La filosofia può aiutare ad affrontare il terrorismo? Intervista a Ermanno Bencivenga
Un approccio filosofico può aiutare ciascuno di noi a capire quale sia l'atteggiamento giusto da tenere riguardo il fenomeno terroristico. Questa la base di partenza e il motivo ispiratore di Prendiamola con filosofia di Ermanno Bencivenga (edito da Giunti), un libro che tenta di dare risposta a tutte le domande che è necessario porsi per guadagnare una posizione responsabile in proposito a eventi di oggi o di ieri, questo poco importa, purché si comprenda quanto abbiano da insegnarci.
Paura, terrorismo e cambiamenti epocali inevitabili esaminati con la lente del ragionamento filosofico in un libro che è un'indagine su quanto le parole mettono in gioco nel tempo del terrore.
Ne abbiamo parlato con Ermanno Bencivenga nell'intervista che gentilmente ci ha concesso.
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Che cosa può dire un approccio filosofico sul terrorismo rispetto agli altri approcci? In che cosa consiste l’originalità del discorso della filosofia e perché è utile affidarsi a quest’ultimo?
Un approccio storico può informarci sulle origini del fenomeno. Un approccio politico o economico può chiarire quali siano i fattori in gioco, in termini di potere o di finanza. Un approccio legale può illustrare i diritti e doveri che le leggi nazionali e internazionali riconoscono alle varie parti. Un approccio filosofico può aiutare ciascuno di noi a capire quale sia, per lui o per lei, l’atteggiamento giusto nei confronti del fenomeno, mostrandone tutti gli aspetti e tutte le domande cui bisogna dare risposta per raggiungere una posizione responsabile in proposito.
Libertà di espressione e rispetto per le fedi religiose. Mai come in questi anni tali principi, o meglio diritti, sono spesso al centro di dibattici pubblici e politici. Si sta veramente conducendo una “guerra” planetaria per tutelarli o rischiano di essere o diventare solo una copertura per interessi di altra natura?
Gli interessi di altra natura ci sono, naturalmente. Ma bisogna evitare ogni forma di riduzionismo, economicista per esempio. Ricordiamo il fallimento, intellettuale prima ancora che politico, del riduzionismo di stampo marxiano. Gli esseri umani sono animali razionali, quindi, oltre che da emozioni e interessi, sono mossi dalla ragione. E capire chi abbia ragione, in questi casi, è molto difficile. La difficoltà va affrontata, non evitata con il ricorso a facili slogan che mortificano e avviliscono la nostra natura di esseri pensanti. Una mortificazione che finiremo per pagare: con la frustrazione, con la depressione, con la rabbia.
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Nel testo si legge: «che un evento si sia verificato ieri o duemila anni fa non conta», importa solo «quanto abbia da insegnarci». Che cosa abbiamo imparato o che cosa avremmo potuto e dovuto imparare dagli eventi storici passati?
Nel mio libro faccio riferimento, per esempio, al comportamento di Socrate durante il suo processo e la sua esecuzione, nel 399 a. C. Sono eventi sui quali continuiamo a interrogarci e dai quali continuiamo a imparare. È giusto scendere a compromessi per salvarsi la vita? È giusto fare un’eccezione per sé stessi quando si pensa che ci sia stato fatto un torto? È giusto rispondere al male con il male? Socrate ci fornisce le sue risposte e il suo esempio; sta a noi prenderli in esame e decidere da che parte stiamo.
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Tornando ai fatti recenti invece, quanto incidono le emozioni “a pelle” provate per gli attentati alle Torri Gemelle e a «Charlie Hebdo», per citare qualche esempio, su quelle che dovrebbero essere analisi più ragionate e obiettive della situazione contemporanea globale?
Le emozioni sono parte integrante della nostra umanità e bisogna accettarle ed esprimerle. Indipendentemente da tutte le analisi che ne ho fatto, io il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle ho pianto in pubblico, e credo fosse una reazione perfettamente umana a quel che era successo. Poi, però, è anche giusto porsi delle domande e cercare delle risposte, anche per evitare che tragedie del genere si ripetano.
La sensazione è di assistere a un cambiamento epocale che coinvolge e coinvolgerà gli abitanti dell'intero pianeta e che originerà un “mondo diverso”. I paletti che vari stati tentano di mettere per arginare detto cambiamento basteranno a tenerli separati dal resto del mondo oppure, dopo inutili quanto sanguinosi conflitti, cadranno inesorabilmente?
Non c’è alternativa a un mondo planetario. Rinchiudersi in un proprio spazio protetto è una scelta infantile e perdente. Bisogna accettare la sfida, che è culturale prima che politica o economica: inventare insieme una nuova forma di convivenza, trasformare l’attuale situazione di crisi in un’opportunità di crescita comune.
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In questo tempo del terrore, qual è la vera posta in gioco?
Di poste in gioco ce ne sono tante. Come sarà chiaro da tutto quel che ho detto finora, per me la più importante è riuscire a mantenere la nostra umanità e il nostro senso di giustizia sociale, che in questo momento stanno correndo un gravissimo rischio di essere annientati dalla paura, dall’ansia e dall’odio.
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