La letteratura deve spiegare perché le cose accadono
Il Salone del libro di Torino, anche quest’anno, ha fatto incontrare i lettori con molti scrittori apprezzati sia a livello nazionale sia a livello internazionale. Ospite d’onore di questa edizione è stata la Germania e uno dei suoi rappresentanti è stato Frank Schätzing, la cui presenza è stata curata e organizzata dal Goethe-Institut Italien e dalla Fiera del libro di Francoforte.
Frank Schätzing è uno scrittore eccezionale e una persona favolosa con la quale ho avuto la fortuna di poter dialogare, prima che raggiungesse i lettori milanesi per la presentazione del suo ultimo romanzo Breaking News, edito in Italia da Nord Editrice, nella traduzione di Roberta Zupper, Lucia Ferrantini e Francesca Sassi.
È uno scrittore influenzato dal cinema, Frank Schätzing, infatti la sua letteratura è molto visiva con uno squisito pregio: insegna e spiega, intrattenendo. Afferma l’autore: «i miei libri sono pieni di effetti speciali, costosi per il cinema, ma totalmente alla mia portata come scrittore».
Rispetto ai libri precedenti, questa volta ha scelto un argomento diverso. Ci ha portati in Medio Oriente, un terreno molto più tipico per gli scrittori statunitensi che europei. Com’è nata questa scelta?
Sono curioso di natura. Ho scritto del profondo mare, ma poi mi sono stancato e ho voluto scrivere qualcosa di diverso. Allora mi sono posto questa domanda: qual è il nuovo grande argomento sul quale posso scrivere? Non sono andato alla ricerca dell’argomento, ma ho atteso che mi trovasse lui. Ed è quanto successo, un giorno a colazione, mentre parlavo con alcuni miei amici della questione del Medio Oriente. A quei tempi, non ne sapevo molto al riguardo, quindi mi sono dovuto documentare. Più studiavo e più mi affascinava. In Germania, ne sappiamo qualcosa, ma poco e vagamente. La domanda era: cosa ci fanno questi lunatici laggiù e perché?
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Non nego che il primo pensiero che ho formulato dinanzi al suo romanzo riguarda lo spessore. Questo non per pigrizia, ma perché noi lettori siamo abituati a raccontarci che non abbiamo tempo e gli scrittori sembra si siano adeguati a questa mancanza di tempo dei lettori scrivendo in modo sintetico. Appartiene alla letteratura classica il concetto di spazio per la storia. Ha scelto di spezzare la tendenza, questo perché reputa che gli scrittori debbano ridonare tempo ai lettori?
In verità, non l’ho deciso. La storia necessitava spazio. Pensi al cinema, un tempo avevamo film da due ore, poi qualcuno ha pensato di farne da tre ore. Oggi abbiamo i serial, perché serve quello spazio. Personalmente, li apprezzo molto, penso, per esempio, a Homeland o Breaking Bad. Dovendo scrivere sì un thriller, ma anche spiegare la storia, mi è parso evidente che non lo si potesse fare in sole 300 pagine. Poi, come ho già avuto modo di suggerire, basta cambiare prospettiva e vedere il libro come un insieme di dieci piccoli volumi.
Sin dalle prime pagine afferma, senza giochi di parole ma con grande lucidità: la guerra è un tv show. Di primo acchito, appare paradossale se pensiamo alla quantità di informazioni che giornalmente ci raggiunge o possiamo raggiungere. Leggendola, si ha la forte impressione che noi, figli di questo bombardamento informativo, non sappiamo granché, anzi, nel migliore dei casi abbiamo un’opinione vaga e fuorviante sulla realtà, appunto, da spettatori di uno show. Concorda?
È vero, più siamo informati e meno cose sappiamo. Le persone guardano il telegiornale poi leggono il quotidiano e poi controllano le notizie in internet. Dovrebbero sapere molto, ma parlando con loro ti accorgi che possiedono opinioni frammentarie e molto lontane da ciò che realmente sta accadendo. Non so se sia un bene, so solo che di fatto non lo si può modificare. Un tempo ricevevi la notizia e potevi crederci o meno, ma non potevi verificarla. Ora, se qualcuno ti dà una notizia, la prima cosa è controllare l’attendibilità del suo contenuto in internet oppure cerchi anche le opinioni degli altri. Ed ecco che ti ritrovi con venti pareri e ti accorgi che non c’è una realtà. In seguito, crei un’immagine nella tua testa e ti convinci che essa rappresenti la realtà e agisci di conseguenza, dando vita, così, a una nuova realtà.
Inevitabile chiedere se la letteratura possa, in qualche modo, salvarci, dandoci non più delle infinite combinazioni di possibilità ma una realtà autorevole della quale fidarsi.
Può. O meglio, può spiegare i retroscena. L’informazione oggi ci permette di sapere cosa sia accaduto cinque minuti fa in Cina, ma dovrò attendere magari un mese finché capirò perché sia successo lì e non altrove. Ora, quello che importa non è solo che sia accaduto, ma, appunto, il motivo per cui sia successo lì e non altrove. La letteratura può fare questo, come ho fatto anche io in Breaking news: spiegare il perché. Attraverso l’intrattenimento offerto dal thriller si può raccontare la Storia. Una volta letto il libro capisci cosa sta succedendo in Medio Oriente. Ora, le confesso che dopo aver scritto Breaking news, essendomi documentato a lungo, quando sento una notizia legata al Medio Oriente, so come interpretarla. Ecco, mi auguro di esser riuscito a offrire questo ai miei lettori.
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