"Le ferite originali", intervista a Eleonora C. Caruso
È uscito il 23 gennaio Le ferite originali (Mondadori, 2018), secondo romanzo di Eleonora C. Caruso, molto conosciuta nel mondo delle fan fiction e collaboratrice di Wired, di cui era stato molto apprezzato qualche anno fa l'esordio narrativo, Comunque vada non importa (Indiana, 2013).
Christian, il protagonista, è un personaggio estremamente complesso. Ventitreenne, bellissimo, ha abbandonato una carriera da modello per trascinarsi tra lavori precari e relazioni con persone di entrambi i sessi, ma soprattutto soffre di un disturbo bipolare che ne condiziona pesantemente sia la vita quotidiana, sia la gestione degli affetti.
Attorno a lui si muovono coloro che non riescono a evitare di provare un'attrazione per lui, e che finiscono per essere condizionati dai suoi comportamenti altalenanti: in primo luogo Julian, il fratello più giovane, e la fidanzata Dafne, ma poi anche Davide, impacciato studente d'ingegneria tanto bravo coi numeri quanto timido e impacciato nella vita, e il quarantenne Dante Beltrami, che per quanto più vecchio degli altri appare a sua volta del tutto irrisolto.
Tutte queste persone, anche se in apparenza più "sane", sono comunque afflitte da qualche problema personale che impedisce loro sia di fornire a Christian una qualche forma di sostegno che possa aiutarlo a convivere meglio con la propria malattia, sia di gestire in modo corretto il rapporto che hanno con lui, anche quando si ritroveranno a dover affrontare le realtà di cui erano rimasti a lungo incosapevoli.
Le ferite originali è un romanzo forte, complesso, che in certe pagine può colpire il lettore in modo quasi sgradevole, ma che Eleonora C. Caruso porta avanti con sicurezza fino all'ultima riga.
Ecco le risposte dell'autrice alle nostre domande.
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Quello che mi ha colpito di più in questo libro è stata la scelta di un protagonista bipolare. Che cosa l'ha spinta a parlare della pazzia, e come si è documentata per risultare plausibile?
So che può sembrare strano, visto il risultato, ma in principio non pensavo affatto di voler parlare della pazzia. Avevo in mente una storia che parlasse di rapporti umani, e mi intrigava l'idea di partire da un protagonista che intrattenesse più relazioni sentimentali contemporaneamente. Al bipolarismo sono arrivata solo dopo. Ho conosciuto da vicino il disturbo bipolare quando ero adolescente, diciamo così. Come tutte le conoscenze che in qualche modo ti segnano, anche questa è cresciuta con me, e senza che me ne rendessi conto si è concretizzata in un romanzo. Alla mia esperienza, che ha lasciato una traccia soprattutto emotiva, ho unito i classici strumenti del mestiere: lettura, ricerca, parlare con la gente. In seguito ho chiesto aiuto a un amico psichiatra affinché tutte le parti relative alla terapia fossero realistiche, ma questa è stata una misura di sicurezza che ho applicato in seguito, per assicurarmi che la struttura reggesse. Ancora adesso, però, credo che questo sia un romanzo che parla di rapporti. Il disturbo, per quanto centrale, ne è un elemento.
La seconda cosa notevole è la mancanza delle strutture familiari: tutti i protagonisti sono in qualche modo orfani, o perché hanno effettivamente perso almeno un genitore, oppure perché vivono molto lontano dai genitori, con i quali hanno rapporti debolissimi. Questo perché in presenza di genitori "forti" e solleciti questi personaggi non potrebbero toccare certi eccessi?
Può darsi. Più che altro, credo che l'assenza fisica dei genitori dipenda dal fatto che ho immaginato questa storia come un microcosmo, e in quanto tale volevo che si stringesse il più possibile attorno ai personaggi principali. Una cosa a cui sto pensando solo adesso è che Christian, Davide e Dafne appartengono tutti e tre a una generazione - la mia - che si sente tradita e abbandonata dagli adulti. Forse i loro rapporti coi genitori sono un riflesso di questo. Di sicuro lo è il personaggio di Dante, che a quarantatré anni è un uomo del tutto irrisolto ed è quindi incapace di vestire il suo ruolo di adulto.
Ho letto che non ama sentir definire "trasgressivo" questo romanzo, e concordo sul fatto che si tratti di un termine ormai abusato, però è innegabile che nel personaggio di Christian si raccolgano un po' troppe "trasgressioni" tutte insieme. Non teme di aver creato un personaggio "eccessivo"?
Christian doveva essere eccessivo. È un ragazzo di ventisette anni con un grave disturbo dell'umore che non accetta di trattare e una storia personale complicata: non poteva essere diversamente. Non è che non mi sia posta il problema di come potesse venir percepito, ma ho deciso che, a conti fatti, questa preoccupazione era meno importante di raccontarlo come sentivo che doveva essere. Era una questione di onestà, per me. Se scrivo che un personaggio "ha dentro i mostri e la magia" significa che sto assumendomi la responsabilità di parlare di mostri, non di bestioline. Fermarmi a una lista di "trasgressioni" tutto sommato prevedibili, distillate con attenzione affinché non sembrassero "troppo", sarebbe stato sì più semplice, ma falso. Il punto, coi disturbi dell'umore, è proprio che tendiamo a giudicarli applicando misure comuni, non rendendoci conto che se di disturbi si tratta è perché chi ne soffre ha misure diverse, per gli altri incomprensibili, "eccessive". Scrivere qualcosa di superficiale, trattare la malattia mentale come un feticcio estetico, questo mi spaventava. Tra il rischio di sembrare disonesta e quello di sembrare eccessiva, ho scelto quest'ultimo. Potrebbe non essere stata la scelta migliore, ma io so scrivere solo così.
L'ambientazione milanese è molto realistica. Qual è il suo rapporto personale con la città, che in questi ultimi anni è spesso protagonista di libri, film, fiction, molto più che in passato?
Amo molto Milano, e come tutti gli amori sinceri, è un amore che tiene conto di tutto, sia del bello che del brutto. Milano non è perfetta, a tratti è tremenda, a tratti è magnifica. Soprattutto, è una città che non è semplice inquadrare, e in questo mi sembrava riflettesse Christian. La protagonista del mio romanzo precedente odiava Milano, Christian la adora. Io l'ho scelta, ci vivo, e potendo vorrei non andarmene.
Sono passati cinque anni dall'uscita del suo romanzo precedente. La stesura di questo romanzo è stata laboriosa oppure è stato più difficile trovare un editore, trattandosi di una storia così particolare?
Diciamo entrambe le cose. I tempi editoriali poi ci hanno messo del loro, tant'è che ho firmato il contratto con Mondadori nel 2016. Sono infinitamente grata al mio editore per aver accolto questa storia così com'è, senza manifestarmi dubbi o preoccupazioni di sorta sul suo contenuto. Questo supporto è stato inestimabile, per me.
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Lei proviene dalle fanfiction e il romanzo precedente parlava molto di quello e dei manga, mentre qui siamo in un mondo del tutto differente. Tornerà al suo primo amore oppure troverà nuovi argomenti per il futuro?
Proprio perché provengo dalla fanfiction, ciò che ho pubblicato in libreria è meno di un decimo rispetto a ciò che ho scritto in questi quindici anni, quindi trovo interessante il fatto che questo romanzo appaia così diverso dal precedente a chi mi ha conosciuta con quello. I miei lettori online non ne sono per niente sorpresi, al contrario. Devo dire che questa dualità mi piace molto e spero di mantenerla. Io comunque scrivo ancora fanfiction, l'ultima risale a due settimane fa (era su I Cavalieri dello Zodiaco), quindi si tratta di un mondo che non ho mai abbandonato. Per i manga è lo stesso. L'influenza del fumetto giapponese è trasversale al mio modo di scrivere. Non c'entra tanto con quanti manga cito in una storia, quanto nel mio modo di pensarla e raccontarla, quella storia. La mia passione per i rapporti sfuggenti e indefinibili, per esempio, viene da lì. Le ferite originali è il mio mondo quanto lo era Comunque vada non importa. Nel prossimo romanzo, però, comparirà Tokyo. Forse possiamo vederlo come un ritorno.
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Per la prima foto, copyright: Nik Shuliahin.
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