Le anime morte di Berlusconi
Sulle gaffe di Silvio Berlusconi si potrebbe scrivere un libro in più volumi (e in molti l’hanno già fatto) che farebbe concorrenza (solo per lunghezza) alla Recherche di Proust, anche se le storie e i personaggi sarebbero più vicini a quelli racchiusi ne Le anime morte di Nikolaj Vasil'evič Gogol' e forse anche Berlusconi ha sentito questo richiamo quando, nel 2010, in una conferenza stampa con il presidente egiziano Mubarak, ha parlato delle grosse potenzialità di strumenti come “gogol”, sebbene dei maligni abbiamo voluto sottolineare che si trattasse di un palese errore di pronuncia del nome del motore di ricerca Google.
Eppure, se andassimo a ripercorrere le pagine de Le anime morte, ci imbatteremmo nell’ingegnoso Pavel Ivanovič Čičikov che, fatti propri i dogmi paterni sulla sacralità dell’amicizia e dell’amore (per il denaro), nonché sulla necessità di non affaticare troppo le virtù etiche di un individuo per non consumarle, continua la sua ascesa costruita su sotterfugi e ipoteche su braccianti morti (le anime del titolo dell’opera di Gogol', morti fisicamente ma vivi ai fini fiscali) per potersi così accaparrare con il ricavato contadini vivi e, quindi, maggiori terre (nell’Ottocento in Russia vigeva ancora lo stato feudale, perciò possedere più braccianti voleva dire possedere più terre); insomma ci troveremmo di fronte a un genial-furbacchione, attento osservatore dei comportamenti dei gruppi di potere in cui vuole entrare e abile comunicatore, capace di adattarsi rapidamente a ciò che gli altri vogliono sentirsi dire.
Proprio qualche giorno fa, nel corso di un ciclo di incontri dedicati alla letteratura russa dal XIX secolo ai nostri giorni, all’auditorium Parco della Musica di Roma, si è tenuto un pirotecnico reading de Le anime morte di Nikolaj Vasil'evič Gogol' offerto dall’abilissima Ottavia Piccolo e accompagnato dalle gustose storie gogoliane di Cesare G. De Michelis e di Valerio Magrelli che hanno ricondotto la storia di Čičikov a eventi così contemporanei per lo spettatore da lasciarlo stupito e voglioso di riprendere in mano l’opera “incompleta” di Gogol' (inveterato piromane delle proprie opere).
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Fra le tante suggestioni della serata, agli spettatori è sicuramente rimasta impressa una parola: poshlost, un termine russo difficile da tradurre con un corrispettivo univoco nella nostra lingua, ma perfetto per descrivere l’ultima battaglia in cui è impegnato il Berlusconi nazionale. Potremmo provare a tradurlo con banalità, grettezza, volgarità soddisfatta e compiaciuta per aver ottenuto ciò che desiderava senza meritarselo. Di poshlost si è occupato spesso Gogol' nel suo viaggio fra i mali della società russa e forse di poshlost dovremmo occuparci un po’ di più anche a noi prima che si radichi fin nel midollo del nostro sentire.
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