, un gioco di sguardi e incastri di vicende nella variegata psicologia umana: la madre e il bambino annoiato, l'uomo tozzo, il giovane occhialuto, l’enigmatico ragazzo con gli occhiali scuri… tutti recitano una parte ben precisa, per poi mostrare la loro vera natura.
Un colpo di scena nel finale corona una storia di vita quotidiana che si trasforma da un incidente di tutti i giorni ad un’avventura dai contorni noir. Scalisi, in effetti, ha fatto proprio questo: ha dato vita a una trama che racconta un’abitudine di molte persone e l’ha trasformata in un evento da narrare, forse per far sì che i lettori s’immedesimassero il più possibile negli sfortunati protagonisti del suo romanzo.
Belli i piccoli paragrafi di cui è composto il libro: minuscole porzioni di testo che racchiudono gli avvenimenti dei personaggi. Adeguato è, secondo me, anche il punto di vista scelto dall’autore per raccontare questa storia: quello del narratore onnisciente.
Linea 429 è un romanzo che, vista la trama e l’idea di fondo, lascia molti spunti alla creatività dell’autore. Sono certo che dev’essere stato piacevole scrivere un racconto del genere: abbandonarsi alla fantasia, immaginare gli sviluppi di una storia semplice, ma allo stesso plasmabile senza limiti.
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