La letteratura può cambiare il mondo? Intervista ad Annalisa De Simone
«Tutti gli scrittori credono che il loro ultimo libro sia il migliore». Non adesso, per favore (Marsilio Editore), di Annalisa De Simone è candidato nella long list del Premio Strega con la presentazione di Aldo Cazzullo e Roberto Cotroneo. In attesa di conoscere, il prossimo 14 aprile, la dozzina che si contenderà il diritto di entrare nella rosa finale per la serata del prossimo luglio a Roma, abbiamo parlato con la giovane autrice, già ballerina e attrice.
Non adesso, per favore è il secondo romanzo dell’aquilana Annalisa De Simone dopo Solo andata (Dalai Editori, 2013). Annalisa, la protagonista, è una giovane aspirante scrittrice che nel frattempo lavora nella redazione di una minuscola casa editrice. Incontrato per caso in un locale, si innamora di Vittorio Ferretti, «capelli spettinati, occhi grigi venati d’azzurro, sulla cinquantina, ben messo» e, soprattutto, affermato scrittore. Ne nasce un rapporto in cui il sesso insegue l’amore senza riuscire a trattenerlo, e infatti Annalisa torna nella sua città natale, L’Aquila. È la domenica delle Palme del 2009: alle 3.32 la città crolla sotto una mitragliata di scosse sismiche. Sfollata a Miglionico, sulla costa chietina, con i genitori e la nonna, Annalisa deve ritrovare, tra la claustrofobia di una convivenza imposta, e le macerie emozionali di un amore che ha paura di essere sé stesso, il senso di una donna e del suo sogno, tentando di rispondere alla fatidica domanda: il romanzo è vita o è la vita a essere come un romanzo?
Annalisa è una logica-passionale. Quanto è figlia della storia e quanto è il riflesso dell’autrice, di cui, tra l’altro, porta anche il nome?
A volte la medaglia coincide col suo rovescio. Sia la passione che la logica sono due modi passivi. Si subiscono le sensazioni, e si patisce la predisposizione a scandagliare se stessi, gli altri, quello che ci è attorno, con la ratio. Come la protagonista del mio romanzo, anch’io amo complicarmi la vita con una spesa emotiva (spesso) sproporzionata alla faccenda. E anche a me capita di pensare troppo. Che, poi, meditare su ogni cosa è un atto decisamente sopravvalutato.
Annalisa è ossessionata dalla letteratura. Le divagazioni filosofico-linguistico-retoriche anche mentre fa sesso con Vittorio hanno un effetto distorcente sul lettore. Che cosa voleva davvero comunicare in quel passaggio del libro?
Non volevo comunicare niente. La vita sessuale di Annalisa e Vittorio è una parte essenziale del loro rapporto. Il modo in cui fanno l’amore racconta di loro. «Ci spezzavamo in due come il timone di una nave che si era aperta per un lungo viaggio». Questi versi di Alda Merini mi fanno pensare a loro, a come si disfino delle proprie difese quando sono a letto insieme. Senza riuscire a fuggire dalle ossessioni. O dalle insicurezze.
Gli uomini in questo romanzo sono o sfuggenti (come Vittorio) o irascibili (come il padre), due personaggi apparentemente molto distanti per storia ed estrazione socio-culturale. Eppure sono le due polarità del campo magnetico attraversato da Annalisa, l’attraggono e la respingono. O è lei a respingere loro?
In fondo, ogni donna lotta col proprio complesso di Elettra. Nella maggior parte dei casi tendiamo a scegliere un uomo che ricordi nostro padre o che sia il suo opposto. Questo per semplificare, perché la superficie nasconde spesso ciò che vive nel profondo. La mia protagonista s’innamora di un uomo apparentemente (come dice lei) lontano da suo padre. In realtà, credo che Ferretti sia un magnete proprio perché, come il papà di Annalisa, è capace di grandi geli e improvvise tenerezze.
Sul fatto che lei li attragga e li respinga sono vere entrambe. Come sempre, quando c’è di mezzo un sentimento.
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Lei descrive L’Aquila di quel 6 aprile 2009, domenica delle Palme, con assoluta sobrietà e allo stesso tempo con intenso lirismo. Le parole che raccontano quegli attimi fatali prima che la terra deflagrasse, scandiscono i minuti, i secondi, come fossero lancette di un orologio. Quanto è stato emotivamente difficile rievocare quei momenti e consegnarli alla pagina scritta? E come descriverebbe L’Aquila oggi, a distanza di sette anni da quella domenica?
Scrivere è difficile a prescindere dall’argomento che si tocca. Anche quando non si vive in prima persona una storia, immergersi negli animi dei personaggi significa comunque empatizzare con loro, provare quello che provano in quel momento. Mi piace l’immagine della lancetta che scandisce il tempo, secondo dopo secondo, fino a quando tutto, nella mia città, è cambiato. Credo che descriva quelle pagine nel modo giusto, grazie.
L’Aquila è andata avanti, nel frattempo. Con lentezza, intralci, torbidezze, ma anche grande determinazione. Tutti noi speriamo di vederla agibile nell’arco dei prossimi anni, ma più che altro viva. Non una città ben impacchettata dove regna il silenzio, ma una città ricca di attività e (spero) di cultura.
Innamorarsi di uno scrittore conviene o è una fregatura?
Se mi includo nella categoria è una fregatura. Sono capace di grandi egoismi. Ho spesso bisogno di solitudine e silenzi. Sono insopportabilmente narcisa. Non scrivo mai belle lettere, né messaggi d’amore. Ho paura che finirei per innamorarmi delle frasi, spostando il fuoco da lui alla parola. (Per il resto, sono una brava persona.)
Crede al potere demiurgico della letteratura?
Credo che la letteratura non possa cambiare il mondo, ma certo lo rende meno noioso, più travolgente. E poi a rischiare sono i personaggi, mai te. Al massimo sconti la delusione di un romanzo scadente. Non si registrano altri pericoli. Quando passi dall’altra parte, invece, e inizi a scrivere, compi un azzardo. E non ci sono demiurghi che possano crearti un varco sicuro
Ballerina, attrice, regista, sceneggiatrice, scrittrice: in una parola artista. Sullo sfondo, una prima laurea in Scienze Umanistiche e una seconda in Filosofia Teoretica. Quanto l’hanno aiutata i suoi studi a maturare nella professione artistica?
Le confesso una cosa: ho preso la seconda laurea per una mia insicurezza. Avevo paura che una ragazza con esperienze da coreografa e attrice alle spalle corresse il rischio di non essere presa sul serio. Quasi me ne pento perché ho assecondato un pregiudizio. Potevo studiare senza dare esami, e invece ero in cerca di un attestato.
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