La famiglia statunitense, tra luci e ombre. “Mai stati così felici” di Claire Lombardo
L’esordio letterario di Claire Lombardo, Mai stati così felici (titolo originale The Most Fun We Ever Had), pubblicato in Italia da Bompiani nella collana Narratori stranieri con la traduzione di Silvia Castoldi e già pronto per diventare anche una serie tv targata HBO alla quale l’autrice sta collaborando per la sceneggiatura, riprende e rinnova la tipologia del romanzo corale americano: ci troviamo dunque davanti a uno stretto parente dei Provincialidi Jonathan Dee, che, poco più di un anno fa, aveva saputo riconoscere e sondare le ombre della società statunitense attraverso una variegata moltitudine di personaggi, fino a pronosticarne l’eterna decadenza.
Claire Lombardo, dal canto suo, compie un’operazione molto simile, ma inietta nelle pagine, sin dal principio, anche un fluido, luminoso ottimismo che controbilancia con perizia la narrazione di eventi che potremmo catalogare come vere e proprie tragedie.
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Questa luce vitale di speranza, riconoscibile a partire dall’esergo, è rappresentata dall’importanza ineluttabile dei legami familiari e non è solo metaforica: trova il suo correlativo oggettivo in un imponente e vetusto gingko biloba che troneggia nel giardino di casa dei protagonisti, i componenti della famiglia Sorenson.
Tra le radici di quella pianta, David Sorenson, mansueto laureando in medicina, e Marilyn Connolly, appassionata studentessa di letteratura inglese, concepiscono, nel 1976, la prima figlia, Wendy: è la primogenita, in futuro fonte di «troppo dolore, troppa tensione, un amore troppo sconvolgente». Poco dopo nascerà Violet, autocentrata, giudiziosa e ambiziosa; qualche anno più tardi sarà il turno della dolce e sensibile Liza; e infine, nove anni dopo la precedente, Grace, la «mascotte» di cui nessuno pare preoccuparsi troppo, l’eterna piccolina di casa.
Attraverso i protagonisti e i comprimari (colleghi e colleghe di lavoro, fidanzati, nonni, pargoli, altre mamme), sdipanando le vicende di oltre quarant’anni di vita, Claire Lombardo dipinge un affresco realistico della borghesia nordamericana; convincente risulta anche la costruzione di un vero e proprio lessico famigliare, con le sue movenze, taglienti o accomodanti, le sue pause, le sue peculiarità (come gli appellativi: «ragazza», rivolto da David a Marilyn; «Ochina», il soprannome di Grace).
In questo tessuto sociale coabitano varie tensioni, riconducibili a due differenti vettori: da una parte, rappresentata dalle sorelle Sorenson, la spinta a voler apparire “migliori” (dal punto di vista economico, lavorativo e di integrazione sociale) di quanto lo permettano le condizioni reali; dall’altra, incarnata dai genitori, la costante ricerca di una precisa dimensione della felicità, del giusto posto nel mondo, al di là delle barriere e delle messinscene dell’ipocrisia.
A titolo d’esempio, per il primo caso possiamo riferirci alla storia di Grace, per la quale tutti hanno già previsto un prestigioso futuro presso una blasonata università: la giovane donna, lontana dai genitori, dopo aver ricevuto numerose lettere di rifiuto da parte di diversi atenei dopo la laurea di primo livello, preferisce non rivelare nulla alla famiglia, probabilmente per evitare brutte figure e trascorre un intero anno in uno «squallido appartamento» di Portland, tra serie tv, vino di scarsa qualità, un lavoretto malpagato e del tempo con un ragazzo di cui non comprende i sentimenti.
Violet nasconde segreti ancora più grandi: Wendy, animata da un desiderio in cui coesistono la volontà di vendicarsi delle ingiustizie subite – una figlia nata morta, un marito perduto anzitempo, la sorella quasi coetanea del tutto assente di fronte ai suoi momenti di sconforto – e un forte senso di giustizia, indaga sul destino del figlio abbandonato della coscienziosa sorella.
Quindici anni dopo quell’errore di gioventù, la primogenita irrompe nella vita perfetta di Violet con un pesante fardello di nome Jonah: «un adolescente normale […] un po’ storto, il naso […] ancora un po’ troppo grande per la faccia, un senso di imbarazzo quasi viscerale addosso». Il ragazzo, rimbalzato come una pallina da flipper tra genitori affidatari e la casa-famiglia Lathrop House, troverà il suo posto adatto, la sua vera prima casa da Marilyn e David, dopo un percorso irto di difficoltà tra una Violet che non ne vuole sapere nulla di accoglierlo nella sua dimora spaziosa e sempre pulita e una Wendy che tenta di tenerlo per sé ma non sa comportarsi come una madre poiché, a causa della cattiva sorte, non ha mai potuto sperimentare l’unicità di questa condizione.
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È soprattutto grazie alla vicenda e alla figura di Jonah, personaggio tanto realistico quanto iconico, adolescente problematico alla ricerca di se stesso e soprattutto della sua vera famiglia, che Claire Lombardo innesca il motore di un grande romanzo corale sulla famiglia, dipingendo con ironia e delicatezza i risultati di quasi mezzo secolo di senso comune, amore vero, morali e moralismi nella società borghese americana.
Per la prima foto, copyright: Jerry Wang su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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