L’oblio nell’animo e negli abissi. “Sommersione” di Sandro Frizziero
Difficile fare ordine tra i sentimenti che un libro come Sommersione (Fazi editore) suscita. È un romanzo che risulta convincente e drastico, vero e arido, come arido è l’animo del vecchio pescatore a cui Sandro Frizziero si rivolge direttamente, usando la seconda persona. Un animo scuro che si riflette nel buio degli abissi del suo conosciuto mare, in cerca di un oblio che gli potrebbe permettere di dimenticare un arcano senso di colpa.
Pescatore e abitante di un’isoletta non meglio definita nell’Adriatico, il nostro “innominato” passa le giornate immerso nella sua misera vecchiaia, nei ricordi della gioventù e delle persone conosciute e nel gioco di mentali maldicenze e malumori continui. Con la scelta dell’uso della seconda persona singolare sembra che Sandro Frizziero voglia parlare direttamente al protagonista, ricordargli tutti i misfatti e la pochezza dei suoi pensieri, sbatterglieli in faccia e ridestarlo. Durante la narrazione, però, gradualmente questo grido diventa solo un sordo rimprovero inascoltato. Allo stesso tempo è proprio la voce narrante a entrare negli angoli più ombrosi della mente del protagonista, nelle sue giustificazioni assurde rispetto alle azioni riprovevoli compiute. Si arriva via via a scavare in un terreno arido, quasi che narratore e protagonista diventino a tratti la stessa persona, in uno scambio probabilmente voluto tra scrittore-narratore-personaggio-lettore che ci invita a esplorare anche la nostra, di mente, e riconoscere anche le nostre, di pochezze.
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La narrazione diventa dunque la messa in scena dei pensieri e dei ricordi del vecchio pescatore, che passa in rassegna eventi e persone nella sua mente, mostrandoci uno spaccato alquanto inquietante della vita nell’isola. Veniamo così a conoscenza di quanto misogino e fondamentalmente misantropo sia il pescatore, di quanto egli abbia usato violenza sulle donne in vari modi, fisici e psicologici, di come le abbia disprezzate. Sono molte le donne menzionate e descritte, da sua moglie Cinzia, picchiata e sfruttata, denigrata anche in punto di morte, a sua figlia Simonetta, considerata una noncurante approfittatrice. Dalle compaesane odiate alle prostitute umiliate. Non sono solo le donne, però, oggetti dell’odio del nostro protagonista, ma fondamentalmente tutti: giovani e vecchi, religiosi e laici, uomini, animali e piante. Insomma, egli odia il mondo intero, niente e nessuno esclusi.
È la rappresentazione dell’odio stesso come un sentimento unitario, che non può conoscere differenze o differenziazioni. Un odio atavico, universale. Una prigione degli istinti più bassi e immondi, un vero e proprio inferno. Il lettore si ritrova ad aspettare un cambio di prospettiva, un’apertura di luce, una possibilità di cambiamento. Cerchiamo speranzosi nel nostro cuore quel sentimento di pietà che vogliamo trovare, eppure non possiamo. Pagina dopo pagina realizziamo che questo vecchio pescatore non ha speranze, che questo personaggio è di una staticità spaventosa, e che non c’è e non ci sarà alcuna prospettiva. E la paradossalità di questa sensazione è che, seppur dura e fastidiosa, risulta credibilissima. Anzi, è forse proprio questo che infine ci convince e ci fa apprezzare il romanzo e il suo scrittore: la decisione tenace di raccontarci una verità nera, ovvero di affrescare l’animo di qualcuno che non possiamo apprezzare in quanto recidivo e intrappolato nelle sue più buie convinzioni.
Il nostro protagonista, così come gli altri abitanti dell’isola, non può fare altro che aspettare di morire, osservando le lancette di un tempo che non passa mai. Non sappiamo nulla più di questo, eppure ci basta per realizzare quanto profondo sia l’abisso del suo cuore, dove incastonato resta un unico vero richiamo di umanità: uno strano senso di colpa che però, ahimè, non risulta sufficiente a farci empatizzare con lui in alcun modo, anche se lo vorremmo fortemente. La speranza espressa da Sandro Frizziero rispetto al lasciare aperta la possibilità di trovare un po’ di compassione, di bene, non viene attesa. Il senso di colpa del pescatore, così vago e sbiadito, quasi incerto, non basta a giustificarlo in nessun modo. Nondimeno, il punto di forza di Sommersione è proprio questo senso di rammarico generatosi nel lettore. Il fatto che, inaspettatamente, non ci sia nessun risvolto positivo, non avvenga ciò che speriamo.
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Seppur amaro, questo non trovare le nostre aspettative soddisfatte conferisce un’originalità al romanzo e un merito al suo scrittore che non ci accontenta, ma resta fedele al vero. Un libro di qualità, che mostra le oscurità più profonde di un animo e l’odio che avvolge tutto e tutti, dall’uomo alla natura intera, sommergendo ogni speranza e facendola sprofondare negli abissi dell’oblio.
Per la prima foto, copyright: Jacek Dylag su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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