La commovente lettera di una mamma a suo figlio. “Sono cose da grandi” di Simona Sparaco
Ogni madre, dal primo momento in cui realizza di portare in grembo un figlio, si misura con la necessità di proteggerlo. Ma cosa significa proteggere oggi, nel nostro mondo liquido e assordante? E, soprattutto, è giusto proteggere o bisogna imporsi di lasciare andare? Si potrà convivere con i sensi di colpa di una cattiva decisione?
Tali domande sono al centro della lettera che la voce narrante di una madre scrive al proprio figlio di quattro anni nel libro di Simona Sparaco Sono cose da grandi (Einaudi Stile Libero): poco meno di cento pagine intense, moderne, che seguono quasi un flusso di coscienza.
Una madre si rivolge al figlio per raccontargli ciò che sa sulla paura, nell’illusione di proteggerlo o insegnargli a sopravvivere, affrontando lei stessa i suoi timori più profondi, dal salire su un aereo al far vedere le immagini dei recenti attentati dell’Isis.
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Tutto comincia da una Tv lasciata accesa inavvertitamente mentre il telegiornale trasmette i terribili fotogrammi della strage di Nizza di luglio 2016: il bambino guarda sbigottito, assorbe le grida, in silenzio fa proprio il dolore di quelle persone sconosciute ma così vicine.
La madre allora si chiede se sia giusto tenere aperta quella finestra sulla realtà, far conoscere il dolore già dalla tenera età.
La paura non si può cancellare, ma dosare sì: perché la vita richiede continui cambiamenti, per cui essere coraggiosi e pronti permette di farsi degli anticorpi. Tutti noi affrontiamo la vita come funamboli, cercando di raggiungere la meta, passo dopo passo. Ma non possiamo concentrarci solo sulla corda, bisogna anche considerare il vuoto tutto intorno, appellandoci al nostro coraggio.
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Il coraggio si può trasmettere, ed è quello che la protagonista del libro – e tutti noi – proviamo a fare con chi affronta il mondo per la prima volta, pur con la consapevolezza che la realtà di oggi è molto diversa da quella di trenta o quarant’anni fa, ci sono altri strumenti, altre abilità, altre paure.
Tutti i nostri sforzi per facilitare la vita ai nostri figli e farli sentire più comodi e protetti su questa terra potrebbero un giorno diventare un ostacolo alla loro stessa percezione delle cose, all’apertura della loro mente.
«Il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo»: la madre invita il figlio a conoscere ciò che c’è là fuori, e si augura che tutte le storie che gli racconta possano essere un nutrimento per la sua anima, perché impari a godere «…della bellezza, della poesia, di queste note che ci accompagnano lungo la strada».
E allora è giusto che ognuno abbia la sua “scatola magica” dove mettere dentro le cose importanti: quelle che insegnano a crescere, a conoscere ciò che c’è fuori dal nostro piccolo mondo, a dilatare il presente. I segreti, le emozioni, i sogni ma anche i dolori.
È la scatola magica che permette di ritrovare la pace, percepire il vero senso delle cose, affrancarsi dalla stanchezza. In cui si capisce cosa sia realmente l’amore perché questo è l’unica cosa che aiuta a ripagarsi da tutti gli altri momenti fatti di scoramento, sensi di colpa, automatismi quotidiani.
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Gli orchi malvagi e i mostri sotto al letto da cui difendersi prima della buonanotte si alternano alle paure vere della vita di tutti i giorni, e il percorso che la madre compie accanto al figlio la renderà sempre più consapevole del desiderio di essere una persona migliore. Per non nascondersi più dietro alla solita scusa “Sono cose da grandi”.
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Simona Sparaco è in grado di bilanciare perfettamente un linguaggio asciutto, concreto, reale, a parole dolci e storie tenere («Dicono che l’universo sia cominciato in un punto. Dentro quel punto c’era già tutto, e c’eri anche tu») per rassicurare il proprio bambino – e anche un po’ se stessa.
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