La minaccia continua della guerra
Uno degli aspetti della contemporaneità è l’irruenza con la quale la minaccia della guerra ci attanaglia, ci pervade, s’intrufola nella nostra vita facendoci sentire lontani dalle decisioni, dai centri del potere politico e militare. È quello che penso da quando in Siria come in Ucraina si combatte una guerra civile che di civico ha ben poco. Gli spiragli di pace, nel globo, si assottigliano e si allarga la platea dei Paesi dove, armi alla mano, manipoli di terroristi e governanti violano le più elementari regole della civiltà.
Qualche giorno fa in Nigeria il gruppo islamista Boko Haram ha rapito centotrenta ragazze in una scuola per deportarle in un luogo impervio e oscuro. Alcune liberate, altre forse avviate al traffico internazionale del sesso mercenario per finanziare l’attività di questo gruppo violento, tra i più violenti del continente africano. Tra attentati, rapimenti, stupri, eccidi, i gruppi militari organizzati stanno prendendo piede in Africa centrale destabilizzando la precarietà politica del continente ora che Gheddafi e Mandela (capi carismatici assoluti) sono defunti. Nel mezzo la popolazione, già vessata dalla fame e dalla malattia, che scivola in una condizione di paura e di terrore che non ha eguali nella storia africana.
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Lo dice la rivista «Jeune Afrique» nei suoi editoriali, registrando il diffuso clima di terrore nel continente a noi più vicino. Ma l’Europa tace, aspetta che qualcuno intervenga e considera la Nigeria un Paese ostile, mortificando chi chiede asilo, chi scappa dalla morte.
I nostri Cara sono pieni di nigeriani in attesa da mesi, ma nessuno muove un dito. Le nostre statali sono zeppe di giovani nigeriane vendute e schiavizzate per pochi euro, ma il dibattito laico langue, sull’argomento. Rendiamoci conto, tutti, che quello che accade lì ci tocca da vicino e dovrebbe muovere la nostra coscienza verso una presa d’atto e un movimento che liberi l’Africa dalla pena, dal dolore, dalla schiavitù. Dobbiamo farlo per migliorare il pianeta, per vivere meglio, per andare oltre la sopravvivenza spicciola e il pericolo di morte.
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