La comunità delle donne nel nuovo romanzo di Valeria Parrella
«Stringiti alla comunità delle donne perché quando sarai vecchia saranno loro che ti salveranno: non i maschi». È con questa frase della filosofa femminista Luisa Muraro che Valeria Parrella, finalista al Premio Strega 2020 con Almarina, introduce il suo ultimo romanzo Quel tipo di donna, edito da HarperCollins Italia.
Un viaggio in pieno stile Thelma & Louise, intrapreso da quattro amiche con lo scopo di affrontare un dolore, un lutto subito da una di loro a causa della morte prematura della figlia, viaggio che realmente è avvenuto, perché davvero un’estate di alcuni anni fa, Valeria Parrella è partita da Napoli in compagnia di tre amiche in direzione Turchia, per sostenere un’amica in un momento di grande sconforto. E tra vere amiche si sa, si fa sempre così, si affronta tutto insieme, gioie e dolori, ci si sostiene e consola a vicenda, seguendo il celeberrimo motto di Dumas «uno per tutti, tutti per uno» e quindi se una di loro subisce una perdita, ecco che le altre, senza pensarci un attimo, mollano tutto, lavoro, figli, amori per stringersi intorno a lei e aiutarla a elaborare l’immenso vuoto causato da quella sofferenza straziante.
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Le quattro donne intraprendono quindi un viaggio portando con sé valigie cariche di ricordi, il peso di problemi irrisolti, ma anche la piena consapevolezza di essere donne forti, capaci di affrontare ogni avversità, perché loro non sono «quel tipo di donna lì».
Nel descrivere i quattro personaggi del romanzo la Parella ne precisa il segno zodiacale, in quanto rispecchia il loro modo di essere. Si tratta infatti di due capricorno e di due gemelli. Le prime sono «molto assertive e precise, maniacali», le seconde sono al contrario «solari, allegre, serene senza essere superficiali». Se le gemelli agiscono senza pensare mai alle conseguenze, le capricorno contano invece «quanti passi ci dividevano dagli eventi e cercavano di pensare a ogni espediente per farvi fronte». Tale contrapposizione vale non solo per tutto il viaggio, ma per tutta la vita. Sono proprio la diversità e gli squilibri a rendere quel rapporto tanto vero e profondo e quel viaggio così indimenticabile. Le due capricorno hanno salvato le gemelli dai casini parecchie volte, mentre loro le hanno aiutate a sconfiggere ogni noia. Dolores e Carola sono le gemelli allegre e solari, impavide e sconsiderate, mentre Camilla e la voce narrante sono precise, organizzatrici e prudenti. L’autrice, in particolare, descrive se stessa come una persona che rigetta spesso l’autostima per farsi sempre seconda di qualcun altro, soprattutto nelle relazioni amorose. Eppure, lentamente e forse proprio grazie a questo viaggio, qualcosa nel suo carattere muterà per farla giungere a una piena consapevolezza di se stessa.
Quel tipo di donna non è solo il racconto di un viaggio intrapreso tra amiche, ma la storia di tante donne. «Quello che voglio dire è che noi eravamo quattro amiche alla soglia di quel viaggio, ma in realtà con noi c’erano moltissime altre donne: un’intera comunità che principiava dalle nostre madri e dalle madri delle nostre madri. Donne che si erano battute per la nostra libertà anche quando ci avrebbero voluto prendere a pantofolate». Via via che si scorrono le pagine emergono diversi personaggi dal passato. C’è il ricordo di nonna Estrella con la quale la narratrice condivideva la passione per il teatro e che ogni anno le regalava un abbonamento per la stagione teatrale. C’è il ricordo di Gabriella, la madre di Carola, un’insegnante di matematica giunta per fare supplenza in un piccolo paesino di provincia in una classe composta da tutte femmine e un solo maschio e alle quali questa donna non insegnerà solo matematica ma molte altre cose, «altri mondi», dal radersi all’imparare a pensare in modo autonomo e svincolato dagli stereotipi sociali.
A fare da sfondo paesaggistico troviamo la magica città di Istanbul, libera e moderna, i cunicoli sotterranei dei Cammini delle fate in Cappadocia e la costa incontaminata di Antalaya. Una grande città aperta alle diversità, dove ognuno fa quello che vuole senza badare all’altro, in cui con un unico sguardo riesci a cogliere «minigonne e Chador». Ripercorrendo queste strade si ripercorrono anche le storie di tutte quelle donne che hanno trovato la forza di ribellarsi e il coraggio di lottare per conquistare una libertà che oggi forse a noi apparirà scontata ma in realtà non lo è stata affatto e che in molte parti del mondo continua sfortunatamente a non esserlo ancora. «Smaltivo la fatica delle generazioni che ci precedevano e preparavo la forza per quelle avvenire».
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D’un tratto, nel corso di quel viaggio, inizia a cambiare qualcosa. Si avverte il desiderio di far ritorno a casa e la descrizione di una tartaruga, apparsa all’improvviso al centro di una strada, rende questo desiderio ancora più vivido. La tartaruga che porta sempre con sé la propria casa, pare ricordare pure un altro valore fondamentale, la lentezza, vale a dire che nella vita ogni cosa ha un suo tempo «e non bisogna avere fretta, che prima o poi chi deve arrivare arriva».
Per la prima foto, copyright: Yanapi Senaud su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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