L’istante in cui inizia il cambiamento. “L’impero della polvere” di Francesca Manfredi
Puntata n. 75 della rubrica La bellezza nascosta
«Mia nonna si era messa in testa di farmi un abito. Tra poco inizierà la scuola, diceva. Stai diventando grande. Qua, e si toccava il petto, passando la mano da sinistra a destra, come se dovesse stringere una cinghia immaginaria. Si metteva a cucire di sera, davanti alla televisione, o dopo pranzo, quando era troppo caldo per lavorare. Di tanto in tanto alzava la testa, e mi guardava, come se invece che confezionarmi un vestito dovesse farmi un ritratto. Io lo sapevo che era per tenermi d’occhio. Lo faceva quando pensava che non me ne accorgessi, ma io la vedevo. La sorprendevo a fare due cose, in quel periodo: osservarmi e massaggiarsi la pancia. Dovevano essere di nuovo le sue coliche, e ancora, come anni prima, cercava di nascondercelo.»
Il corpo è una scatola magica, e come ogni oggetto che genera magia può anche arrecare spavento. Siamo fatti di eterni movimenti, ci sono gli spostamenti della pelle che si allunga senza farci male, che si stira e che poi, con il tempo, si rattrappisce. Ci sono poi gli spostamenti delle ossa, della nostra struttura portante che ci fa alzare, che ci porta a vedere le cose che ci circondano da varie angolazioni e varie prospettive. E poi c’è ciò che si muove dentro il corpo, ci sono cose che si modificano, gesti degli organi che cambiano di intensità, come i battiti del cuore che accelerano quando ci capita la prima cotta; come ciò che concerne la sessualità, le modifiche interne ed esterne, le modifiche emozionali che sono poi una conseguenza.
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Tra tutti questi movimenti, tra tutte queste scoperte terrificanti e straniere, ci sono le persone che ci vivono intorno, i familiari, con i loro micro mondi, le loro nevrosi, con il loro modo di stare ossessionati al mondo.
Francesca Manfredi è nata a Reggio Emilia nel 1988. Il romanzo L’impero della polvere è stato pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo.
Valentina è una dodicenne che trascorre le sue giornate con una nonna dedita alla religione e molto severa, e con una madre bella e sfuggente. Vive in un paese, in una vecchia casa di campagna chiamata “la casa cieca”. È l’estate del 1996, quando il corpo di Valentina inizia a mutare. La madre e la nonna appaiono man mano figure sempre più distanti. Valentina scopre l’amicizia e la fragilità dei rapporti umani, la sessualità̀, e la forza della natura.
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L’impero della polvere è un romanzo di formazione, è la storia di una costruzione privata, segreta. Nel libro, la protagonista scruta dentro di sé e prova a comprendere le regole nuove che le detta il suo corpo.
La scrittura di Francesca Manfredi è leggera, somiglia a una piuma sospinta dal vento che non tocca mai terra. Con uno stile preciso e veloce, ci racconta gli eventi di un’estate lontana, di luoghi polverosi, di terre estranee e misteriose che ci vivono dentro e che siamo costretti prima o poi a scoprire.
«Poi lo convinsi a guardarmi, a cercarmi ancora. L’avevo visto fare a mia madre, con mio padre, molti anni prima. Ilaria ci raggiunse, e mi allontanai. Accompagnammo Marco fino a casa, poi Ilaria accompagnò me, per riprendersi la sua bici. Camminavamo lentamente, fermandoci ogni tre passi; non avevamo voglia di tornare a casa. Quando arrivai era sera. Mi ero quasi dimenticata le mosche, le zanzare, quello che era venuto prima, quello che ero sicura, da qualche parte di me, sarebbe arrivato ancora. Mi ero quasi dimenticata di Neve, di mia madre, di nonna, di mio padre. È incredibile con quale fretta si dimentichi, quando si è piccoli…»
Un romanzo per chi crede che il passaggio tra il mondo bambino e il mondo adolescente possa essere curioso e a tratti ostile, pagine che scorrono via rapide, dove vengono tenuti sul filo i rapporti con gli adulti, dove una madre diventa una figura che sbiadisce, dove una nonna resta e resiste nella sua fede e nella sua severità e dove un padre è un oggetto lontano, sfocato, inconsistente.
«Non voglio prendermene la colpa. Per favore, dice. Fallo per me. Mi vuoi bene? Fallo per me. Te lo chiedo per favore. Non si arrabbierà. Io acconsento, mia nonna mi mette in castigo. In camera mia. Mia madre mi viene a portare la cena. Sei stata molto coraggiosa, dice. Sono fiera di te. Nel vassoio ha nascosto un cioccolatino. Lo mangio piangendo. Quando finisce il sapore mi asciugo le lacrime. Sono fiera di me.»
Francesca Manfredi ci fa dono di un viaggio personale fatto di carne e fiato e lacrime, dove la natura spinge e reclama spazio e dove gli eventi esterni si mischiano e si amalgamano a tutto ciò che accade dentro il corpo.
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Ci sono delle terre di confine che abbiamo paura di attraversare, luoghi sconosciuti e mappe che ci appaiono illeggibili. Ma poi c’è ciò che è ineluttabile, tutto quello a cui non possiamo sfuggire, e c’è un preciso momento in cui smettiamo di opporre resistenza e iniziamo ad accomodare la forza che spinge contro, è quello l’instante esatto in cui tutto inizia a cambiare.
Per la prima foto, copyright: Tatiana Gonzales su Unsplash.
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